Hervé Barmasse, David Göttler e il tentativo invernale al Dhaulagiri in stile alpino

Intervista agli alpinisti Hervé Barmasse, David Göttler, attualmente impegnati nel loro tentativo di salire il Dhaulagiri (8167 m) in inverno e in stile alpino.
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Hervé Barmasse e David Göttler in Nepal durante la fase di acclimatazione prima di tentare di salire il Dhaulagiri in inverno ed in stile alpino, gennaio 2023
archivio Hervé Barmasse

Un anno dopo aver rinunciato alla salita della parete Rupal del Nanga Parbat in inverno, l'alpinista valdostano Hervé Barmasse e il compagno di cordata tedesco David Göttler si stanno nuovamente mettendo alla prova su uno dei giganti della Terra. Non avendo ricevuto il visto per un ritorno in Pakistan i due si sono recati ai piedi di un altro formidabile colosso, il Dhaulagiri, con l’ambizioso obiettivo di salire la settima montagna più alta della Terra completamente da soli, senza alcun aiuto e senza bombole d’ossigeno. Ossia, in perfetto stile alpino.

Innanzitutto come state? Come sono il tempo e il morale?
Hervé: Stiamo molto bene. Dopo esserci acclimatati nelle valle del Khumbu abbiamo perso qualche giorno a Kathmandu nell’attesa di volare in Pakistan, prima che ci fosse negato il permesso per tentare il Nanga Parbat, ma una volta arrivati qui al Dhaulagiri abbiamo avuto la fortuna di avere delle belle giornate e siamo andati fino a quello che chiamano Campo 2 a 6200 metri. Ora il tempo è decisamente cambiato: vento con punte a 200 chilometri orari e neve.

Un Ottomila in inverno, perlopiù in stile alpino... L'asticella l'avete posta piuttosto in alto. Come mai? Cosa significa per voi tentare un'impresa di questo genere?
Hervé: L’idea dello stile alpino in inverno è il passo successivo a quanto visto fino a oggi sulle montagne più alte della terra nella stagione più fredda. Ma non è solo una questione di stile legato alla performance. La scelta è quella di provare a rispettare la montagna lasciandola integra dopo il nostro passaggio, pulita. Non è facile, lo sappiamo.

Allora, come e quanto aumentano le difficoltà con la scelta di questo stile di salita?
Hervé: Per essere stile alpino innanzitutto vanno ricordate le sue caratteristiche che sono: essere soli sulla montagna che si vuole scalare; la cordata è formata massimo da tre alpinisti (noi siamo in due); nessun campo pre-allestito; nessun appoggio dall’esterno; nessuna corda fissa. E, ovviamente, no ossigeno supplementare. Se si fanno dei tentativi tutto il materiale va riportato alla base e si riparte come se fosse la prima volta. Basta leggere queste caratteristiche, soprattutto la prima, per capire perché è più difficile non solo dal punto di vista fisico ma anche mentale. Al minimo errore sei fregato. Nessuno ti può aiutare se non le tue capacità di essere completamente autonomo sulla montagna.

David, nel 2008 sei salito in cima al Dhaulagiri con Gerlinde Kaltenbrunner. Cosa ti ricordi della salita e della montagna?
David: È stata una delle più belle spedizioni condivise con Gerlinde, e anche la più veloce su una montagna di ottomila metri. Tutto ha funzionato bene. Nessun imprevisto, tempo ottimo. Solo bei ricordi.

Hervé, per te invece è la prima volta. Cosa sai della settima cima più alta della Terra? Cosa speri?
Hervé: I racconti legati alla prima ascensione sono incredibili. Allora si pensava che l’unico stile fosse quello pesante, Himalayano, e l’organizzazione era massiccia. Ma facciamo attenzione a non far paragoni con l’alpinismo himalyano dei giorni nostri. Quelli erano altri tempi. E per quanto grande poteva sembrare una spedizione di quegli anni, aveva comunque meno impatto ambientale delle spedizioni sulle vie normali di oggi. Successivamente alla prima ascensione la storia di questa montagna, oltre alle salite invernali, ha visto un susseguirsi di imprese. Ad esempio la solitaria di Tomaž Humar sulla parete Sud, o le vie in stile alpino su quella Ovest, solo per citare alcuni esempi. Su questa montagna ritrovi perle preziose di un alpinismo di altissimo livello. Quasi irraggiungibile. Imprese incredibili! Personalmente spero di continuare a essere coerente con quanto mi sono sempre proposto di fare sugli Ottomila, e riuscire a salire in stile alpino questa montagna stupenda.

David, l'anno scorso sei salito in cima all'Everest senza bombole d’ossigeno. Quanto è stato difficile fisicamente? Come pensi possa essere il Dhaulagiri in confronto?
David: Salire l’Everest sicuramente non è stato facile per me. Detto questo, è quasi impossibile paragonare quella spedizione con questa al Dhaulagiri. Sono quasi due discipline completamente diverse. Entrambe hanno la loro bellezza e le loro sfide.

Avete fatto diverse spedizioni insieme. Cosa vi accomuna?
David: Per me è fantastico avere qualcuno che condivide gli stessi valori, o che a volte è forse persino più radicale di me ;-). Lavoriamo insieme come un orologio svizzero quando siamo in montagna e sappiamo che non dobbiamo dimostrare nulla all’altro, il che rende la vita molto facile durante le spedizioni ed è un grande vantaggio per la nostra sicurezza.
Hervé: Sin dalla prima spedizione sulla parete Sud dello Shishapangma l’affiatamento è stato incredibile perché in montagna ci comportiamo allo stesso modo. Sappiamo muoverci slegati quando lo stato delle cose lo necessita, e aiutarci a vicenda quando abbiamo delle giornate no. Non si tratta solo di cordata, ma di amicizia.

L'anno scorso avete preso di mira il Nanga Parbat. Quest'anno non ci andate, principalmente a causa della mancanza del visto per il Pakistan. Cosa vi ha insegnato quell’esperienza, quanto è stato facile o difficile rinunciare? Sarebbe stato bello tornare o non vi è nemmeno passato per la mente?
Hervé: Il Nanga Parbat e la parete Rupal da affrontare in stile alpino, in inverno, rappresentano il sogno di una vita. Quest’anno purtroppo ci è stato negato il visto, non perché non siamo ben accetti in Pakistan ovviamente, bensì per salvaguardare la nostra incolumità perché in quella regione hanno recentemente avuto problemi con i Talebani. Il ricordo dell’omicidio degli alpinisti di qualche anno fa al campo base è ancora fresco, così siamo stati obbligati a cambiare programma. Ma l’esperienza dell’anno scorso ci ha insegnato molto… è tutta l’esperienza acquisita la utilizzeremo al meglio qui, sul Dhaulagiri.

Puntate quindi al Dhaulagiri, famoso per essere una montagna fredda... Quanto conta il materiale?
Il materiale, la tecnologia e l’attrezzatura per la scalata contano moltissimo. Con David cerchiamo sempre di apportare dei miglioramenti in tutto. Dalle scarpe, suola e zeppa, ai vestiti, passando per tenda, sacco piuma e materiale alpinistico. Massima performance e peso contenuto. Come materiale scaleremo con una piccozza, ramponi, un chiodo da ghiaccio, tre moschettoni, un rinvio, una fettuccia, una corda da 60 metri. È tutto ciò che serve per scalare gli Ottomila in stile alpino, anche in inverno.

Parlando di materiale, se non erriamo avete anche aiutato a progettare e testare la nuova linea di abbigliamento The North Face…
Il progetto è nato alcuni anni fa. All’inizio eravamo un team di sei alpinisti tra cui anche Hansjörg Auer, David Lama e Jess Roskelley, oltre a Andres Marin che tuttora fa parte del progetto. Avremmo dovuto testare e portare modifiche fino a quando non avessimo ottenuto il massimo risultato per un alpinismo veloce e tecnico in alta quota. E così è stato. La spedizione finale per celebrare quanto fatto avrebbe dovuto affrontare il Masherbrum, ma una grande tragedia ci ha portato via i nostri compagni e di conseguenza ha frantumato quel sogno. Per fortuna il lavoro fatto insieme è rimasto e così è nata la prima linea AMK. Sia io che David la usiamo da più di tre anni: la sua versatilità e l’ottima scelta dei materiali ha fatto sì che diventasse la nostra prima scelta, sempre e in qualsiasi condizione. Ora, con The North Face, stiamo continuando a collaborare allo sviluppo delle prossime collezioni, faremo un altro passo avanti.

State comunicando molto durante questa spedizione. Come vivete il connubio tra esplorazione e comunicazione, tra ricerca dell'avventura e mondo mediatico?
David: È fantastico mostrare o condividere con più persone quello che stiamo vivendo qui. La speranza è che, con questo, sia possibile ispirare la gente a uscire e vivere le proprie avventure, ma anche magari di imparare qualcosa in più sull'alpinismo. Questa possibilità comunicativa è un’opportunità in più che abbiamo oggi rispetto al passato, ma comporta anche la responsabilità di essere onesti e rispettosi nei confronti delle montagne, della storia dell'alpinismo e delle persone.

Tempo fa, Hervé, ci hai parlato del fascino dell'alpinismo incerto. È questo quello che cercherete sui pendii del Dhaulagiri?
Hervé: Quello che ricerco è un alpinismo di esplorazione. Per riuscirci in Himalaya devi avere un’etica rigorosa e dei valori che vanno oltre l’alpinismo. Non si tratta solo di cosa facciamo, ma di come lo facciamo. Da una parte l'obiettivo sportivo, dall’altra il rispetto della montagna. Oggi sulle più alte montagne della Terra la maggior parte degli alpinisti (amatori, professionisti e guide alpine) continuano a fare ciò che si faceva negli anni Cinquanta con una migliore tecnologia, una traccia sempre battuta e attrezzata dagli Sherpa. Questo ha dato origine all’alpinismo di massa e alla conseguente plastificazione della montagna (le corde fisse le usano tutti, per poi essere abbandonate sulle vie normali) e di conseguenza alla montagna spazzatura. In questo tipo di alpinismo non ci può essere l'avventura e l'incertezza dello stile alpino.

Ultima domanda poi vi lasciamo a concentrarvi sulla spedizione: in che condizioni si trova la montagna?
Hervé: Sino a pochi giorni fa perfette, ma ora tutto è cambiato. Vedremo cosa ci aspetta…

PRIME SALITE INVERNALI OTTOMILA
1980 Everest - Krzysztof Wielicki, Leszek Cichy (POL) 17/02/1980
1984 Manaslu - Maciej Berbeka, Ryszard Gajewski (POL) 12/01/1984
1985 Dhaulagiri - Andrzej Czok, Jerzy Kukuczka (POL) 21/01/1985
1985 Cho Oyu - Maciej Berbeka, Maciej Pawlikowski (POL) 12/02/1985
1986 Kangchenjunga - Krzysztof Wielicki, Jerzy Kukuczka (POL) 11/01/1986
1987 Annapurna - Jerzy Kukuczka, Artur Hajzer (POL) 03/02/1987
1988 Lhotse - Krzysztof Wielicki (POL) 31/12/1988
2005 Shishapangma - Piotr Morawski (POL), Simone Moro (ITA) 14/01/2005
2009 Makalu - Simone Moro (Ita), Denis Urubko (KAZ) 09/02/2009
2011 Gasherbrum II - Simone Moro (ITA), Denis Urubko (KAZ), Cory Richards (USA) 02/02/2011
2012 Gasherbrum I - Adam Bielecki, Janusz Golab (POL) 09/03/2012
2013 Broad Peak - Maciej Berbeka, Adam Bielecki, Tomasz Kowalski e Artur Malek (POL) 05/03/2013
2016 Nanga Parbat - Simone Moro (ITA), Muhammad Ali Sadpara (PAK), Alex Txikon (ESP) 26/02/2016
2021 K2 - Nirmal Purja, Mingma David Sherpa, Mingma Tenzi Sherpa, Geljen Sherpa, Pem Chiri Sherpa, Dawa Temba Sherpa, Mingma G, Dawa Tenjin Sherpa, Kilu Pemba Sherpa, Sona Sherpa (NEPAL) 16/01/2021




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