Zona rossa, nel cuore della Val Masino una nuova falesia e nuove vie d'arrampicata

Il report di Maximiliano Piazza che nel cuore della Val Masino, insieme a Simone Pedeferri e Paolo Marazzi, ha aperto la falesia Zona Rossa, ma anche diversi boulder e vie d’arrampicata.
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Max Piazza in libera su 'Nero di spalle tondo di spalle' 7c, nella falesia Zona Rossa, Val Masino
archivio Maximiliano Piazza

Questa volta restrizioni, contagi e Dpcm non la fanno da padrone ed anzi sono solo lo sfondo di queste nuove avventure. “Zona rossa” infatti non è solo il nome della nuova falesia ma il filo conduttore di questi mesi di lavoro in val Masino. Un nome che vuole essere anche un richiamo alla difficile situazione in cui si ritrovano tutti quelli che come me in questi mesi, lavorando a diretto contatto con pubblico, si sono ritrovati tra le mani solo un pugno di mosche. Ma andiamo a contestualizzare un attimo la genesi di questi nuovi cantieri nati sui pendii di questa valle.

Come dicevo, a seguito del protrarsi della pandemia e dei conseguenti blocchi, ad inizio inverno il mio lavoro in palestra d’arrampicata si è ritrovato ad un punto morto. Poche le prospettive di vedere una ripartenza prima della primavera, quasi zero le possibilità di vivere d’arrampicata stando a Monza, città in cui normalmente vivo. Inutile stare una stagione intera mani in mano, a tirar liste di legno in cantina aspettando il solo scorrere del tempo e degli eventi. Così con questa considerazione stampata nella mente una soltanto era la scelta sensata: trasferirmi dove l’arrampicata potesse scandire le mie giornate. Con un gruppo di amici decidiamo quindi di prendere casa in val Masino e di trasformare la nostra attività da prevalente indoor a totalmente outdoor.

Questa mia “nuova vita” in valle inizia nel migliore dei modi scalando no stop giorno dopo giorno, cercando di recuperare tutto il tempo rubatoci tenendoci bloccati lontano da questi luoghi. Sicuro però un altro degli obbiettivi che mi hanno spinto a trasferirmi in val Masino era quello di poter dedicare più tempo a sviluppare l’altra grande passione che in questi ultimi anni si è fatta sempre più viva, ovvero l’esplorazione e la ricerca di nuove possibilità, di qualche muro nuovo o di qualche settore boulder non ancora sfruttato al massimo. È con questi presupposti che assieme a Simone Pedeferri, Paolo Marazzi e la loro esperienza di chiodatori andiamo mettere mano a questi nuovi progetti.

Non era certo la prima volta che mi approcciavo alla roccia col trapano tra le mani, ma il supporto offertomi da Simone e Paolo ha reso il lavoro in parete decisamente più semplice e intuitivo. In questo tipo di attività l’esperienza gioca un ruolo fondamentale, permette di affinare metodologie che rendono molto più efficace ed efficiente il lavoro, col tempo infatti si imparano tutti quei trucchi del mestiere che non troverai mai sui tutorial in internet. La miglior conoscenza dei materiali che si utilizzano, il modo di disporli sull’imbrago, il come posizionarsi e spostarsi sulla parete rendono tutto più rapido, permettendoti di lavorare più giorni in parete senza uscirne con la schiena a pezzi dopo 4 ore appeso all’imbrago. Attrezzare una falesia può sembrare un gioco da ragazzi agli occhi dei molti arrampicatori che si approcciano a questo mondo col motto del “compro la guida, arrivo in falesia, mi bevo una birra e tanti saluti”, ma in realtà dietro le quinte ci sta una mole di lavoro tutt’altro che esigua che richiede di sapersi muovere in questo ambiente con destrezza e conoscenza.

Non rinnego che fino a non molto tempo fa io stesso ero un duro sostenitore di questo motto. Solo entrando maggiormente in contatto con la comunità di chiodatori di questa valle la pulce mi si è insinuata nell’orecchio e, giorno dopo giorno, ho finito con l’essere traviato dai veterani che mi hanno così trascinato nel lato oscuro del mondo dell’arrampicata. Proprio vero che a volte passare da vittima a carnefice è più veloce che risolvere un progetto.

Con i miei compagni di merende quindi ci siamo dati un gran da fare a sistemare, chiodare e mettere in sicurezza questi nuovi spicchi di roccia nel cuore della val Masino. La gerarchia era rigida e implacabile: Pedeferri capocantiere e direttore dei lavori, Marazzi apprendista tutto fare, Piazza servo della gleba, addetto ai lavori più umili e di fatica. Dopotutto da che mondo e mondo la strada per la gloria è sempre stata in salita e lastricata di ruvido granito... Ne è uscito un lavoro articolato e vario, capace di stuzzicare e corteggiare le più torbide passioni del climber mellico:

Zona Rossa, progenitrice di questo progetto a cui si deve il nome di questo articolo: una falesia di circa 10 tiri chiodati quasi interamente a spit (dico quasi perché dovrebbe esser rimasto un tiro old style protetto a chiodi) con difficoltà tra il 6b (uno solo) e l’8b con prevalenza di tiri attorno al 7b. La roccia? Ovviamente granito DOCG!

Live in Pankow, direttamente dalle sale da ballo un po’ più che di merda fino a rifugiarsi sotto le placche del Masino: 4 tiri tra il 7a e il 7b che segnano le rocce sopra Ponte al Baffo, obbligatorie serie di micro friends e dadi piccoli perché l’essenza punk non si limita al nome. Per i più fedeli alle linee obbligatorio lottare anche sulla via accanto made by Luca Schiera, un nome una garanzia.

Iperspazio, hai presente quando passi per anni davanti all’amore della tua vita senza mai notarla e poi boom, all’improvviso la vedi e tutto si fa chiaro? Ecco! Zona blocchi racchiusa tra Visido e dove parcheggi sempre, 15 minuti a piedi, 30 linee nuove ed immacolate pronte a soddisfare i gusti di tutti i climber: difficoltà dal 6B all’8A… per ora!

Se tutto ciò non vi bastasse una manciata di monotiri sparsi per la valle sono pronti da scovare e provare. Astenersi perditempo dalle dita deboli e piedi insicuri, gradi tra il 7c e l’8c. Buona caccia al tesoro!

Per la serie "impara l’arte e mettila da parte", parecchio tempo ci ha richiesto anche la messa in sicurezza dei nuovi settori e la sistemazione della zona circostante così da renderla fruibili. Tra verifica degli appigli, rimozione di simpatiche “sagliette”, pulizia del bosco dall’intrico di rovi e costruzione dei sentieri siamo rimasti occupati quasi due settimane.

Il lavoro di squadra è stato fondamentale per riuscire a portare a termine un ottimo lavoro in tempi rapidi. Le linee da pulire sono ancora numerosi ed i sassi ancora intoccati nella zona non mancano, tuttavia l’idea di creare questo connubio tra falesia e boulder personalmente l’ho trovato molto interessante. A questo mi sono ispirato anche pensando al mio gruppo di amici che spesso salendo in valle si divide ad inizio giornata, chi per andare a provare il tiro nuovo, chi per cercare l’ultimo sasso pulito. Così facendo mi piace l’idea di aver dato ad entrambi questi gruppi la possibilità di scalare su roccia nuova ed immacolata. Sarà una visione un po’ romantica e narcisistica, ma veder gli amici soddisfatti e divertiti è forse ciò che più mi ripaga per il lavoro svolto… e poi sia mai che ci scappi qualche birretta omaggio!

di Maximiliano Piazza




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