In Valle dell’Orco Matteo Della Bordella e Giacomo Neri liberano Il bombarolo
Due anni fa, attratto dal grande scudo posto al centro della parete dell’Acqua Chiara, dove non passava nessuna via, propongo proprio a Jacky di dare un occhiata e provare ad aprire qualcosa insieme. Per la precisione, quella zona di parete è chiamata dagli abitanti della Valle "parete di mezzogiorno" o "der ad mesgior" ed è quasi impossibile non notarla.
Giacomo "Jacky" Neri ed io scaliamo assieme ormai da quindici anni. Pur avendo anche fatto viaggi di arrampicata assieme, Jacky non è il compagno delle avventure epiche patagoniche, quanto piuttosto l’amico con cui vivere un altro genere di avventure, più a portata di mano o anche, più semplicemente, andare a scalare per il puro piacere di farlo, senza altre pretese se non quella di passare una giornata tra amici, con le immancabili birre finali.
Le difficoltà sono alte, ma lo stile è il nostro solito: dal basso e scalando in libera i passaggi in apertura… Dopo aver posizionato un provvidenziale spit, appeso ad un cliff traballante su una lama expanding, la sensazione è quella di esserci ficcati in un vicolo cieco: la sezione successiva sembra veramente priva di appigli e così, dopo dei timidi tentativi in libera, pianto un pecker e mi tiro su quello prima di posizionare lo spit successivo. E’ un’eccezione alle regole che solitamente seguo di non salire in artificiale, ma niente da fare…questa volta va così!
Dopo questo tiro arriva una lunghezza a dir poco inusuale, di stampo veramente "yosemitico": una placca all’apparenza liscia, solcata da tacchette di pochi millimetri. Per superare questo tratto ricorriamo ad un’idea fantasiosa, ispirandoci proprio alle grandi vie sul El Capitan, saliamo 5 metri e quindi scendiamo per altri 15 con un "downclimb" per raggiungere il terreno più facile. La via di fatto termina qui, perché gli ultimi tre tiri sono, seppur molto belli, non più di una formalità dal punto di vista tecnico.
Torniamo a provare la salita in libera oltre un anno dopo averla aperta, nel marzo 2023. Io non credo che il secondo tiro sia nelle nostre possibilità, mi sembra veramente senza prese, ma Jacky è ottimista. I primi tentativi sono tragicomici, ma una sorta di senso del dovere mi impone comunque di provarci nonostante i risultati poco confortanti, dal momento che non riusciamo bene a capire che prese provare a tenere in mano.
Dalla nostra parte abbiamo il fatto che torniamo a provare questa via senza troppe aspettative, almeno dal mio punto di vista l’idea è di passare una giornata con un mio amico in un bel posto, scalando su una roccia che sembra disegnata… il risultato quindi è secondario. Tentativo dopo tentativo, vediamo sempre dei piccoli miglioramenti, si svela qualche presa svasata e qualche sequenza del tratto chiave. Già solo capire le posizioni del corpo e le sequenze è un processo lungo, ma anche esaltante.
A maggio, durante l’ultimo giorno prima della pausa estiva, raggiungo un traguardo importante: riesco a salire il boulder e quindi continuo sulla placca superiore fino alla sosta. Sono molto soddisfatto perché penso sia il massimo che posso fare e proprio per questo motivo non sono molto motivato a tornare in autunno per riprendere in mano il progetto, ma è Jacky ad insistere e crederci.
Torniamo a settembre. Troppo caldo. Aspettiamo metà ottobre e finalmente le condizioni sono dalla nostra. Già da questa giornata sento che qualcosa è cambiato nelle mie sensazioni sulla via e comincio a muovermi molto meglio su tutto il secondo tiro. Dentro di me inizio a crederci e mi illudo di poterlo fare. Il processo è ancora lungo e mi richiederà in totale tredici giornate, ma alla fine è veramente una gioia immensa riuscire ad effettuare la prima libera di questa lunghezza. Senza dubbio la più bella e la più difficile che io abbia mai scalato.
In queste 13 giornate non ho praticamente mai provato né il primo né il terzo tiro, talmente ero focalizzato su questo secondo tiro. Ma Jacky invece sì. Dentro di lui si era preparato a questo momento e così è letteralmente "corso" a salire gli altri tiri in libera per effettuare la salita in libera come cordata della via…che poi alla fine era il nostro obiettivo e quello che davvero ci interessava: condividere quest’avventura fino in fondo, come cordata e come amici!
Per spiegare il significato del nome, peraltro attribuito ormai due anni fa, quando la cronaca ci parlava di fatti diversi da quelli attuali, uso le parole del mio amico Jacky: "Il bombarolo è dedicata al grande Fabrizio de Andrè che, con il suo album "Storia di un impiegato", ci ricorda quanto, in ogni cosa della vita, sia sbagliato chiudersi nell’individualismo, isolandosi dalle idee altrui e dalle proprie emozioni. La rivoluzione non si fa da soli, ma con gli amici!"
di Matteo Della Bordella
Link: ragnilecco.com, FB Matteo Della Bordella, Ferrino, Karpos, KONG, SCARPA, Vibram
Altri sponsor: DF Sport Specialist, Evileye Eyewear, Samaya