Al Monte Nero in Piantonetto (Valle Orco) la nuova via trad Liz e L'Elefante
Le sensazioni che provo quando cammino in Piantonetto hanno il beneficio di una medicina. Probabilmente perché sono sempre partito da quella diga con le prime luci del mattino, oppure all'imbrunire, in quelle ore l'atmosfera è più idilliaca, le luci basse ingigantiscono quei picchi disegnati nel cielo. Eppure dicono che non sono molto romantico, basterebbe chiederlo alla protagonista di questa fiaba. Chi è passato da quel rifugio con il tetto giallo ed ha attraversato la piana che separa le guglie di gneiss di Piantonetto dall'ultimo briciolo di civiltà, sà di cosa parlo, i nostri 9 sensi non possono che essere addolciti da questo ambiente.
Laggiù un po' timido e inosservato si erge il Monte Nero. Non si impone come il Becco di Valsoera o il Becco della Tribolazione, ma rimane riservato e lontano, al centro del Vallone. La forma di questo picco mi ha attratto da quando ho scovato l'immagine per la prima volta nell'opuscolo del Piantonetto, la parete ripida e verticale è interrotta da un enorme cengia diagonale, un bellissimo prato sospeso a 3300 mt. Sotto di esso una piccola scatola di latta può accogliere gli avventurieri, il Bivacco Carpano appare lungo l'avvicinamento, quando meno te l'aspetti sbuca dietro a un roccione e subito lo puoi toccare.
Storia di Solitudine, Amicizia e Amore.
La prima volta sulla Montagna Nera andai con Tania, la ex gestrice del Rifugio Pontese, passammo una giornata perfetta ripetendo un bella via di Manlio Motto, il Giotto di queste montagne. La storia iniziò con amicizia e grasse risate tra una lunghezza di corda e l'altra, anche se la sorpresa nell'osservare le bellissime fessure che avevo adocchiato dalle foto nacque da un intoppo. Prima di attaccare mi ero fermato ad espletare i miei bisogni osservando l'orizzonte e in men che non si dica, Tania con passo da stambecco si ritrovò su una cengia almeno cento metri sopra all'attacco di Man in Black, il nostro progetto.
Il mio "pitstop" aveva fatto sì che Tania raggiungesse quel muro sospeso convinta di trovare la partenza della nostra via; senza rendersi conto era finita alla base di quelle fessure che sognavo di vedere sin dai giorni precedenti. Dopo aver recuperato la stambecca e aver condiviso con lei una splendida salita tornai a casa con lo stomaco in subbuglio per l'entusiasmo di aver scovato quel muro verticale di roccia intonsa.
Tornai dopo un anno carico di materiale e privo di soci, avevo troppa smania di esplorare un nuovo angolo della Montagna Nera, così attaccai in solitaria salendo per un paio di lunghezze facili e posizionando le prime soste. Lasciai un po' di materiale alla base convinto di tornare in buona compagnia a continuare il bel progetto. Avevo segnato il territorio quasi terrorizzato dall'idea che qualcun altro potesse divertirsi prima di me e dei miei amici, nel salire quella parete. Dovetti aspettare fine estate. L'amore di Liz e l'amicizia fraterna di Domenico il mio socio Aquilano erano gli ingredienti perfetti per far sì che un'avventura indimenticabile avesse inizio.
Mi sembrava di vivere in una fiaba. C'era Liz che mi teneva la corda, Dome che sparava cazzate mentre ordinava il materiale ed io che iniziavo ad arrampicare intimorito, ma carico di energie su una parete percorsa da fessure di roccia meravigliosa. Al ritorno dalla prima giornata in parete mi sentivo felice e inebriato, e proprio durante la discesa all'ennesima volta che ci girammo per osservare la Montagna nera, scovammo un Elefante. Avevamo scalato sulla testa di un Elefante disegnato sulla roccia. Tornammo al rifugio Pontese all'imbrunire, ma ancora in tempo per essere accolti dalle migliori rifugiste di sempre! Avevamo chiuso con successo il primo capitolo della fiaba, scalando 100m di roccia bellissima con l'aiuto di un solo spit che poi sarebbe rimasto l'unico.
Tornai dopo pochi giorni con Domenico e finimmo la via partendo dalla cengia mediana. La parte superiore ha due lunghezze di corda spettacolari, il penultimo tiro è un capolavoro di arrampicata trad, si segue un sistema di fessure alternate da tratti di roccia lavorati e ci si sposta seguendo la linea naturale della roccia come in una danza verticale su un muro rosso. Gli ultimi due giorni in Bivacco furono magici come i precedenti; avevamo finito di aprire una via sul Monte Nero scalando in libera ogni singolo passo durante l'apertura, c'eravamo fatti un'idea, ma per essere convinti e appagati saremmo dovuti tornare a scalare la via tutta d'un fiato e a terminare il lavoro curando gli ultmi dettagli. Dulcis in fundo, trasportati dall'entusiasmo in quei due giorni trovammo il tempo per iniziare l'apertura di un'altra linea evidentissima e proprio a fianco di Liz e l'elefante; semplicemente bisognava percorrere il lato sinistro della proboscide e scavalcare la zanna più prominente, ma questa è un'altra storia.
A settembre 2023 siamo tornati a scalare Liz e L'Elefante accompagnati da un altro amico, Pietro Mercuriali. Per me ha significato moltissimo questa via e forse per questo ho deciso di raccontare la sua storia e di valorizzare la sua bellezza. Un grazie alla mia compagna di avventure e di vita Lisa e agli amici inseparabili Domenico e Pietro.
di Andrea Migliano
Un grazie al supporto di Wild Country e La Sportiva