L’Ultima tentazione di G&B: Multipitch sportive alla Punta Nini di Cateissard

Andrea Giorda e Claudio Battezzati presentano le ultime novità riguardanti le vie di più tiri alla Punta Nini di Cateissard in Valle di Susa.
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Federica Mingolla strige le tacche su Falcon Fly (La Pi Düra), Punta Nini di Cateissard in Val di Susa
Andrea Giorda

Video realizzato da Andrea Cossu.

Non è il Rätikon e non abbiamo neanche Beat Kammerlander (!), a dir la verità il mio socio Claudio Battezzati gli assomiglia molto, è biondo e scolpito dal tempo, entrambi siamo più vecchi di Beat e ci mancano all’appello giusto una manciata di gradi, ma i sogni sono gli stessi.

Dai sogni alla realtà… abbiamo creato delle brevi vie multipitch in un’ottica sportiva, da scalare con poco materiale, giusto corda singola e rinvii. Chiodatura soft (non come quelle di Beat tranquilli…) che permetta di osare.

Questo nuovo progetto lo abbiamo realizzato alla Punta Nini del Cateissard in Valle di Susa. La punta Nini, piccolo bambino in piemontese, è la spalla sinistra del Cateissard. Alta circa 150 metri, di verticalità assoluta, con pochissime cenge, un bel tetto triangolare, ambiente dolomitico spettacolare, un terreno ideale e non comune in bassa Valle di Susa.

I tiri si possono concatenare a piacere, scegliendo difficoltà e stili. Si sfruttano in parte i monotiri esistenti delle falesie Profondo Rosso e Falchi Penne e Croci. Le vie son concepite per essere scalate in libera (!), e vista la brevità, ripetute per eliminare i resting, proprio come su un monotiro.

Non vi allenerete per Silbergeier o per Wogü, ma lo scalatore medio dovrà impegnarsi per portarle casa pulite da cima a fondo. Difficoltà dal 6b al 7c, obbligatorio 6b.

Una delle particolarità più piacevoli è che potrete togliervi piccole soddisfazioni su multipitch in pieno inverno, in un ambiente meraviglioso, aereo dal sapore alpino. Se non c’è vento il microclima del Cateissard è piacevolissimo e dopo le piogge la parete resta in gran parte asciutta.

Buone scalate e buon Natale da G&B.
Nota: la punta Nini è dedicata a Nini (Tommaso) Giorda.

SCHEDA: L'ultima tentazione di G&B, Punta Nini di Cateissard

SCHEDA: La Pi Düra, Punta Nini di Cateissard

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PER CHI VOLESSE SAPERE DI PIÙ

"Love is a burning thing", cantava con voce cavernosa Johnny Cash. L’amore è una cosa che brucia, lui si riferiva ad una donna, ma la passione, intesa anche come Eros, si può riferire a qualsiasi cosa anche alla roccia, al gesto della scalata.

L’Eros scatena i sogni, e sarà per quello che chi apre vie si immagina sempre di scoprire il Santo Graal, quella parete che nessuno ha visto ed è lì ad aspettarti.

Se poi questa parete è a due passi da casa, la soddisfazione è ancora più grande, stiamo parlando della grande pala di roccia della Punta di Nini di Cateissard, la spalla sinistra della più imponente punta di Cateissard in Valle di Susa.

Il nome l’abbiamo dato noi, Nini era il soprannome di mio Papà, scomparso un anno fa e mi faceva piacere ricordare ora, a 95 anni dalla sua nascita, chi mi ha contagiato con questa insanabile passione.

La prima via da capocordata la feci proprio con lui, cinquanta anni fa, nel 1971. Aveva fatto grandi scalate per l’epoca e conosciuto Giusto Gervasutti. Mio padre mi ha trasmesso soprattutto il senso estetico delle montagne e del gesto. Mi portò che avevo sette anni sotto lo Spigolo Giallo alla Piccola di Lavaredo, parlandomi di Emilio Comici e di quell’incredibile prua, un urlo pietrificato, lo definì.

Ne fui fulminato e a vent’anni tornai a scalarlo. Nel 1982 coronai il mio sogno con Sandro Zuccon aprendo la Via del Filo a Piombo, una linea estetica impareggiabile sul Becco di Valsoera. Quello spigolo canavesano ricordava quella lontana guglia dolomitica, ed era stato dichiarato inscalabile in libera da Gian Piero Motti.

La pala verticale della punta di Nini, sormontata da un tetto triangolare, ha indubbiamente un suo fascino. Non vi sono fessure per protezioni mobili o chiodi tradizionali e la sua verticalità e le rarissime cenge, ne fanno un terreno ideale per delle vie sportive.

Sulla vicina grande parete del Cateissard esistono vie lunghe, notevoli intuizioni di due forti scalatori, Gabriele Bar e Claudio Bernardi, validissima guida alpina e già compagno di Gabriele Beuchod in valle dell’Orco. Queste vie sono molto esigenti, chiodate lunghe, richiedono anche una certa capacità di interpretare la roccia. Le ripetizioni sono assai rare e riservate a chi è disposto ad una avventura alpinistica.

Il progetto mio e di Claudio Battezzati sulla punta Nini è completamente diverso. Abbiamo realizzato un insieme di lunghezze fino a 5 tiri consecutivi che si possono combinare a piacere per realizzare diverse multipitch sportive, dove l’unica preoccupazione deve essere quella di scalare, con una corda singola ed i rinvii.

La chiodatura ravvicinata e l’accurata pulizia permettono di concentrarsi sulla difficoltà, non banali per lo scalatore medio. Per capirci abbiamo impiegato meno del 10% del tempo per mettere gli spit e il 90% del tempo per pulire e studiare i movimenti più belli.

La scalata è fatta in prevalenza su muri verticali o leggermene strapiombanti, molto tecnici e per portarli a casa a vista, mettendosi i rinvii, ci vuole una bella capacità di lettura. Appendersi è normale, queste brevi vie sono fatte per essere ripetute più volte, cercando di migliorare la performance e scalarle in libera senza resting, proprio come un monotiro.

Il luogo è incantevole, la parete è spettacolare. La base comodissima, l’esposizione è ottima per l’inverno, caldo e asciutto anche dopo piogge. Su questa parete esistevano già la falesie di Profondo Rosso e la falesia Falchi Penne e Croci. Le nuove multipitch creano combinazioni con questi monotiri già molto apprezzati.

Con Claudio l’intesa è perfetta, per ridere ci chiamiamo la ditta “G&B (Giorda /Battezzati) solo cose belle”. Abbiamo ampiamente superato i 60, lui più di me (!), io ex manager di formazione marketing e vendite, lui ex direttore di cantieri internazionali, finalmente liberi dal lavoro affrontiamo ogni nuova avventura progettando e pianificando ogni piccolo dettaglio, con i nostri bagagli tecnici.

Se non reputiamo più che valida un’idea rinunciamo. Le nostre realizzazioni come Cateissoft, Sky Wall al Cateissard o Noasca Diamond in valle Orco sono il frutto di questa impostazione. Le nostre vie sono vicino a casa, dove la roccia è poca, in posti dove in mille hanno guardato.

Alla nostra età facciamo vie per il piacere di chi le ripete, non cerchiamo certo il gesto estremo o tecnico. Quando stiamo lavorando ad un progetto già parliamo di quello successivo, come se il tempo a nostra disposizione fosse infinito.
Le ore di lavoro non si contano, ma passano ridendo e cantando canzoni di Paul Anka. Tutto il materiale fisso lo mettiamo noi, vogliamo essere liberi, ringraziamo Franco Salino che ci ha dato corde esauste per questo progetto. Franco con Bar aveva già esplorato la parete diversi anni fa.

Mio padre si chiamava Tommaso Giorda, ma a mia nonna non piaceva il nome, poco adatto ad un bimbo e lo chiamava Nini. A quasi 94 anni quando è mancato ancora lo chiamavano così, era un ingegnere, piuttosto quadrato e quando parlava dei suoi tre figli diceva Carlo è medico, Cristina è un avvocato e Andrea…. Andrea e un bravo alpinista, ha scalato la Diretta Americana al Dru e la Gervasutti sulla Est delle Grandes Jorasses. Nonostante io fossi diventato un dirigente di una grande azienda quotata in borsa, non ha mai capito che cavolo di lavoro fosse il mio, me ne sono fatto nel tempo una ragione.

La nostra intesa era sulla montagna e l’arrampicata. Fino agli ultimi giorni si riguardava le sue vecchie foto sul Dru degli anni ‘40, con i suoi amici ormai tutti scomparsi. Nonostante la sua brillante vita lavorativa e la sua bella famiglia, in fondo le immagini che voleva portarsi via erano quelle. Ho capito ancora una volta che le cose inutili come scalare o la musica, danno più risposte alla nostra esistenza che soldi o carriere.

Della punta Nini sarebbe stato contento, il 26 novembre 2021 avrebbe compiuto 95 anni, ma di sicuro mi avrebbe sgridato senza appello per gli spit, non concepiva le protezioni fisse. Quando nei primi anni ‘70 in una Rocca Sbarua ancora priva di spit vide con me un unico e misero chiodo a pressione sulla Vena di quarzo (ora ce ne sono a decine!), capolavoro di coraggio e tecnica di Gabriele Boccalatte, rimase scandalizzato. Gli dissero che l’aveva messo un giovane… Gian Piero Motti.

Andrea Giorda - Caai - Alpine Club Uk




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