Nives Meroi e Romano Benet al Trento Film Festival: un passo alla volta senza scoraggiarsi mai
Nives Meroi e Romano Benet sono forse la coppia di alpinisti più famosa al mondo. Legati in una sola, fortissima, cordata – fra le montagne come nella vita – hanno conquistato insieme tutti i 14 ottomila del pianeta, senza sherpa né ossigeno supplementare.
Il loro motto, "un passo alla volta senza scoraggiarsi mai", è stato il filo conduttore della serata organizzata dal Trento Film Festival il 6 maggio. La conversazione dei due alpinisti di Tarvisio con la guida valdostana Hervé Barmasse ha davvero incantato il pubblico – virtuale ma nutrito.
La pazienza e la resistenza di Nives, unite alla forza e alla perseveranza di Romano, hanno creato negli anni un'alchimia perfetta, fatta di fatica, sacrificio e dedizione, ma anche di passione e divertimento. La stessa passione e lo stesso divertimento che caratterizzavano il modo di vivere la montagna testimoniato da due dei loro miti: Ignazio Piussi, figura simbolo dell'alpinismo friulano, e Erhard Loretan, fuoriclasse svizzero che per terzo ha salito tutti gli ottomila – secondo soltanto a Messner per quanto riguarda la lista di chi ha compiuto la stessa impresa in assenza di ossigeno supplementare. E proprio parlando di ottomila, due in particolare sono le vette rimaste nel cuore di Nives e Romano: Annapurna e Kangchenjunga.
La prima è di fatto l'ultima, ovvero la vetta che ha chiuso il cerchio, la corona delle quattordici cime. In quel caso – siamo nel 2017 – i due si sono trovati da soli al campo base per poi unire le forze con i membri di un'altra cordata, presentatasi al cospetto dell'imponente montagna: gli spagnoli Alberto Zerain e Jonatan Garcìa. Insieme, sono partiti alla cieca sulla via francese della parete nord, l'itinerario che taglia la cosiddetta "falce" e considerato perciò pericolosissimo, perché regolarmente soggetto a rischiose scariche. In quel contesto, il lavoro di squadra, non scontato nelle spedizioni himalayane, ha sancito il loro successo.
Il secondo ottomila del cuore è il Kangchenjunga, conquistato nel 2014. Una cima preziosissima, la terza più alta delle quattordici vette, tentata dai due per la prima volta nel 2009. In quell'anno, tuttavia, un malore di Romano li ha costretti prematuramente al ritiro e alla conseguente conquista del loro "quindicesimo" ottomila: la lotta alla malattia di quest'ultimo, diagnosticata proprio al loro ritorno. Si palesa in questa circostanza la vera priorità dell'alpinismo che caratterizza Meroi e Benet: l'obiettivo resta di certo la vetta, ma prima di tutto c'è la cordata e la vita.
"A quel punto lì penso che proprio la montagna mi abbia tirato fuori dai guai" ha dichiarato Romano, "perché non mi sono mai lasciato abbattere. Mi sentivo come quando sali lungo una parete e d'improvviso arriva brutto tempo: sei chiuso nella tenda, ti tocca fermarti e non sai se andrai avanti o dovrai tornare indietro. Io mi sono messo lì e ho atteso in pratica un po' più di un anno: è stata molto lunga, però se non avessi vissuto tutte le esperienze forti che ho avuto modo di sperimentare nell'alpinismo, dove bisogna giocoforza superare delle difficoltà e dei momenti impegnativi, forse mi sarei lasciato abbattere".
Nel 2014, alle pendici del Kangchenjunga, non erano allora soli, ma legati paradossalmente in cordata con quel donatore anonimo di midollo osseo che aveva, con il suo gesto, permesso a Romano di continuare la conquista. Nives, da parte sua, ha dimostrato in quel frangente la resilienza di una donna in grado di affiancare il proprio compagno in ogni circostanza della vita. Il tutto all'interno di un ambiente, quello dell'alpinismo himalayano, che è storicamente maschile, fatta eccezione per qualche rara figura affacciatasi sulla scena soprattutto a partire dagli anni Settanta.
Ma andando oltre l'Himalaya, sicuramente centrale nella loro carriera alpinistica, Meroi e Benet hanno anche ammesso di essere molto legati alle montagne di casa. "La particolarità delle Alpi Giulie" afferma Romano, "è che dal bosco esci direttamente sotto le pareti, le trovi in un momento, le scopri nel giro di pochi metri".
"Noi abitiamo proprio ai piedi della catena del Mangart" continua Nives, "la nostra porta finestra si affaccia su quelle cime e per me svegliarmi al mattino, fare colazione da sola al tavolo, con una vista stupenda sull'umore della montagna, mi dà ristoro e mi fa sentire a casa".
Quella che li ha visti protagonisti è stata l'ultima delle sei "Dirette di montagna" organizzate dal Trento Film Festival: gli incontri serali sui canali social della kermesse che hanno sostituito, in questa 69/ma edizione, le consuete serate alpinistiche.
Non è mancato, in questo contesto, un ultimo messaggio per le nuove generazioni. "Stiamo attraversando un momento davvero difficile" ha dichiarato Nives Meroi, "ma una cosa ho subito pensato, già quando c'è stato il primo lockdown, lo scorso anno. Per lunghi periodi di tempo abbiamo impiegato i nostri giorni a tirare su muri, per chiudere fuori chi minacciava il nostro stile di vita, il nostro benessere, le nostre abitudini e consuetudini. Poi, da un giorno all'altro, siamo stati messi in scacco da questo virus che ci ha costretti lui stesso dentro altre mura: quelle delle nostre case, ricordandoci l'importanza di rimanere persone libere e aperte, nonostante le nostre paure".
In nome di questa libertà e apertura, Romano Benet e Nives Meroi – soci onorari, fra l'altro, del Trento Film Festival – non hanno mai smesso di credere nei quattordici sogni che condividevano, anzi quindici: un passo alla volta, senza scoraggiarsi mai.
Info: trentofestival.it, Facebook TFF, Youtube TFF
Tutti gli Ottomila (senza ossigeno) saliti da Nives Meroi e Romano Benet:
Annapurna (2017)
Makalu (2016)
Kangchenjunga (2014)
Manaslu (2008)
Everest (2007)
K2 (2006)
Dhaulagiri (2006)
Lhotse (2004)
Broad Peak (2003)
Gasherbrum 2 (2003)
Gasherbrum 1 (2003)
Cho Oyu (1999)
Shisha Pangma (1999)
Nanga Parbat (1998)