Trekking al Lago Leones in Patagonia Cilena. Di Nicolò Guarrera
La Patagonia Cilena è un’enorme regione affacciata sul Pacifico che si estende a sud di Puerto Montt fino a Capo Froward, l’estremità meridionale del continente sudamericano. In quest’area grande quasi quanto l’Italia, 17 Parchi Nazionali proteggono una superficie di 100.000 km quadrati tutelando alcune tra le maggiori riserve di acqua dolce del nostro pianeta.
Dopo Antartide e Groenlandia, le masse glaciali più estese al mondo si trovano proprio qui, tra le regioni di Aysen e Magallanes: i Campi di Ghiaccio. Sono le vestigia dell’era glaciale, due giganti impegnati in una lotta impari contro il surriscaldamento globale. I fratelli sono separati da decine di montagne, valli e fiumi che nascono dal loro scioglimento. A sud, i Campi raggiungono un’estensione pari a sedicimila chilometri quadrati, la Corsica, per intenderci; mentre a nord si trova grossomodo il Molise, cinquemila chilometri quadrati. È verso una delle sue propaggini che vi voglio portare.
Mi sto muovendo verso sud lungo la Carretera Austral, una strada che unisce i microscopici centri abitati della Patagonia Cilena. Dopo aver lasciato la capitale regionale, Coyhaique, e aver camminato per 250km, sono giunto a Puerto Rio Tranquilo. Con kayak, cavalcate e delle rilassanti passeggiate tra gli ultimi boschi di Arrayan, questo pueblo è uno dei poli turistici di maggior interesse nazionale.
Da Puerto Rio Tranquilo proseguiamo verso sud per trenta chilometri fino all’incrocio con la strada provinciale 732, una pista di ghiaia diretta verso i Campi di Ghiaccio del Nord. Nessun villaggio da queste parti, solo case sparpagliate per terre verdi e incolte. Il fiume Leones si snoda lungo l’omonima valle e la strada ne segue fedelmente il corso, portandoci fino al campeggio Los Coigues. Da qualche chilometro siamo infatti entrati in una riserva privata e decine di cartelli ripetono lo stesso avviso: vietato campeggiare. Un incendio tremendo ha devastato quest’area alcune decine di anni fa, dunque i proprietari del fondo hanno deciso di porre un limite definitivo al free camping.
I Campi di Ghiaccio contano diverse propaggini, lingue di gelo conosciute in Cile con il nome di Ventisqueros. Il loro scioglimento dà origine a fiumi e specchi d’acqua e nel nostro caso, risalendo il corso del fiume Leones, si può arrivare all’omonima laguna e al Ventisquero dal quale nasce: è qui che siamo diretti, al Lago Leones.
Il sentiero è evidente nonostante la scarsa segnaletica, impossibile perdersi. I primi nove chilometri portano a un breve spiazzo dove è possibile parcheggiare per chi viene in auto. Si attraversano un paio di fattorie, le famose estancias che per duecento anni hanno addomesticato i pendii boschivi facendo spazio a mandrie di bovini e pecore. Il sentiero è piano, gli scorci pochi, giusto qualche sguardo sul fiume.
Vi capiterà ogni tanto di dover aprire un cancello o sollevare una sbarra. Ricordate che stiamo attraversando delle proprietà private, dunque la terra è stata lottizzata e i relativi proprietari ne hanno delimitato le superfici. Il nostro passaggio non ha niente di irregolare, sebbene sconosciuto il trekking è ormai stabilito da qualche anno. Abbiate sempre la premura di chiudere i cancelli dietro di voi, altrimenti gli animali potrebbero scomparire e creare confusione ai gauchos.
La seconda metà del trekking è lunga una decina di km. L’escursione si fa più interessante e dinamica, dovremo infatti attraversare diversi rigagnoli improvvisando dei ponticelli con pietre e rami. Meglio calzare dei buoni scarponi impermeabili. Quasi tutti questi corsi d’acqua sono a carattere torrentizio, dunque in estate sono pressoché inesistenti (estate australe: dicembre - marzo). Per i fiumi veri e propri ci sono dei ponti più solidi, sebbene a dirla tutta abbiano un’aria tutt’altro che stabile. Ripeto, meglio indossare qualcosa di impermeabile ai piedi.
Continuando lungo il sentiero, entriamo in un’abetaia. Pini e abeti sono specie introdotte durante la colonizzazione, nel sud del Cile ci sono le migliori condizioni per il loro sviluppo e nel corso degli anni accanto all’allevamento di grandi animali si è aggiunto il business del legname. L’impatto sugli ecosistemi è stato devastante e ancora oggi sono poche le fondazioni - tutte private - che stanno lavorando sul territorio cileno per riforestare gli antichi boschi con specie native.
Dopo esserci lasciati alle spalle l’abetaia, il sentiero ci porta a una sorta di memoriale. La sagoma di un albero e una panchina di legno con una targa celebrano gli sforzi di alcune famiglie nella conservazione dei boschi Patagonici. Giusto dietro alla panchina si può intravedere un Ventisquero: non è quello della laguna Leones, ma anche lui ha il suo fascino malinconico.
Proseguiamo ancora lungo la pista. Il fiume Leones ci segue da presso, portandoci alla sua origine. Siamo arrivati.
Il Ventisquero giace al fondo, apparentemente immobile. In realtà si sta sciogliendo, lentamente, e dal suo pianto moribondo nascono lago e fiume Leones. L’acqua è di un azzurro fiordaliso, chiarissimo. Il colore è dovuto ai minerali provenienti dal ghiacciaio solo parzialmente disciolti nell’acqua. Sono microparticelle vecchie migliaia di anni che con il riscaldamento globale tornano temporaneamente alla vita. C’è un vento freddo e possente che spira dai Campi di Ghiaccio del Nord. Si trovano alle spalle della laguna, la lingua di ghiaccio è a tutti gli effetti una delle tante propaggini con le quali si allunga dal bordo esterno.
Percepisco un senso di solennità guardando le guglie innevate che circondano la laguna. I Campi di Ghiaccio sono le ultime riserve di acqua dolce rimaste, certo lascia un certo effetto, ma c’è dell’altro… Pochissime persone ci sono state, meno ancora lo hanno attraversato. Di fatto, le grandi esplorazioni su ghiaccio sono avvenute tra Groenlandia, Polo Nord e Antartide. I Campi di Ghiaccio sono rimasti in qualche modo intatti, passando inosservati agli occhi degli avventurieri. Condizioni di viaggio durissime accoglierebbero gli spiriti audaci che ambiscono ad attraversarli, con venti tremendi e piogge incessanti, pochissime informazioni sul terreno e quasi nessuna persona sulla quale esperienza fare riferimento.
Mi salgono i brividi a pensarci. Per ora meglio accontentarsi di guardare al Ventisquero da lontano, tirare su il bavero della giacca e tornare sui miei passi. Il ritorno segue il percorso dell’andata, dunque sono altri 20km fino al camping Los Coigues, cinque ore di camminata. Meglio avviarsi prima che scenda il crepuscolo.
di Nicolò Guarrera
Link: IG Nicolò Guarrera, Ferrino
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