Alpi Apuane da Nord a Sud, la traversata alpinistica di Francesco Bruschi e Francesco Tomé
Non possiamo far altro che tornare a qualche mese fa con un po' di fantasia perché durante il periodo di quarantena da COVID-19, nonostante non potessimo spostarci fisicamente, non abbiamo mai smesso di alimentare i nostri sogni e le nostre idee. Queste vagavano senza confini e senza mete durante tutte le conversazioni via web-cam, che ogni giorno e ogni notte ci facevamo, fino a quando siamo stati incuriositi dal fascino selvaggio, tecnico e senza tempo delle Alpi Apuane, un po' come dei fanciulli estasiati di fronte all'immensità del mondo che li circonda.
Mesi e mesi trascorsi a pensare ad ogni dettaglio di questo viaggio poiché niente o quasi doveva essere lasciato al caso, consci del fatto che lassù ogni errore e ogni distrazione si paga a caro prezzo e non potevamo in alcun modo permettercelo. L’intento è stato quello di vivere in modo autosufficiente durante tutti gli 11 giorni di traversata, si è reso perciò necessario comprare i liofilizzati e gli altri alimenti, e qualche bomboletta del gas di scorta da portare poi nei diversi punti di appoggio che avremmo incontrato via via lungo il percorso. Ciò ha fatto sì che si creasse un legame di amicizia e di conoscenza con i rifugisti e di condividere poi con loro durante il viaggio qualche chiacchiera e qualche pensiero, ed è stato davvero molto significativo per entrambi avere la possibilità di conoscere così un po’ della loro vita e dei tempi passati.
Non è certo stata di minore importanza la preparazione del materiale alpinistico perché è lì che si decideva ciò che avremmo portatto con noi e ciò che invece avremmo lasciato dietro di noi, e penso che quella sera di preparazione degli zaini resterà impressa nelle nostre menti ancora per molto tempo. Ore e ore trascorse a riempire e svuotare gli zaini affinché diminuisse il peso di tutta quanta l'attrezzatura nel mio zaino: una tenda Atlas III della Salewa, un sacco a pelo della Mckinely, un casco della Petzl, un imbrago della Camp, una daisy-chain, una piastrina, un moschettone ovale, tre moschettoni a ghiera, una mezza corda di 8 millimetri da 60 metri della Mammut, tre fettucce, 3 cordini in kevlar di 5 e di 6 millimetri, una sacca dell’acqua di 3 litri e una borraccia di un 1 litro, senza dimeticarsi dell’abbigliamento tecnico e delle altre cose per la cura personale, qualche snack e qualche energizzante. Mentre nello zaino dell’altro Francesco: un sacco a pelo della Ferrino, un casco della Petzl, un imbrago della Camp, e così una daisy-chain, una piastrina, un moschettone ovale, tre moschettoni a ghiera, tre fettucce, 3 cordini in kevlar di 5 e di 6 millimetri, una sacca dell’acqua di 2,5 litri e una borraccia di 0,75 litri, una GoPro Hero 8, una Sony A7S, un drone DJI Mavic 2 Pro e tutte le attrezzature di ricarica affinché si riuscisse a girare un film che narrasse la nostra avventura alpinistica e la storia delle persone che dimorano queste terre selvagge.
Il film, quest’ultimo è senz’altro un’altra avventura su cui ormai da mesi stiamo lavorando assiduamente. Una volta finito infatti, la qual cosa ci impegnerà non poco, lo proporremo ai festival nazionali e internazionali del mondo outdoor e non vediamo davvero l’ora che giunga quel momento.
Alla fine gli zaini avevano un peso rispettivamente di 14 e di 12 chili circa, anche se in alcuni giorni il peso sarebbe inevitabilmente aumentato proprio per le scorte di cibo che tempo addietro avevamo appunto lasciato presso i rifugi, e quando ormai erano da poco scoccate le 2:00 di notte prendemmo la decisione di andare a riposarci, ognuno tra i suoi pensieri e i suoi sogni con la trepidazione della partenza nel primo pomeriggio il giorno seguente. D’altro canto non è cosa di tutti i giorni ritrovarsi da un momento all’altro a vivere a fianco di una persona, d'un amico, d'un fratello e quindi a condividere tutto ciò che sei e tutto ciò che hai, d'altronde là tutti si diventa nudi di fronte alla grandezza della natura e non si può pensare di sfidarla solamente con la presunzione e l’arroganza del proprio ego. Quando riaprimmo gli occhi era mattina e ci rendemmo conto che il giorno così atteso per mesi e mesi era finalmente giunto e non restava che viverlo.
1° giorno - 30/06/2020 ore 15:30
Il viaggio cominciò dalla località di Campocecina (MS), una piccola frazione sopraelevata dalla città di Carrara, in poco tempo giungemmo ai cosiddetti Prati di Campocecina nei pressi del Rifugio Carrara, lì colloccammo la nostra tenda in un posto davvero silenzioso e surreale, dopo di che non impiegammo molto a giungere sulla vicina cima del monte Borla. Una volta lassù si potè ammirare un paesaggio mozzafiato che vede svettare da ovest a est le vette del Pizzo D’Uccello, del monte Pisanino, del monte Grondilice, del monte Sagro e del monte Maggiore, poi giù verso il mare non riuscimmo a non notare il bacino di marmo delle cave di Carrara, che giorno dopo giorno si allarga sempre più e inghiottisce infiniti metri cubi di montagna che non ritorneranno più a essere come prima, che ci piaccia o no. Una volta ridiscesi dal Monte Borla affrontammo l’ascesa alla cresta Nord del monte Maggiore che comincia per altro dalla vetta del monte La Faggiola, che dopo qualche saliscendi di non breve lunghezza si sviluppa lungo sfasciumi smossi e in esposizione, non si trattò di una cima banale e ciò fu spiegato anche dalla poca frequentazione della vetta, ma quando si giunse in cima ci parve di sfiorare l’acqua del mare e il cielo con un solo dito. Al ritorno il cielo cominciava a imbrunire e non riuscimmo a trattenere un urlo di gioia e di libertà di fronte a quei colori così potenti e unici, mentre ormai soli tornavamo verso la nostra piccola e confortevole tenda.
2° giorno - 01/07/2020
L’indomani ritornammo alle pendici del monte Sagro e di lì risalimmo la cresta ripida ed erbosa dello Spallone fino alla vetta mentre intorno a noi le nuvole del mattino creavano un’atmosfera cupa e malinconica. Senza perdersi in chiacchiere camminando fra le cave ancora in attività e le ormai vecchie e abbandonate case dei cavatori si raggiunse la lizza del Balzone, una delle antiche vie adoperate in passato per far si che i blocchi di marmo estratti dalla cave in montagna scendessero fino a valle con il metodo della lizzatura, ripercorrerle è stato senza alcun dubbio toccante, non sono poche infatti le tante storie andate perdute di uomini che spossati dalla fatica del duro lavoro spesso cadevano giù in urlo disperato e straziante. Così una volta giunti sulla strada stradale si risalirono i circa 10 tornanti che ci separavano dal piccolo e magico paese di Vinca senza più cibo né acqua poiché avevamo alleggerito gli zaini senza riempire la capienza massima di acqua, infatti complessivamente avevamo solo di 1,5 litri e in più qualche barretta, e dopo aver percorso 25,5 chilometri e circa 2500 metri di dislivello non è assolutamente il massimo, tuttavia una volta raggiunto Vinca non c’è voluto molto a reintegrare tutte l’energie presso l’alimentari-panificio gestito dalla signora Andreina, che ormai da 40 anni senza nemmeno un giorno di ferie gestisce con passione e dedizione il piccolo e ben fornito negozietto del paese. Le casette in pietra tutte ravvicinate, le strade strette e sconnesse, il sapore di vecchio che non viene sopraffatto dal nuovo rendono Vinca un paese incredibilmente senza tempo. Tuttavia non passò poi così tanto poichè prima del calare del sole già avevamo raggiunto la foce dei Lizzari e anche se la pendenza del terreno non era per niente indifferente montammo qui la nostra tenda e poco prima di assopirsi sobbalzammò poiché sentimmo intorno alla nostra tenda diversi calpestii e dopo qualche minuto interminabile capimmo, spossatti com’eravamo, che altro non erano che capre, che il giorno seguente avremmo incontrato poi lungo il filo di cresta della Nattapiana.
3° giorno - 02/07/2020
Alle 6 e qualcosa del mattino seguente già s’era sulla cresta verso il monte Bardaiano, di lì effettuamo la nostra prima calata in corda doppia in montagna della nostra vita, che avevamo imparato a compiere qualche settimana prima della partenza di due nostri carissimi amici. Una dopo l’altra anche le tre calate furono poi superate, non rimaneva che proseguire verso il monte Abeta e di lì proseguire fino alla base della rampa quasi verticale di paleo, sopra di essa ancora una volta le capre che osservavano guardinghe ogni nostro movimento e così facevamo noi con loro. Una volta usciti dai canali di paleo fummo sul pianoro roccioso, e di lì a poco superate le capre si cominciò a percorrere con attenzione e passo sicuro il traverso sotto il versante est del Pizzo D'Uccello. Una volta finito di percorrere si risalì in arrampicata su salti di 1/2 grado l'ultima centinaia di metri che restava sino alla vetta, una volta lì il panorama si aprì a volo d’uccello su tutta la Val Serenaia, così con più di 10 chili sulle spalle in circa 5 ore dalla foce dei Lizzari eravamo finalmente sulla vetta, ancora una volta soli, avendo riposto ognuno nell’altro massima fiducia e massimo altruismo, ciò non è nient’altro che la dimostrazione che l’unione fa la forza. Dopo essersi riposati presso il rifugio Orto di Donna e aver discorso un poco con Stefania e il suo staff, ripartii alla volta della punta Forbice e del monte Grondilice e una volta in cima feci ritorno alla nostra tenda.
4° giorno - 03/07/2020
Alle prime luci risalimmo fino al Passo delle Pecore e si iniziò a salire passo dopo passo lungo la cresta Ovest un po’ detritica, ma senza dubbio adrenalinica verso la vetta del Monte Contrario. Dalla vetta scendemmo con cautela alla Foce di Cardeto e mentre Francesco faceva ritorno all’Orto di Donna a rifornire l’acqua, mi diede il via libera affinché andassi e ritornassi dal Monte Pisanino. Così dopo 1 ora e mezzo di nuovo l’uno affianco all’altro ci ritrovammo al Cardeto. Passato un po’ di tempo a rilassarci ripartimmo poi sulla cresta Nord del Monte Cavallo e giunti sull’ anticima decise di scendere dal ripidissimo e scosceso canale Cambron, mentre io proseguì percorrendo ancora il filo di cresta fino poi a scendere per una traccia di paleo non troppo percepibile verso Forcella di Porta. Di qui raggiunsi il bivacco Aronte nei pressi del Passo della Focolaccia, ormai distrutto dall’attività estrattiva del marmo effettutata solo per perseguire e inseguire il soldo, e ci rincontrammo finalmente con Francesco, la giornata fu poi pensierosa e rilassante in un clima che si faceva sempre più ventoso e infido. Alle 3 di notte al caldo del bivacco sentivamo il vento soffiare con le pareti impassibili dell’Aronte.
5° giorno - 04/07/2020
Dopo essersi riposati più del solito, il mattino dopo risalimmo un centinaio di metri e si iniziò a scendere sulla Carcaraia, una zona carsica ampia e sconvolgente, è qui che si trova l’abisso Roversi che non per dire ma è il più profondo d’Italia con i suoi 1360 metri di profondità. Dopo qualche ora eccoci alla Sella della Roccandagia e percorsa in salita e in discesa l’omonima cresta aspra e aguzza vista dal basso, poi si continuò a salire dalla direzione opposta la cresta Nord-Est del Monte Tambura e una volta raggiunta la cima estasiati da tanta bellezza si decise di completare l’ascesa cuocendo una pasta al pesto unica e indimenticabile proprio sulla vetta al riparo, per quanto possibile, dal vento infido. All’arrivo delle nuvole si comprese che fosse giunta l’ora di ripartire senza perdere tempo e così giù per la Via Vandelli, l’antica e incredibile strada che collegava in passato la città di Lucca a quella di Modena, fino a Finestra Vandelli, ove si posizionò poi la tenda, e quindi al rifugio Nello Conti. Dopo un po’ di tempo che stavamo lì iniziarono a farci delle domande e rimasero positivamente sorpresi e stupiti da ciò che stavamo compiendo, e anche noi non potevamo che essere davvero contenti, soprattutto osservando l’atmosfera armoniosa e concentrata con cui lavorano ogni giorno, nonostante i loro passati più o meno difficili.
6° giorno - 05/07/2020
Proprio da lì riniziò il viaggio del giorno dopo, si scese per diverse centinaia di metri fra una vegetazione selvaggia e si risalì ancora fino alla Focola del Vento e ancora su per i pendii scoscesi del Monte Sella, da dove si notava il proliferare in ogni dove l’intervento dell’uomo sulle pendici di queste montagne. Lassù fummo circondati da delle capre in ogni punto e con cautela si percorse l’insidioso sentiero segnato in bolli blu, che conduce fino a Passo Sella fra le rocce durante la discesa si notò appena in tempo la presenza di una vipera, che sospettosa si attorcigliava intorno alla roccia, e così riuscimmo a evitare almeno in parte l’incontro più ravvicinato con il serpente. Nei pressi di Passo Sella Francesco decise di proseguire verso la cresta Nord-Ovest del monte Fiocca affinché potesse riprendermi, mentre di corsa salivo il pendio ripido e di sfasciumi che portava sulla vetta del Macina, dove per l’appunto venni raggiunto dal rumore inconfondibile del drone e dopo aver mandato un bacio alla telecamera feci ritorno a Passo Sella e di qui raggiunsi il mio caro amico sulla cima del Fiocca. Da lì proseguimmo fino a Passo Fiocca e poi lungo il sentiero attrezzato Ricciardo Malfatti e una volta sulla cima ammirammo il misterioso Lago di Vagli e tutta la catena montuosa estasiati da ciò che fino a quel momento avevamo fatto e da ciò che ancora avremmo dovuto fare. Dopo un po’ di tempo tornammo giù a ritroso e mentre si procedeva verso Arni ci inoltrammo cauti per il senso di vuoto e per l’emozione che il bosco del Fatonero suscitò dentro di noi, non un solo rumore se non quello della natura regnava all’interno delle mura incante di quel bosco, ma presto l’incantesimo finì e con un po’ di rammarico si riprese a scendere ripidamente fino al paese di Arni e di qui fino al ristorante “Le Gobbie”. La notte rimanemmo ad ascoltare le grida strazianti e acute delle volpi che probabilmente richiamavano a sé le femmine, e con questi inquietanti suoni e i fruscii delle foglie degli alberi smosse accompagnarono così il nostro sonno.
7° giorno - 06/07/2020
La giornata successiva camminammo fino al Passo degli Uncini e Francesco già sulla cima del monte Altissimo riuscì a fare delle riprese davvero coinvolgenti con il drone, mentre percorrevo la breve e divertente cresta Ovest. Lassù ammirammo per qualche tempo l’infinita distesa blu del mare che dalle coste della Toscana giunge poi fino a quelle Ligure. Dopo un’oretta si iniziò a salire sul monte dei Ronchi, una montagna davvero poco frequentata e ancora meno segnalata, ma che nonostante ciò è stato dura e soddisfacente sia da salire sia da scendere, infatti la discesa si effettuò per il ripidissimo versante ovest e per la lizza ormai quasi inesistente dell’omonimo monte fino poi a ritrovarsi finalmente sulla strada stradale e tirare così un sospiro di sollievo dalla tensione che si era andata via via accumulando durante il percorso. Dopo qualche ora di sentiero tra le foreste del versante Nord del monte Freddone si giunse in un posto suggestivo e magico, che non sembra quasi appartenere a queste terre così aspre e selvagge, niente meno che Il Puntato, uno dei pochissimi alpeggi ancora oggi rimasti fra queste lande. Senza dubbio il protagonista di questo luogo incantevole non può che essere un personaggio unico e affascinante: Mauro. Forse quest’ultimo ha rivisto in noi dei suoi simili o magari rivedeva in noi la sua gioventù ribelle, vissuta contro tutti e tutto lassù fra quelle montagne, dove tuttora dimora e dove gestisce Il Robbio e la altre baite di questo luogo, è stato così profondo parlare con lui, che ogni volta che ci ripenso mi salgono dei brividi in ogni parte del corpo, ancora per molto tempo porteremmo con noi le sue parole.
8° giorno - 07/07/2020
All’indomani se da una parte Francesco percorreva sbalordito i sentieri del Puntato fra le antiche case in pietra e i rigagnoli di fiumiciattoli che percorrono la foresta e si portava così fino al Passo Fociomboli e di lì in vetta al Monte Freddone, dall’altra proseguii a ritroso per il sentiero del giorno precedente fino alle prime roccette della cresta Est-Nord-Est del Freddone. Ritrovarsi a vivere momenti di solitudine sia per me che per lui è stato davvero importante, perché quando sei solo tutto si amplifica e diventa inevitabilmente più potente e più fragile, e ciò è servito a entrambi anche per cercare e trovare una dimensione personale fra noi e la montagna. Dopo si risalì la marmifera delle cave del Retro-Corchia, ormai in completo abbandono, e in non molto tempo si raggiunse così la cima del monte Corchia Ovest e poi la cima del Corchia, una delle tante montagne che per l’appunto giorno dopo viene completamente divorata dalle cave di marmo che distruggono il patrimonio naturale che risiede all’interno e all’esterno di queste montagne. Dopo un po’ di tempo si giunse presso il rifugio Del Freo e la tenda la piazzamo poi in una dedita piazzola sottostante al rifugio.
9° giorno - 08/07/2020
Prima che la luce del sole spuntasse da dietro la vetta della Pania della Croce passò un po’ di tempo, e mentre smontavamo la tenda ci accorgemmo di quanto quella notte fosse stata davvero umida, dopo una veloce colazione si iniziò a risalire da Foce di Mosceta sino al Callare della Pania e così sulla cresta del Pizzo delle Saette percorsa all’andata e al ritorno e poi di nuovo a salire sino alla vetta della Pania della Croce, e giù per il Vallone dell’Inferno fino ad arrivare al rifugio Rossi, gestito dal mitico Antonello detto “Chiodo” e non aggiungo altro, non così lontano dalla Vetricia, un’altra zona carsica delle Apuane, dove fra le tante crepacce e fenditure si trova il celebre abisso Revel con una profondità verticale di 300 metri. Poi dopo aver raggiunto la vetta dell’Omo Morto e della Pania Secca collocammo la tenda nei pratini circostanti al rifugio Rossi, non impiegammo molto a prendere sonno, anche perchè la sveglia suonava alle 3 di notte il mattino seguente.
10° giorno - 09/07/2020
Ancora notte fonda ma sulla linea dell'orizzonte si ammirava una linea di colori caldi così forti e potenti da folgorare chiunque, già sentivamo il sole e il vento che pian piano ci sfioravano il volto e non avremmo voluto essere stati in nessun altro posto, ma solo lì in mezzo a quella bellezza semplice e irripetibile. La stanchezza si andava via via accumulando giorno dopo giorno e così anche la voglia di giungere alla fine di questo viaggio e rivedere le persone a noi care, non perdemmo un solo attimo e con la luce del sole ancora timida e con quella delle nostre frontali si cominciò a scendere verso la Costa Pulita e si raggiunse poi la nota cime del Monte Forato, un foro nella roccia sbalorditivo per bellezza e grandezza e senza pensarci troppo salimmo sull’arco del foro e lo si percorse sempre più increduli da tanta bellezza. Percorrendo poi il sentiero delle Scalette si giunse sulla cima del Monte Croce, unica per le innumerevoli giunchiglie che d’estate fioriscono sulla cupola erbosa di questa cima, già perché la cosa incredibile è rendersi conto di come da un terreno propriamente alpino si passi da un momento all’altro a un appenninico. Si proseguì prima sul Monte Nona e poi salimmo la storica ferrata del Monte Procinto che conduce fino all’iconica vetta a panettone. Dopo essere andati a collocare la tenda vicino al rifugio Forte dei Marmi scambiammo qualche chiacchiera anche con il gestore e il team di ragazze davvero in gamba e disponibilissime, e venuti a sapere anche loro da dove venivamo e di quanto poco paradossalmente ci manca rimasero sorprese e davvero contente.
11° giorno - 10/07/2020
Il mattino seguente si raggiunse poi la vetta del monte Matanna, dopo qualche ora tra i pascoli di cavalli e mucche si giunse poi sulla vetta del monte Piglione Sud e del Piglione Nord. Purtroppo per il pranzo le scorte di cibo rimaste erano davvero contate, perciò sgranocchiamo solo una barretta energizzante a metà e due sesamini a testa. Di lì a poco si ritornava a salire fino alla vetta del monte Prana e di pari passo saliva anche la nostra emozione, dopo essersi ripresi un attimo si ridiscese ancora tra i saliscendi di quei prati secchi e aridi verso la vetta del monte Prano e quindi finalmente dopo giorni e giorni di felicità e di dolore, eccola lì la fine, la vetta del Monte Pedone. Ancora increduli e straniti per ciò che non ci rendevamo conto di aver portato quasi a termine, tornammo poi sui nostri passi fino a fare ritorno a Campo all’Orzo.
12° giorno - 11/07/2020 ore 11:30
Alla fine l’ultima sera è stata un po’ come tutte le altre, forse un po’ più spensierata e rilassante anche perché il giorno dopo, strano ma vero, saremmo proprio arrivati, dopo nemmeno un’ora di discesa tra la foresta e la strada stradale di Casoli, nella piccola e magica frazione di Candalla (LU) alla fine di questo viaggio indimenticabile. Dopo lunghi giorni senza avere la possibilità e la pretesa di lavarsi abbiamo potuto rinfrescarci in un bozzo incantevole e fresco a ridosso di un vecchio mulino e abbiamo potuto rivedere anche tutte le persone care, che lì ci hanno atteso e accolto con trepidazione e con un calore senza eguali.
Non nego che mentre scrivo non mi rendo ancora conto di aver scalato 40 cime in 11 giorni, di aver percorso 160 chilometri e 12.000 metri di dislivello complessivo e di aver vissuto un’esperienza umana così intensa solo qualche mese fa, e sono sicuro che gli attimi vissuti lassù rimarranno sicuramente dentro di noi ancora per molto tempo. Senza dubbio le fotografie scattate e i video registrati racchiudono una piccola grande parte di quegli attimi e così anche le parole portano con sé quella magia indescrivibile, che solo chi è stato lassù può comprendere fino in fondo.
di Francesco Bruschi
GIORNI | TRAVERSATA ALPINISTICA ALPI APUANE |
1° giorno 30/06/2020 ore 15:30 |
Campocecina - Rifugio Carrara - Prati di Campocecina - Monte Borla(1466 metri) - Foce di Pianza - Monte La Faggiola(1455 metri) - Cresta Nord Monte Maggiore - Monte Maggiore(1390 metri) - Foce di Pianza - Prati di Campocecina. |
2° giorno 01/07/2020 |
Prati di Campocecina - Foce di Pianza - Foce della Faggiola - Cresta Monte Spallone - Monte Spallone(1639 metri) - Monte Sagro(1753 metri) - Lizza del Balzone - Vinca - Foce dei Lizzari. |
3 ° giorno 02/07/2020 |
Foce Lizzari - Cresta Nattapiana - Monte Bardaiano(1407 metri) - Monte Abeta(1487 metri) - Pizzo d’Uccello (1783 metri) - Rifugio Orto di Donna - Passo delle Pecore - Cresta Forbice - Punta Forbice(1772 metri) - Monte Grondilice (1808 metri) - Rifugio Orto di Donna. |
4° giorno 03/07/2020 |
Rifugio Orto di Donna - Passo delle Pecore - Cresta Ovest Monte Contrario - Monte Contrario(1788 metri) - Cresta Est - Foce di Cardeto - Monte Pisanino(1947 metri) - Cresta Nord Monte Cavallo - Monte Cavallo(1895 metri) - Forcella di Porta - Bivacco Aronte. |
5° giorno 04/07/2020 |
Bivacco Aronte - Sella di Roccandagia - Cresta Sud - Ovest Monte Roccandagia - Monte Roccandagia(1717 metri) - Zona carsica della Carcaraia - Cresta Nord - Est Monte Tambura - Monte Tambura(1890 metri) - Finestra Vandelli - Rifugio Nello Conti - Finestra Vandelli. |
6° giorno 05/07/2020 |
Finestra Vandelli - Rifugio Nello Conti - Focola del Vento - Monte Sella(1736 metri) - Passo Sella - Monte Macina(1568 metri) - Passo Sella - Cresta Nord - Ovest Monte Fiocca - Monte Fiocca(1714 metri) - Passo Fiocca - Ferrata Malfatti - Monte Sumbra(1770 metri) - Passo Fiocca - Bosco del Fatonero - Arni. |
7° giorno 06/07/2020 |
Arni - Passo degli Uncini - Cresta Ovest Monte Altissimo - Monte Altissimo(1589 metri) - Passo del Vaso Tondo - Monte dei Ronchi(1354 metri) - Lizza del Monte dei Ronchi - Il Puntato - Rifugio Il Robbio. |
8° giorno 07/07/2020 |
Rifugio Il Robbio - Cresta Est Monte Freddone - Monte Freddone(1479 metri) - Passo Fociomboli - Monte Corchia Ovest(1632 metri) - Monte Corchia(1678 metri) - Rifugio Del Freo. |
9° giorno 08/07/2020 |
Rifugio Del Freo - Foce di Mosceta - Callare della Pania - Pizzo delle Saette(1720 metri) - Callare della Pania - Pania della Croce(1858 metri) - Vallone dell’Inferno - Foce del Puntone - Rifugio Enrico Rossi - Cima dell’Omo Morto(1679 metri) - Pania Secca(1709 metri) - Rifugio Enrico Rossi. |
10° giorno 09/07/2020 |
Rifugio Enrico Rossi - Foce del Puntone - Passo degli Uomini della Neve - Foce di Valli - Costa Pulita(1300 metri) - Monte Forato(1301 metri) - Foce di Petrosciana - Foce delle Porchette - Monte Croce(1312 metri) - Foce delle Porchette - Monte Nona(1297 metri) - Callare del Matanna - Ferrata del Monte Procinto - Monte Procinto(1173 metri) - Rifugio Forte dei Marmi. |
11° giorno 10/07/2020 |
Rifugio Forte dei Marmi - Callare Matanna - Monte Matanna(1318 metri) - Monte Piglione Sud(1184 metri) - Monte Piglione Nord(1231 metri) - Campo all’Orzo - Focetta di San Vincenzo - Monte Prana(1218 metri) - Monte Prano(1091 metri) - Monte Pedone(1013 metri) - Focetta di San Vincenzo - Campo all’Orzo. |
12° giorno 11/07/2020 ore 11:30 |
Campo all’Orzo - Casoli - Candalla. |