Gola Nord della Veunza, bella prima discesa in sci per Cecon, Limongi e Mosetti
"Impossibile non sia stata ancora sciata!"
Ogni qualvolta mi capita di passare dalle parti di Fusine ed osservare quella vena bianca che fila sinuosa nel ventre della Veunza, mi faccio sempre la stessa domanda. Per una generazione che si muove nel "post-tutto", il rischio è che anche quell’immaginazione che un tempo doveva andare al potere possa inaridirsi. Eppure la domanda tornava costante "E se ancora non fosse stata sciata"?
Incassato tra le pareti della Strugova e della Veunza, questo canale noto come "Gola Nord della Veunza" (in realtà l’apice del canale è la Forca di Fusine, passaggio sulla grande cresta Ponze-Mangart) è pressoché invisibile nella sua interezza da qualunque angolazione lo si osservi. La vena, sinuosa, appare da lontano solo per un breve tratto della sezione superiore, salvo essere "inghiottita" alla vista dalle pareti che vi si ripiegano attorno. Nemmeno andandovi alla base, al culmine del bel conoide della Strugova, è chiaro esattamente se questo canale abbiamo o meno continuità: bisogna dunque entrarci per scoprire che un "muro" di circa trenta metri si pone a difesa di questa linea che ha tutto per essere "ideale" ma che nella migliore tradizione giuliana riserva sempre qualche sorpresa.
Il canalone non è certo ignoto. Come molte vie di ghiaccio in Giulie, fu originariamente salito in estate dalla cordata triestina Cernuschi - Premuda, ormai nel lontano 1931, e solo successivamente interpretato in chiave invernale dai sempre insaziabili sloveni (Bizjal - Velikonja,1986). Le difficoltà "aggiornate" sono 45°- 65°/ 90°, M4 per 450 mt di canalone, con un difficile tiro iniziale non sempre in buone condizioni.
L’ambiente particolarmente severo e tetro, la complessità della discesa e alcuni pericoli oggettivi fanno sì che sia solo sporadicamente percorso seppure rappresenti una linea assai interessante e a suo modo speciale per queste zone. Ma con gli sci?
Il gruppo del Mangart era stato bollato nella guida di Gino Buscaini come "poco adatto allo sci" e in effetti a ben guardare, esclusa poche grandi classiche c’è poco da fare. O meglio, c’è da lavorare di fantasia. Ormai più di vent’anni fa ci aveva pensato Mauro Rumez a scuotere un po’l’ambiente con alcune discese ambiziose dal "cupolone" delle Giulie e qualche sloveno si è cimentato nei difficili canali delle Ponze. La gola nord, incassata ed invisibile, è rimasta tuttavia lontana dagli occhi e dal cuore forse per molto tempo.
Con la discesa del 2 marzo, un trio che di immaginazione (e qualità) ne ha da vendere, composto dall’immancabile "Mose", ovvero Enrico Mosetti, Zeno Cecon e Davide Limongi ha (finalmente!) rotto gli indugi, decidendosi a portare le tavole nel cuore della Veunza, affrontando anche il difficile (e bellissimo) muro iniziale su neve e ghiaccio verticale.
Perchè fare dello sci ripido qua vuol dire fare anzitutto alpinismo con la A maiuscola. Un lavoro troppo sporco? Poco importa, se il Mose poi riferisce di una sciata di grande soddisfazione e di un canale "ideale" per certi versi. Le pendenze, superato il primo ostacolo, sono piuttosto sostenute sui 50° e oltre, e la cornice finale può rappresentare un bel problema e anche un bel rischio. I tre infatti sono stati costretti a non "sforcellare" vista l’instabilità di un lastrone a pochi metri dall’apice. In discesa, giunti sopra il salto iniziale una breve doppia (su paletto di legno di faggio, ma sepolte dalla neve ci sono due soste) li rideposita nel canale della Strugova.
Non ne perde certo la bellezza ed importanza della discesa, che a quanto pare è una prima (Podgornik riporta di una discesa di Filip Bence nel 1994 ma presumibilmente a piedi dato che è stata fatta in agosto) e dà una risposta a quella domanda che in tanti si facevano…
Lo sci ripido (o come si diceva un tempo "estremo") è ancora una disciplina che lascia spazio all’immaginazione, forse più di altre e a questa generazione del "post" può riservare grandi margini di esplorazione ed avventura. La gola nord è esemplificativa: una antica via di roccia che nell’arco di un secolo invece di venire dimenticata si ripropone come elettrizzante terreno per una prima discesa con gli sci. Basta lavorare di fantasia… soprattutto se non si temono dislivelli, spiccozzate e ci si porta dietro quella sana dose di dubbio che è il sale di ogni avventura.
Saverio D'Eredità- vive a Udine e frequenta attivamente le montagne del nord/est, in particolare le Giulie spaziando dall'alpinismo classico alle salite invernali e allo scialpinismo. Autore, insieme ad Emiliano Zorzi e Carlo Piovan della guida "Alpi Carniche e Giulie" edita da Alpine Studio per la collana "Il grande alpinismo sui Monti d'Italia" e precedentemente di "Quartogrado e più" sulle montagne friulane sempre con Emiliano e Carlo, edito da Idea Montagna. Dal 2014, con Carlo Piovan, gestisce il blog e la pagina Facebook dei Rampegoni: rampegoni.wordpress.com