Alex Txikon e il Manaslu in inverno, una montagna di emozioni
"Ho pensato a Daniele (Nardi, nda) quando ho raggiunto la cima del Manaslu". Sono queste le parole con cui Alex Txikon apre la nostra chiacchierata. Lo scalatore basco è da poco rientrato a Kathmandu, capitale del Nepal, dove si sta riposando e sta recuperando le forze tra un impegno mediatico e l’altro. I giorni che seguono realizzazioni, come la prima salita invernale integrale di un Ottomila, cioè realizzata iniziando i lavori sulla montagna dopo il solstizio d’inverno e terminandoli prima dell’equinozio di primavera, sono sempre molto concitati per gli alpinisti.
Con una stanchezza carica di soddisfazione e gioia Alex ha scelto di dedicarci un po’ del suo tempo per raccontare il suo terzo inverno al Manaslu e il successo di una spedizione. Un successo condiviso con l’amico Simone Moro, che purtroppo ha dovuto rinunciare alla scalata poco prima del summit push in seguito a problemi fisici. Un successo condiviso con Pasang Nurbu Sherpa, Gelu Sherpa, Maila Sherpa, Mantere Lama Sherpa, Gamje Babu Sherpa e Chepal Sherpa, i compagni nepalesi con cui ha lavorato duramente per raggiungere il punto più alto sull’ottava montagna della Terra. Una salita da celebrare per tutto l’alpinismo nepalese, che dopo il successo in Pakistan sul K2 invernale si riconferma protagonista sulle più alte montagne della Terra. È infatti la prima volta in cui un team di scalatori nepalesi realizza una prima invernale su una delle grandi montagne del proprio Paese.
Alex, quella del Manaslu è una vetta che sognavi da tempo, com'è stato raggiungerla?
È difficile dare concretezza a quanto vissuto. Non ho ancora avuto tempo per mettere in fila le emozioni di quei pochi giorni. Sono soddisfatto del risultato che abbiamo ottenuto lavorando come squadra. È stato tutto molto veloce. Sono passati meno di tre giorni da quando abbiamo lasciato il campo base a quando abbiamo raggiunto la cima. Dopo anni di tentativi tutto si è concretizzato in un flash. Mi sento svuotato e stordito, ma anche soddisfatto.
Avete raggiunto la vetta principale del Manaslu?
Si, io sono stato il quinto a raggiungerla. Qui abbiamo fatto le foto di rito, uno per volta a causa del poco spazio, e poi abbiamo iniziato la discesa.
Sei salito senza ossigeno, giusto?
Ho compiuto l’intera ascensione senza utilizzare bombole d’ossigeno. I miei amici e compagni di spedizione hanno lasciato il campo 3 per la vetta con le bombole, ma dopo poco ci sono stati diversi problemi. Chepal è stato il primo a rinunciare al prezioso gas, a causa di un malfunzionamento dell’erogatore, dopo qualche ora è toccato a Mantere Lama e poi anche agli altri. La temperatura, circa -40 gradi centigradi, era troppo bassa per gli erogatori.
Quali condizioni avete incontrato sulla montagna?
Molto difficili. Non c’era molta neve, condizione che ha reso la salita molto più tecnica, con diversi passaggi su ghiaccio. La parte sicuramente più tranquilla è stata quella tra campo base e campo 2, sopra diventava molto tecnica. Sopra campo 3 abbiamo incontrato tantissimo ghiaccio.
Avete sempre usato le corde fisse?
No. Tra campo base e campo 1 non abbiamo fissato le corde. Lo stesso tra campo 2 e campo 3 e da campo 4 alla vetta. Abbiamo invece attrezzato, per ragioni di sicurezza, il tratto tra campo 1 e campo 2 e alcuni tratti tra campo 3 e campo 4.
Rimane un grande dispiacere per Simone Moro, che ha dovuto rinunciare alla cima…
Voglio ringraziarlo. Simone era super motivato e super forte, e sicuramente se non avesse avuto problemi di stomaco e intestinali avrebbe raggiunto la cima con noi. Ricordo quando siamo partiti io, lui e Chepal da campo base. A un certo punto ci ha comunicato la sua decisione di tornare indietro. Io, nella sua stessa posizione, penso che avrei chiesto aiuto agli altri membri del team, per essere supportato in discesa lungo il ghiacciaio. Invece Simone ci ha detto di continuare. Non è da tutti. Abbiamo anche provato a convincerlo a salire, magari avremmo potuto attendere un giorno nei campi alti, prima di tentare la vetta, così che si potesse riprendere. Ci è mancato in cima.
La vostra è la prima invernale integrale del Manaslu, realizzata iniziando i lavori sulla montagna dopo il solstizio d’inverno. Cosa pensi dell'ascesa dei polacchi realizzata il 12 gennaio 1984, senza ossigeno supplementare?
Ho un grande rispetto per i guerrieri del ghiaccio polacchi. Sono loro ad aver aperto la strada dell’himalaysmo invernale. La loro rimane la prima invernale. Le nostre ascensioni non si possono paragonare, non ha senso. Sono passati quarant’anni, un lasso di tempo in cui l’alpinismo ha visto grandi progressi tecnici nel campo dell’attrezzatura. Impossibile mettere a confronto le due ascensioni.
È troppo presto per dirlo, ma ci sono ancora spedizioni invernali sugli Ottomila nel tuo futuro?
Si, è veramente presto. Ora ho bisogno di riposare.
Intervista di Gian Luca Gasca
Link: www.alextxikon.com, Ferrino