Rottura della puleggia in arrampicata: prevenzione e riabilitazione

La settima puntata di Arrampicata, infortuni, prevenzione a cura dei fisioterapisti Claudia Mario e Luca Lancellotti di Reload Climb: infortuni alla mano, in particolare la rottura delle pulegge.
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Rottura della puleggia in arrampicata: la lesione di una puleggia è il trauma più frequente tra gli arrampicatori adulti e il 26% dei climbers soffre almeno una volta nella vita di una lesione alle pulegge.
Reload / Luca Lancellotti

La lesione di una puleggia è il trauma più frequente tra gli arrampicatori adulti e il 26% dei climbers soffre almeno una volta nella vita di una lesione alle pulegge. Le pulegge sono legamenti che mantengono i lunghi tendini dei muscoli flessori delle dita (responsabili della chiusura della mano) vicino a ossa e articolazioni delle dita stesse. Quando in arrampicata stringiamo una presa, specialmente la presa arcuata ma non solo, le pulegge entrano in tensione per ottimizzare il trasferimento della forza dal ventre muscolare che si trova nell'avambraccio, alla punta delle dita. In questo articolo vi parliamo di lesioni acute, ovvero che avvengono improvvisamente mentre si arrampica, ma le pulegge possono andare incontro anche a sindromi da sovraccarico, di cui vi parleremo prossimamente.

La mano, i tendini, le pulegge
Ciascun dito ha nove pulegge (cinque anulari e 4 cruciformi) e ad ogni puleggia è associato un nome, iniziando dalla A1 vicino al palmo e terminando con A5 a livello dell’ultima falange. Le pulegge che più frequentemente si lesionano nei climbers sono A2, A3, A4. Quando vengono infortunate, il dolore si presenta come fitta netta oppure come un dolore costante, specialmente se tocchiamo le zone indicate dai bolli rossi della foto. Il sintomo insorge improvvisamente, generalmente arcuando una tacca. Molto spesso si sente un "crack" doloroso, ma in alcuni casi il dolore potrebbe peggiorare nelle ore successive e accompagnarsi a gonfiore. 



Lesioni delle pulegge - fattori di rischio
Ci sono diversi fattori di rischio per una lesione della puleggia: insufficiente riscaldamento, eccessiva stanchezza o alcuni errori tecnici che portino a un improvviso aumento di carico sulle dita. Ad esempio, un movimento rapido o dinamico mentre stringiamo al massimo una presa arcuandola, oppure un piede che scivola inaspettatamente mentre stringiamo una piccola tacca. Anche la programmazione dell’allenamento è fondamentale nella prevenzione delle lesioni alle pulegge e incrementare gradualmente il carico di allenamento mitiga il rischio di infortunio, favorendo un graduale (nel caso dei legamenti parliamo di mesi) adattamento dei tessuti. Anche fattori di rischio individuali giocano un ruolo importante. Ad esempio, un alto livello di stress, una scarsa qualità/quantità di sonno, una massa grassa molto bassa oppure alta statura corporea. Quest’ultima infatti comporta anche leve molto lunghe e peso corporeo più alto, perciò richiede un maggior lavoro da parte delle pulegge per mantenere i tendini dei muscoli flessori vicini all’osso.

Se è pur vero che alcuni dei fattori di rischio non si possano modificare (es. fattori individuali come la statura), ci sono però altre cose che potete controllare per diminuire il rischio di farvi male. La presa arcuata è quella che pone maggior carico sulle pulegge e va usata con moderazione, o quantomeno progressivamente allenata. Per iniziare potremmo consigliarvi di cercare di sviluppare una forza equilibrata su tutti i tipi di prese: mano aperta, semiarcuata e arquata. Nello specifico, se vi allenate al trave, prediligete la presa semiarcuata che è in grado di sollecitare le pulegge, perciò progressivamente le rinforza, senza porvi uno stiramento eccessivo (come succede quando arcuiamo la presa). Allo stesso tempo è molto efficace per l’allenamento della muscolatura e non pone troppo stress a livello delle articolazioni delle dita. Non vogliamo consigliarvi di escludere le arcuate, piuttosto la nostra opinione è che non debba essere usata come unica possibilità, specialmente se utilizzate molto il trave. Ovviamente ci sono boulder e movimenti che richiedono di arcuare: provate a darvi una regola! Ad esempio: “cinque tentativi e poi cambio boulder!” Incaponirsi un’intera sessione di allenamento sugli stessi tre passaggi non solo è poco utile dal punto di vista della performance, ma può diventare anche pericoloso.

Scaldatevi sempre accuratamente e progressivamente, e scaldate ogni tipo di presa! Potrebbe essere poco saggio fare qualche giro su manettoni e poi andare diretti al vostro progetto con lancio su microtacca! Per finire fate attenzione ancora una volta alla ripresa del vostro allenamento dopo periodi di sospensione. Nello specifico, anche tornare a fare boulder, trave e Pan Güllich dopo un’estate di vie lunghe trad, dovrebbe richiedere un periodo di ricondizionamento.

Ecografia, fisioterapia
La lesione di una puleggia viene facilmente identificata da un fisioterapista competente in arrampicata (ricordate che queste problematiche non sono presenti in nessun altro sport! Un fisioterapista generico o il medico di base potrebbe far fatica a valutare il vostro problema e darvi il giusto consiglio). A quel punto è necessario confermare il sospetto con un’ecografia che per questi problemi è molto affidabile e poco costosa. L’ecografia è in grado di rilevare "l’effetto bowstringing", ovvero quanto il tendine si discosti dall’osso dando alla pelle del dito la forma della corda tesa di un arco, visibile anche ad occhio nudo nelle lesioni più gravi che interessino più di una puleggia. In base alla misurazione dell’effetto bowstringing, si può capire se la lesione della puleggia è totale o parziale e capire quante pulegge siano coinvolte. Di conseguenza si valuterà se utilizzare un approccio conservativo (solo riabilitazione) o se sia meglio intraprendere la strada chirurgica. Tuttavia, alcuni studi recenti stanno dimostrando l’efficacia dell’utilizzo di un tutore termoplastico per le lesioni più gravi in alternativa alla chirurgia. Entrambi sembrano dare risultati molto soddisfacenti, ma l’evidenza scientifica esistente è ancora piccola. Lo stile di arrampicata moderno, che prevede l’utilizzo di molti volumi e prese svase, ha provocato un aumento delle lesioni della puleggia A4. Questa puleggia viene sollecitata specialmente nella presa a dita stese, contrariamente alle pulegge A2 e A3 che sono maggiormente stressate nella presa arcuata. La singola lesione di A4 tuttavia normalmente non richiede un approccio chirurgico ma è sufficiente una riabilitazione ben calibrata.

Una lesione acuta (improvvisa) della puleggia è a tutti gli effetti una piccola ferita. La guarigione di una ferita è messa in atto immediatamente dal nostro corpo, e progredisce giorno dopo giorno. Sicuramente ciascuno di voi l’ha già sperimentato. Sulla naturale progressione di questo processo vengono strutturate le fasi di riabilitazione, che tengono in considerazione la capacità di carico della puleggia e il dolore percepito. Vi abbiamo già parato di Optimal Loading (trovate qualche informazione sul principio P.OL.I.C.E nell'articolo Lussazione di spalla), ovvero di quanto sia importante, dopo un trauma, decidere quale sia il carico ottimale giorno per giorno: questo è il modo per recuperare al meglio e più velocemente dopo un infortunio. Così, mentre è adeguato osservare il completo riposo per circa due o tre giorni per dare il tempo alla ferita di stabilizzarsi, già dal quarto o quinto giorno, compatibilmente con il dolore, non solo si può, ma si deve iniziare la riabilitazione. I vantaggi di un precoce graduale carico sono ormai noti alla comunità scientifica. Altrettanto chiari sono gli svantaggi di una immobilizzazione prolungata.

Riabilitazione
Il primo obiettivo della riabilitazione è controllare il dolore, stimolare la mobilità e mantenere il livello di fitness generale (fase infiammatoria). Già dopo pochi giorni si possono intraprendere i primi semplici esercizi, il cui scopo è favorire lo scivolamento del tendine all’interno della puleggia per evitare che si formino aderenze e iniziare a dare un minimo stimolo alla puleggia stessa. Questa stimolazione iniziale si è dimostrata fondamentale per guidare il processo di guarigione e limitare il dolore e il gonfiore. Per qualche settimana trave e prese saranno messe da parte, ma potreste sfruttare questo periodo per lavorare sul livello di fitness, oppure per migliorare il condizionamento generale.

Rottura delle pulegge: esercizi di scorrimento tendineo

Rottura delle pulegge: esercizio di scorrimento tendineo, fase avanzata

A partire da una settimana circa dopo il trauma, la fase infiammatoria lascia spazio gradualmente alla fase "proliferativa". Cosa significa? Il corpo inizia il vero e proprio processo di guarigione producendo cellule e vasi sanguigni per riparare il danno. A questo punto bisogna stimolare la cicatrizzazione del sistema puleggia/tendine. La fase proliferativa può durare fino a sei settimane circa. In questo momento la "cicatrice" è debole e deve gradualmente rinforzarsi. Porre il giusto carico ottimizza il processo! Si inizia con esercizi isometrici (la contrazione del muscolo viene fatta contro resistenza, in modo che non si produca movimento a livello delle dita) che stimolino sia la presa semiarcuata che la presa a dita stese. E’ importante che il carico dell’esercizio non scateni dolore. Nel frattempo, si lavora sul rinforzo dei muscoli estensori delle dita e sul condizionamento di tutto l’arto superiore. Buona norma, a questo punto, è valutare la capacità di tutto l’arto superiore e del core (muscolatura addominale e lombare), con lo scopo di individuare eventuali debolezze preesistenti che possano aver contribuito a un sovraccarico delle dita.


Appena il dolore lo consente, si progredisce verso un carico più alto e verso esercizi isotonici (la contrazione del muscolo produce movimento delle dita). Potete quindi intuire che lesioni minori progrediranno più rapidamente. Se il dolore lo consente, è possibile tornare a scalare dopo pochi giorni, osservando alcune regole per mantenere un certo livello di scarico della puleggia: ad esempio scalare con il dito nastrato in modo da non poterlo piegare, oppure allenarsi su svasi. Ovviamente queste decisioni sono delicate e variano da soggetto a soggetto, perciò il nostro consiglio resta sempre di farvi dare qualche buon suggerimento da un professionista preparato. Nella riabilitazione delle pulegge è ottimale usare una cella di carico che è uno strumento in grado di rilevare quanta forza potete sviluppare senza dolore (carico massimale in riabilitazione). La cella di carico permette di programmare con precisione e maggiore efficacia gli esercizi riabilitativi e consente di valutare il miglioramento seduta dopo seduta. Inoltre, permette di confrontare la forza tra i due arti superiori e quindi sapere come prosegue il recupero dopo il trauma.

Dopo circa sei settimane dall’infortunio (ricordate che questi tempi sono linee guida e non un dogma!), il processo di guarigione entra nella fase che viene chiamata "rimodellamento" che dura qualche mese. Gli esercizi pongono progressivamente ancora più carico sulla puleggia e gradualmente si torna al vero e proprio allenamento della forza massimale. A questo punto si ricomincia ad arrampicare, monitorando il dolore. La riabilitazione può essere ulteriormente ottimizzata inserendo con molta cautela e progressione esercizi al Pan Güllich (circa 3 mesi dal trauma), se il vostro livello tecnico lo consente.

Tape - l'utilizzo del nastro per l'arrampicata
L’utilizzo del tape nelle lesioni delle pulegge è abbastanza controverso. Alcuni autori ne rivendicano l’utilità mentre altri hanno screditato la sua efficacia nel supportare l’azione meccanica della puleggia. Nella nostra pratica clinica utilizziamo un po’ di buon senso ed esperienza. Esistono sostanzialmente due opzioni per la nastratura del dito quando si ha una lesione della puleggia. La nastratura dell’articolazione interfalangea prossimale impedisce di flettere il dito a livello dell’articolazione, perciò scarica molto la puleggia ma ci consente solo di arrampicare usando la presa a dita stese. Perciò, la consigliamo in fase acuta, quando la puleggia è stata lesionata da pochissimo ma vogliamo continuare a scalare (es: gara a breve termine, periodo in-season). Ovviamente, questa non si sostituisce alla riabilitazione, ma è solo una protezione per il dito infortunato, utilizzabile momentaneamente durante l’allenamento in palestra o falesia. La seconda nastratura si chiama H-tape ed è decisamente più funzionale perché permette di piegare il dito. La sua utilità non è certa, ma quantomeno per molte persone ha un importante effetto psicologico. Tuttavia, è di certo da preferire al classico anello di tape, il quale non ha nessuna efficacia biomeccanica sulla puleggia. Le foto illustrano entrambe. H-tape si usa spesso anche nelle sindromi da sovraccarico delle pulegge. Ricordate comunque che la nastratura va cambiata spesso perché il tape perde velocemente le sue proprietà resistive (potremmo arbitrariamente consigliarvi almeno ogni mezz’ora). Inoltre, dovete usare un tape anelastico (il classico tape bianco ad esempio) perché il Kinesio Tape elastico è in questo caso totalmente inutile. L’uso del tape non è quindi indispensabile ma noi lo troviamo utile in certi casi.

Come abbiamo detto all’inizio di questo articolo, non sempre la lesione di una puleggia si manifesta con un dolore acuto e improvviso. Spesso le pulegge vanno incontro a sindromi da sovraccarico, perciò il sintomo si manifesterà in maniera progressiva e l’arrampicatore tende ad ignorarlo e sottovalutarlo. Una sindrome da sovraccarico, invece, deve sempre essere interpretata come un campanello d’allarme. Rivolgervi per tempo ad un fisioterapista esperto potrebbe risparmiarvi lesioni più gravi, che richiedono una convalescenza lunga e delicata, per non dire un intervento chirurgico. Affrontare una sindrome da sovraccarico della puleggia non significa smettere di scalare. Piuttosto si rivedrà il programma di allenamento, cambiando abitudini scorrette e programmando esercizi specifici per prevenire il peggioramento della situazione, curando il vero problema e non solo i sintomi.

di Claudia Mario e Luca Lancellotti

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Per approfondimenti: Incidence, Diagnosis, and Management of Injury in Sport Climbing and Bouldering: A Critical Review by Mark I Johnson, Gareth Jones, Volker Schöffl

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Pulegge. Puntata 2 Trattandosi di un trauma acuto, le cause che portino alla lesione di una o più pulegge sono per certi versi simili alle cause della lussazione di spalla di cui vi abbiamo parlato a ottobre. (Puoi leggere i nostri articoli anche su Planet Mountain!). Alcuni fattori di rischio sono un insufficiente riscaldamento, l’eccessiva stanchezza e alcuni errori tecnici che portino a un improvviso aumento di carico sulla puleggia. Ad esempio, un movimento molto rapido o dinamico mentre stringiamo al massimo una presa arcuandola, oppure un piede che scivola inaspettatamente mentre stringiamo una piccola tacca. Anche la programmazione dell’allenamento è fondamentale nella prevenzione delle lesioni alle pulegge. Vi abbiamo già parlato di quanto sia importante conoscere il proprio carico acuto e carico cronico, e programmare l’allenamento senza picchi troppo alti per il proprio livello tecnico e di allenamento. Altri fattori di rischio (individuali) sono un alto livello di stress, una scarsa qualità/quantità di sonno, una massa grassa molto bassa oppure leve davvero lunghe. A proposito di fattori individuali Luca ne sa qualcosa: dall’alto di suoi quasi due metri per il solo 5% di massa grassa (nel suo caso geneticamente fortunato per certi versi, non potete immaginare quanto mangi!), non è di sicuro avvantaggiato per questo tipo di infortuni. E qui arriva la rivincita dei “lunghi” che si sentono sempre dire quanto sia un vantaggio essere alti: …insomma…. Dita lunghe infatti richiedono un maggiore contributo delle pulegge per contenere i tendini dei muscoli flessori. Anatomia e funzionamento delle pulegge si trovano facilmente su Google, ma non esitate a chiederci approfondimenti! Prevenzione? Leggete il prossimo post!

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Note:

RELOAD CLIMB
di Claudia Mario e Luca Lancellotti

- Scienza, fisioterapia e arrampicata
- Infortuni, movimento e performance

Claudia Mario: fisioterapista e alpinista, viaggiatrice instancabile. La sua passione per lo sport è diventato il suo lavoro. Le piace vivere la montagna in tutte le stagioni, con le scarpette o con gli sci ai piedi! Recentemente sta approfondendo le sue conoscenze nell’ambito della performance e dell’allenamento, frequenta un Master in Riabilitazione Sportiva dell’Università di Cardiff.

Luca Lancellotti: fisioterapista e climber appassionato, lavora da dieci anni principalmente con sportivi. Specializzato in terapia manuale, recentemente ha sviluppato la sua formazione nell’ambito dell’allenamento e dello Strength and Conditioning. La sua curiosità lo spinge a ricercare sempre nuove avventure in montagna così come nuovi stimoli professionali. 

INFO
- www.claudiamario.it
- www.studioerre.bs.it

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