Il Big Roof al Monte Cimo in Val d’Adige è di Rolando Larcher e Luca Giupponi

Il doppio report di Rolando Larcher e Luca Giupponi dell'apertura della via di più tiri 'Big Roof' allo Scoglio dei Ciclopi, Monte Cimo (Val d’Adige).
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Rolando Larcher & Luca Giupponi su 'Big Roof' allo Scoglio dei Ciclopi del Monte Cimo in Val d’Adige
Matteo Pavana

La scalata l’ho scoperta nel 1981 e fin dall’inizio ho sempre avuto un’attrazione innata per gli strapiombi, anche se all’epoca ci fossero solo delle placche dove potersi sbucciare le ginocchia. Col tempo i miei occhi hanno imparato a scorgerli, le mie braccia a gestirli ed il mio cuore a goderli. Amo quelle inclinazioni ed il vuoto che le circonda: là trovo motivazione, entusiasmo e gratificazione.

Lo Scoglio dei Ciclopi è l’apoteosi di tutto ciò: l’università dello strapiombo! Il mio unico rammarico è di averlo capito un po’ tardi, ma sono convinto che le cose nella vita spesso accadono al momento giusto.

Lo Scoglio è arrivato a cinquant’anni, un momento perfetto del mio percorso. L’ho scoperto andando a ripetere le bellissime ed impegnative vie dei due Nicola: Sartori e Tondini. Passa e ripassa, finché nel 2015 mi son deciso a lanciarmi dal basso nel suo punto più repulsivo e così è nata Horror Vacui: una via strepitosa, un primato personale raggiunto e un innamoramento totale per questo luogo. Successivamente ho pensato di valorizzarlo come falesia e aiutato da un gruppo di amici volenterosi, in alcune stagioni di lavoro, passione e tanto divertimento, ha preso forma la Falesia dei Ciclopi.

Ogni volta che scendevo a Preabocco per scalare, dal parcheggio osservavo quel tetto pazzesco poco a destra di Horror, finché all’inizio del 2021 ho concepito l’azzardato "Progetto Big Roof". Con Luca Giupponi avevo già condiviso l’esperienza di Horror Vacui, convincerlo a seguirmi nuovamente non è stato difficile.

Dopo diverse aperture realizzate, per trovare la motivazione e l’entusiasmo si deve alzare l’asticella delle incognite: sono quelle che fanno sognare. In questo modo il margine di risultato si assottiglia drasticamente e con l’aggiunta della nostra rigida etica operativa, è sufficiente la mancanza di una sola presa per spegnere il sogno della libera e dover abbandonare il progetto. Tante incertezze, ma se si realizza tante gratificazioni! Fortunatamente anche questa volta abbiamo vinto alla lotteria degli appigli ed increduli abbiamo raggiunto l’uscita.

I dettagli della salita sono descritti molto bene da Luca in questo articolo, io invece vorrei soffermarmi su cosa rappresenta per me. Un sogno bellissimo realizzato, un progetto che ci ha coinvolto e motivato a tal punto, da farci schiacciare l’acceleratore al massimo e dimenticare cosa segna la carta d’identità. Sfacciatamente ho fatto lo gnorri, incaponendomi con gli allenamenti, per riuscire a salire in libera anche il 5° tiro poco congeniale alle mie caratteristiche. Nulla era scontato e grazie a questa via aperta ai tempi supplementari, ho rivissuto una seconda primavera a 56 anni. Scovare questo invisibile filo d’Arianna ci ha reso felici, ancor più l’essere riusciti a liberare tutti i tiri. La ciliegina della rotpunkt integrale l’abbiamo sfiorata, ma forse sarebbe stato chiedere troppo.

Pochi mesi dopo aver concluso il progetto, ho subito un grave infortunio. Dopo la convalescenza ho ripreso la scalata, ma già sapevo che quel fortunoso apice, ben difficilmente l’avrei raggiunto ancora.

Big Roof ci ha regalato tanta soddisfazione ed appagamento e alla luce degli eventi il suo valore per me si è triplicato, diventando uno spartiacque della mia attività, con un prima ed un dopo.

La ruota gira, il tempo passa e l’accetto con grande serenità, è solo una questione di consapevolezza, di sé stessi e di ciò che si è riusciti a fare, che aiuta ad apprezzare e godere tutto in modo migliore.

Ringrazio Gippo per l’amicizia e la fiducia, Matteo Pavana per il servizio fotografico ed i miei sponsor per il supporto.

di Rolando Larcher


LOCKDOWN ALLO SCOGLIO DEI CICLOPI di Luca Giupponi
All’inizio del 2021 Rolando mi propose di tentare una nuova linea sul Monte Cimo, nel settore Scoglio dei Ciclopi. Conoscendo il suo saper vedere linee nuove, accettai subito questo nuovo progetto.

Verso la fine di febbraio, appena si allentarono le norme restrittive per il covid, iniziammo la nostra avventura. Arrivati al parcheggio di Preabocco, rimasi assai perplesso osservando la linea della via e l’enorme tetto da superare... La sfida era notevole e affascinante, ma confidando nella nota qualità della roccia, nel nostro efficace stile d’apertura e nel consueto ottimismo, partimmo euforici!

Come primo tiro scegliemmo quello più logico della Falesia dei Ciclopi: Spettro del Passato 7c+ 40m. Questo è il primo tiro di una via artificiale aperta in solitaria da Sergio Coltri, successivamente liberato da Andrea Simonini.

Alla prima sosta Spettro devia a sinistra, noi andiamo dritti puntando al tetto. Rolando apre un bellissimo tiro di 40m di 8a, io una placca di 6c e finalmente siamo sotto a "big roof ". Minaccioso ci sbarra la strada, ma oramai siamo troppo gasati per farci intimorire e non vediamo l’ora di metterci le mani!

L’unica possibilità di passare in libera è una traversata verso sinistra, seguendo la parete molto strapiombante finché chiude e si appoggia al tetto. Parte Rolando, trova gli appigli per avanzare, ma ogni metro è una conquista. Velocemente si allontana sempre più dalla comoda placca, rimanendo praticamente alla mia altezza. Solo nel finale sale un po' di metri, per poi traversare ancora a sinistra e appena la parete perde un po' d’inclinazione piazza la sosta. Prima di raggiungerlo, accompagno il pendolo del bidone di recupero con la corda; solo dopo diversi metri si mette in verticale sotto Rolly…

Da questa sosta si accede ad un'altra dimensione: si aprono le porte del vuoto. Ci troviamo appesi tutti e due in sosta con il bidone, le statiche, il trapano e le corde. La parete sembra ti caschi addosso. Per migliorare la sensazione di "giro d’aria ", un bel vento freddo alza le corde orizzontalmente. Per fortuna abbiamo portato un seggiolino che allenta la sofferenza delle lunghe ore d’attesa in sosta.

Provo ad alzare lo sguardo, ma capisco che è meglio stringere la visuale e ragionare da appiglio al prossimo appiglio; questo sarà probabilmente il tratto chiave della salita. Resto parecchie ore sul tiro, sfinendomi di boulder e di vuoto. Alla fine della giornata intravedo un po’ di luce; poco sopra sembra ci sia un altro leggero cambio di pendenza, forse buono per la sosta. Ma per oggi ho veramente finito l’energia, consumata anche dal vuoto e dal freddo che ci avvolge. In qualche maniera ritorno in sosta, Rolando è rigido come una statua di marmo, ma contento.

Arriva il buio, accendiamo le nostre frontali e tranquillamente iniziamo a sistemare tutto il materiale, in modo da trovarlo pronto e ordinato per la prossima volta. Dopo di che giù veloci sulla corda statica inghiottiti dall’oscurità.

Improvvisamente notiamo un lampeggiante fermo sulla statale e dei fari puntati verso la parete. Capiamo subito che c’è qualcosa di strano… Sicuramente non è per un incidente stradale, non c’è in giro nessuno. Noi intanto proseguiamo con le nostre calate e alla base sentiamo delle voci. Arrivati in paese troviamo ad attenderci due agenti della polizia municipale, che ci danno il benvenuto chiedendoci bruscamente il perché siamo in giro a queste ore!

Ci dicono che l’allarme è partito da un’automobilista in autostrada, preoccupato per le nostre frontali in parete… Tentiamo di dare delle spiegazioni, dicendo che stiamo bene e che solitamente gli alpinisti girano anche la notte, ma scocciati ci consigliano di desistere con questa attività e ci salutano lamentandosi per l’extra lavoro. Finalmente saliamo in macchina, per oggi basta così, ora vogliamo solo arrivare a casa, mangiare, riposare e scaldarci le ossa.

Dopo circa una settimana torniamo sperando di finire la via. Riscaldamento con una lunga jumarata e poi parto per finire il tiro. Immaginavo di aver preso l’abitudine a questo vuoto, ma bastano pochi movimenti per sentirmi come un pezzo di legno risucchiato verso il baratro. Nonostante tutto riesco a proseguire e nell’unico cambio pendenza faccio sosta, sempre appesi come due pipistrelli…

Sopra ancora un strapiombo, poi sembra che si raddrizzi. Con tre decisi bloccaggi Rolando raggiunge un diedro fessurato, qualche friend e poi non lo vedo più. Ogni tanto sento il sibilo di qualche bel sasso, poi terra e rami; segnale che è vicino all’uscita. Le corde scorrono ancora un po', poi sale il cordino del trapano e ora probabilmente sta attrezzando la sosta! Infine recupera le corde, la statica e mollo il bidone nell’aria...

Al suo fischio parto anch’io e in breve lo raggiungo in cima per godere questo magico momento di soddisfazione. Anche questa volta abbiamo trovato gli appigli per unire la base alla cima; cosa mai scontata, questa in particolar modo. Una linea super estetica, super logica ed essenziale: un grande privilegio per la nostra cordata e per la nostra etica di apertura. Siamo felicissimi, orgogliosi e soprattutto grati alla natura, che continua a regalarci grandi emozioni.

Calandoci pensiamo già al prossimo problema, liberarla. Durante la primavera ritorniamo alcune volte, riuscendo a liberare tutti i singoli tiri e sfiorando per un nonnulla la libera integrale. Chissà se troveremo l’energia e la fortuna di tentarla ancora… Male che vada ci penseranno le nuove e più fresche generazioni!

Infine un'altra bella giornata la passiamo con il nostro amico fotografo Matteo Pavana, che tra una risata e l’altra ci scatta delle gran foto! Grazie Matteo!

di Luca Giupponi

Rolando ringrazia: La Sportiva, Montura, Petzl, Totem Cam
Luca ringrazia: La Sportiva e Mammut

SCHEDA: Big Roof, Monte Cimo, Val d'Adige




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