Alex Txikon, il tentativo invernale al Manaslu e il suo alpinismo
Alex Txikon è tornato dal tentativo invernale al Manaslu. Insieme a Inaki Alvarez e a quattro sherpa, si è fermato a 7050m. Poi il meteo, i venti fortissimi, hanno detto di no. Così la spedizione, di cui faceva parte anche Simone Moro, suo amico e compagno al Nanga Parbat, è tornata senza vetta.
Potrebbe sembrare una "non storia". In realtà per questi alpinisti che hanno scelto l'Himalaya d'inverno, ogni storia, anzi ogni salita, fa parte di un racconto iniziato molto prima. È un lungo cammino quello che li accomuna e che dà anche senso al tutto.
Alex è conosciuto come un tipo tosto. Un alpinista di quelli che non mollano. Insomma, sarà che è un basco. Ma anche, e forse ancor più, che è l'ultimo di 13 fratelli, lui è uno che sa soffrire. Che sa puntare ad un obiettivo e che non si demoralizza facilmente. Inoltre, ha una passione smisurata per l'alpinismo e l'arrampicata (fino all'8a) sbocciata fin da bambino.
Va da sé che queste caratteristiche, che uniscono passione e capacità di soffrire, ne facciano uno dei più forti alpinisti himalayani in circolazione. Uno che sta bene solo se è in spedizione o, negli altri periodi, se può pensare e preparare il suo prossimo progetto su una delle montagne più alte del mondo. D'altra parte per lui parlano la prima invernale al Nanga Parbat (nel 2016 con Muhammad Ali Sadpara e appunto Simone Moro) e altri 11 Ottomila saliti. Il primo, il Broad Peak, è arrivato nel 2003, quando aveva 21 anni. Poi in stretta successione si sono aggiunti il Makalu e Cho Oyo (2004), Shisha Pangma (2007 e 2010), Dhaulagiri (2008), Manaslu (2009), Annapurna (2010), Gasherbrum I e II (2011) e Lhotse (2013).
Chiaro che il "botto", quello che l'ha consacrato alla storia, è quello della prima invernale del Nanga. Ma nulla arriva per caso. Così anche la dimensione invernale per Alex era cominciata ben prima. Lui ama ripetere che essendo nato sul finire dell'inverno 1981 qualcosa era già scritto. Noi pensiamo che l'innamoramento, o meglio la predisposizione a una certa dose di sofferenza, sia maturata e cresciuta man mano. A cominciare da quel tentativo invernale al Gasherbrum I nel 2011. Subito seguito l'anno dopo da un altro tentativo sul fratello Gasherbrum II, dove perse tre compagni di spedizione.
Poi arrivarono le prime invernali del Gasherbrum South (7.109m), del Laila Peak (6.096 m) e quella storica del Nanga Parbat. Seguite dalla seconda invernale del Pumori (7161 m) e dall'invernale dell'Ama Dablam (6.812 m). Ma soprattutto dai 3 tentativi, nel 2017, 2018 e 2020, sempre rigorosamente in inverno, all'Everest e a quello al K2 nel 2019. Come dire che Txikon, nei 4 anni successivi al successo al Nanga, ha puntato altissimo anche come "sofferenza" e "resistenza". Un quadriennio terribile di tentativi e di invernali (assolutamente estreme e oltre i limiti) non andate a buon fine.
Ecco, ancora una volta è da qui che bisogna partire, dalle non vette, per cercare di comprendere un po' questo alpinismo e questi alpinisti. Quella loro capacità di perseverare verso un sogno tutto loro per nulla facile anzi spesso anche doloroso. Così, se ci pensiamo bene, forse riusciamo anche a capire meglio quello che Txikon racconta del suo Manaslu d'inverno. La sua capacità di resistere alle condizioni impossibili (e all'isolamento) dell'inverno himalayano. Per lui, racconta, in realtà tutto "È facile, grazie alla passione e alla motivazione che ci anima. Poi, se dobbiamo pensare a tutto quello che è accaduto in questa stagione, ai cinque morti sul K2... Noi, dopo la scomparsa di Sergi Mingote siamo tornati al campo base, per rispetto. Nonostante fossimo su un’altra montagna non è stato facile vivere quei momenti."
Come, anche se non lo dà a vedere, sicuramente è stato oltremodo difficile superare di lì a pochi giorni sempre sul K2 anche la scomparsa di Ali Sadpara. E pensare che il fortissimo alpinista pachistano 5 anni anni prima, proprio in quei giorni, era in vetta al Nanga Parbat insieme a lui. "È stato un anniversario triste senza Ali." dice Alex. E poi "Ho sperato per lui, Juan Pablo Mohr e John Snorri". Gli altri due dispersi per sempre quest’inverno sul K2.
Anche questo raccontano queste spedizioni. Anche questo è il mondo dell'Himalaya. Ritornerà Alex Txikon? Ci saranno ancora invernali per lui? "Penso di sì, ma vedremo più avanti." risponde "Non è facile realizzare questi progetti, perché giustamente quando parti sei motivato e vuoi andare in vetta, cosa che non arriva dal 2016. Io ho imparato a trovare un traguardo più importante oltre alla cima. La gioia, l’amicizia, andare e tornare insieme. Quest’anno al Manaslu mi sarebbe piaciuto allungare la permanenza a marzo, abbiamo provato a chiedere l’estensione dei permessi ma questo avrebbe comportato molti costi aggiuntivi. Alla fine abbiamo deciso di lasciar perdere, ma è comunque stata una grande esperienza."
di Vinicio Stefanello
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