Sciatori di Montagna di Giorgio Daidola
La cosa più evidente che rimane su un pendio nevoso dopo il passaggio degli sciatori, sono sicuramente le loro tracce. Tracce che identificano ogni singolo sciatore in maniera univoca, generate e vincolate alla sensibilità di ognuno, alla sua capacità tecnica, all’attrezzatura disponibile, persino alla voglia e allo stato d’animo vissuti nel momento in cui quel pendio veniva tracciato. Segni sulla neve che descrivono l’itinerario seguito in discesa ma ancor più in salita, parte che spesso viene purtroppo liquidata solo come pratica da sbrigare per accedere al ludismo dello scivolare verso il basso: parte che invece riesce a raccontare forse in maniera maggiore l’identità segreta dello sciatore.
Così, visto che sui monti innevati capita frequentemente di seguire le tracce di chi ci ha preceduto, facendo scivolare i nostri sci su quei segni già tracciati, non ci accodiamo quindi solo a un itinerario percorso in precedenza, ma entriamo in sintonia con chi prima di noi lo ha percorso. Seguiamo le sue emozioni, il suo percepire il territorio, il suo capire ed entrare fra le pieghe delle montagne, penetrando in questo territorio innevato avvalendoci della chiave d’interpretazione che altri prima di noi hanno dato.
Una chiave che dischiudere una porta, ne spalanca invece molteplici. Perché la caduta dei fiocchi non modifica il terreno una volta per tutte, ma nuove varianti sono aggiunte a ogni nuova nevicata, a ogni giorno che passa, a ogni folata di vento, a ogni raggio di sole che toccherà la superficie bianca. Così anche intraprendere un itinerario già percorso non è mai seguire pedissequamente tracce altrui, immedesimarsi in chi è già stato lì, in chi ha immaginato quel percorso per primo, in chi ha calcato materialmente con i suoi sci quella neve. E’ dare una propria lettura a un territorio e a quelle modifiche, sempre differenti, che ogni precipitazione nevosa porta con sé.
Giorgio Daidola ha lasciato sulle montagne innevate di tutto il mondo innumerevoli tracce. Non poteva essere altrimenti per una vita spesa cercando sempre nuovi obiettivi da salire, scendere e attraversare con gli sci: un’esistenza essa stessa elogio dello sci errante e dell’andare per le montagne nella loro veste invernale. Un cammino senza fine verrebbe da dire, iniziato dalla più tenera età e ancora lontano, nonostante gli anni passati, dall’essere concluso.
Nei suoi scritti Giorgio Daidola ha raccontato emozioni e vicende di queste che, a tutti gli effetti, sono state spesso vere imprese, facendo sempre riferimento a quella traccia sospesa nel tempo che lo collegava a quanti considera riferimenti precisi e ispirazione. Spesso si era trattato di citazioni, altre volte di precise ricerche storiche intorno a singoli personaggi, finché ha iniziato a raccontare in modo continuo le vite di quanti riteneva maggiormente rappresentativi del vivere sci ai piedi l’esplorazione delle montagne. Un’occasione che è nata curando una serie di articoli per la rivista Skialper. Articoli che successivamente, ampliati e in parte riscritti, sono confluiti insieme ad altri ritratti inediti nel volume “Sciatori di montagna”, pubblicato dalla casa editrice Mulatero.
I dodici personaggi di cui Giorgio Daidola racconta le vite e le azioni - Paulcke, Kurz, Lunn, Preuss, Mezzalama, Zwingelstein, Ghiglione, Castiglioni, Traynard, Gobbi, Holzer, Parmentier - sono sicuramente stati la base su cui ha costruito il suo modo di andare fra le montagne con gli sci ai piedi. Sicuramente, spesso in maniera conscia ma altrettanto spesso in maniera inconscia – che le idee a volte camminano da sole – lo sono stati per la totalità di quanti amano lo sci d’avventura ed esplorazione.
Così è bene scoprire quanto quelle tracce lasciate da un paio di sci sulla neve, non siano così evanescenti come verrebbe da pensare: non basta un sole caldo, un vento forte, una nuova nevicata a cancellarle. Sono invece oramai indelebili, fatte proprie in quest’attività in cui il divertimento di una discesa fra ali di nevi riesce a vivere si fonde con la contemplazione del mondo invernale delle montagne. Alcune volte queste tracce non sono palesi, spesso sono nascoste da quel castello di sovrastrutture che la società odierna riesce a far arrivare persino sui lontani pendii innevati. Eppure ci accompagnano sempre, volenti o nolenti, in qualunque nostra escursione sugli sci.
Leggere di queste storie, leggere di queste vite che Giorgio Daidola ha saputo riportare in maniera fresca fra noi, assume in qualche modo il forte valore di una pacificazione. Come una stretta di mano stesa fra passato, presente e persino futuro. Perché, alla fine, la neve caduta non modifica la montagna ma offre una superficie su cui scrivere la nostra storia.
di Alberto Sciamplicotti
Link: mulatero.it