Sulle montagne della Grecia alla ricerca degli antichi Dei
Con il bastoncino premo lo sblocco degli attacchi e libero i miei scarponi. Guardo in basso la traccia degli sci che risale lungo la larga cresta che conduce fin qui, in vetta allo Skala. La neve negli ultimi centocinquanta metri di dislivello è stata dura e ventata. Non un gran piacere da salire e probabilmente non lo sarà nemmeno in discesa. Più sotto invece, sono sicuro che i sastrughi lasceranno il post al più bel firn primaverile che si possa immaginare, un manto che regalerà ai nostri sci curve memorabili. Quando infine alzo lo sguardo, lo faccio lentamente, quasi con timore.
La vetta vera di questa montagna è poco oltre, più alta di soli 7 metri. Per raggiungerla occorrerebbe però scendere a un colletto e risalire arrampicando sulle rocce scoperte della cresta. Ma non questo ciò che voglio. Preferisco sedermi qui, fra la neve, e osservare quella parete dall’aspetto dolomitico, quella pala di pietra che sale verticale e su cui il grande pioniere dell’alpinismo dolomitico Emilio Comici tracciò, negli anni ’30 del secolo scorso, una via di arrampicata che dal centro sale diretta fino in vetta, fin sulle rocce sommitali dell’Olimpo.
Così rimango in silenzio, lo sguardo fisso su quel calcare eppure, per quanti sforzi faccia, non riesco comunque a scorgere il figlio di Crono e Rea, il Sovrano degli Dei, il lanciatore di fulmini, il seduttore di dee, ninfe e mortali, l’immortale Zeus. Non riesco nemmeno a vedere qualcuno degli altri, né Era, né Afrodite, Ares, Atena oppure Hermes. Eppure sono sicuro che il loro spirito viva ancora fra quelle rocce.
Il peso che hanno avuto nella storia degli uomini e delle donne europei è così grande che non è possibile pensare a questa montagna e a queste terre senza andare con il pensiero all’aura di mitologia di cui sono pervasi. Per questo, anche se sono salito e poi sceso con gli sci da montagne più alte o più difficili di questa, il sentimento che fa tremare ora la mia anima è fra i più forti che ho mai vissuto. E’ un’emozione che arriva da un passato che precede di millenni la mia nascita, ma che è ancora potente così come lo era quando viveva nelle parole che uscivano dalla bocca di Omero. Qui è nato quello che oggi siamo, qui sono le basi della nostra cultura e del nostro modo di vivere. Qui le basi della nostra convivenza civile e democratica. Non è possibile che tutta questa eredità non abbia lasciato un segno anche su queste rocce.
Guardo ancora verso la cima dell’Olimpo, ma la mia fantasia non prende proprio corpo. Le rocce continuano a essere deserte. Solo un gracchio dispiega le sue ali dalla vetta del Mitikos. Con rapidi battiti d’ali s’innalza, rimane un attimo sulla verticale del monte e scompare poi verso il golfo di Salonicco. Chissà, penso con un sorriso, magari poteva essere proprio Zeus in una dei suoi tanti travestimenti. Scollo le pelli e aggancio gli sci, stringo gli scarponi e con i miei amici inizio la discesa. E’ l’ultimo giorno di questa piccola avventura. Già domani un volo aereo, con poche ore, ci ricondurrà verso casa. Un viaggio non-viaggio quello del ritorno. Perché anche se ci condurrà verso affetti e amori, sarà anche un viaggio verso le certezze e le sicurezze proprie della vita di tutti i giorni. Il viaggio invece, il vero viaggio, è per prima cosa il confronto dell’uomo con sé stesso e con i dubbi che la strada gli mette davanti. Solo in quest’ottica anche il ritorno riesce ad avere un senso: non è più la fine dell’esperienza, ma un momento di un percorso circolare, un ritorno alle origini, dove tutto ebbe inizio e dove la storia del viaggio stesso può essere metabolizzata e raccontata.
Vivere questo proprio qui, in terra di Grecia, dove nacque il prototipo di tutte le narrazioni di viaggio, la vicenda dell’eroe omerico Ulisse, è stato come tessere un raccordo con quella storia lontana e con tutta la mitologia degli Dei dell'antica Ellas. Attraversando l'Epiro e salendo tre dei suoi gruppi montuosi, con una neve forse non abbondante ma incredibile per qualità, un firn stupendo, una granita su cui lasciar scivolare gli assi con un piacere ineguagliato, abbiamo incontrato altri sciatori e scoperto che anche in Grecia esistono gli scialpinisti, un numero ristretto forse, ma dalle grandi capacità e con una voglia simile alla nostra di godere dell'ambiente innevato delle montagne.
Il massiccio del Timfi, quello dello Smolikas, quello del Lakmos, lo stesso Monte Olimpo, sono state mete che hanno permesso di vivere un’esperienza in luoghi selvaggi, dove è normale imbattersi durante le escursioni nelle tracce dell’orso e del lupo e di scivolare senza tracce da seguire. Posti in cui il tempo scorre più lentamente rispetto a quanto avviene sulle montagne di casa. Perché la Grecia ha sempre esercitato su di me anche questa ulteriore magia: ogni volta che l’ho visitata ho avuto l’impressione di tornare indietro agli anni della mia infanzia, a quell’Italia dell’inizio degli anni sessanta, un po’ provinciale forse ma con ancora forti e potenti radici piantate nel suo passato. Sarà che ho sempre evitato i luoghi in cui il viaggio perde le sue vere caratteristiche per divenire esclusivamente turismo cercando di favorire esperienze più semplici e più vere.
Forse per questo l’unica maniera di concludere degnamente il nostro vagabondaggio è stato quello di lasciar scivolare i nostri sci sulle nevi del massiccio dell’Olimpo. E’ stato come chiudere un altro cerchio, tracciare un itinerario all’interno del viaggio stesso verso le sue emozioni più profonde. Nei giorni precedenti questa ascensione, eravamo stati sul Monte Goura dove siamo saliti e scesi con un folto gruppo di scialpinisti greci in quello che, da quel che sappiamo, è uno dei rari eventi dedicati a quest’attività in Grecia: il Timfi Dressed in White, raduno di appassionati giunto alla sua terza edizione. Qui abbiamo incontrato con Constantine Papanicolaou, un fotografo e videomaker californiano di origini elleniche che ha girato, montato e prodotto il primo film greco dedicato allo sci. Un lavoro stupendo e pieno di quelle speciali emozioni che solo la vera passione riesce a far vivere.
Nel gruppo dello Smolikas la nostra meta è stata poi il Monte Skolia, con un itinerario che si era snodato fra giganteschi pini loricati e che aveva obbligato a rincollare le pelli sotto gli sci per risalire e godere con una seconda discesa di nuovo della bellezza del luogo e della qualità speciale del firn che ne ricopriva i versanti. Da Metsovo la salita al Lakmos è stata segnata dal regalo di una valle glaciale solitaria e con panorami che non hanno nulla da invidiare a quelli che si ammirano nei gruppi montuosi più blasonati delle Alpi. La sera per giunta avevamo avuto la fortuna di godere delle danze e dei canti tradizionali dell’etnia arumena, una popolazione greca che si pensa discenda direttamente dalle truppe dacio romane unite ai coloni romani. Poi ora, infine, prima del ritorno verso casa, la vetta dello Skala nel gruppo dell’Olimpo. Onde di granita fine si sollevano dagli spigoli e dalle code degli sci. Questa neve trasformata, la vera neve di primavera, ci regala una discesa serena, veloce e divertente sotto un cielo terso e con un sole che dona un tepore e che arriva a raccontare del mare del vicino Golfo di Salonicco. Scivoliamo felici in questa piccola avventura che si sta per concludere, piegando ginocchia e caviglie a ogni curva e nel far questo, nella mente, un ritmo di danza si unisce al battito del cuore seguendo una cadenza che somiglia incredibilmente a quella di un sirtaki.
Un'esperienza non è nulla se non è condivisa con i giusti compagni. Grazie ad Alberto, Betta, Cipo e Giorgio
di Alberto Sciamplicotti
Grazie per il supporto a Rrtrek, K2 Skis, SCARPA, Makalu Sport, 22 Designs, Skiss skiss