Patagonia il grande sogno di Ermanno Salvaterra
C’è qualcosa in comune tra gli alpinisti. E’ quella passione, che spesso fa rima con ossessione, che li tormenta e, insieme, li fa felici. Verrebbe da dire che l’alpinista è come il lupo e il suo pelo - con tutto il rispetto sia per il lupo sia per il pelo, naturalmente. Perché un lupo e un alpinista che si rispettino non perderanno mai la loro natura. Non dimenticheranno mai ciò che li ha fatti diventare ciò che sono. Che poi (forse) è proprio quello che da sempre vogliono essere. E’ così anche per Ermanno Salvaterra che in questo libro, per parole e immagini, racconta la sua storia con il Cerro Torre, quella "montagna impossibile e bellissima" di cui, da quasi quarant’anni, non può fare a meno.
"Tra il Cerro Torre e le sue sorelle ho passato in parete oltre centotrenta notti" racconta Salvaterra. Il che equivale ad altrettante notti appeso e sballottato tra vento e tempeste (letteralmente) da fine del mondo. Per non parlare delle altre notti trascorse davanti al fuoco al Campo Maestri o al Bridwell. Appunto, la sua è la storia di un’ossessione che, per lui, si può ben dire magnifica, visto che a 66 anni suonati continua ancora. E visto che proprio questa infatuazione l’ha fatto diventare un grande alpinista ma anche crescere come persona.
Salvaterra che - come giustamente scrive Reinhold Messner nella sua prefazione - è molto di più dell’uomo del Torre, ci racconta tutto questo attraverso le sue imperdibili avventure vissute su questa incredibile montagna, simbolo dell’alpinismo e della bellezza della natura selvaggia. Lo fa andando subito al dunque, senza tanti giri di parole, come richiede l’azione. La montagna, sembra dire Salvaterra, è montagna, il vento è vento e ciò che succede (ed è successo) è semplicemente ciò che accade quando la si affronta.
E’ così che assistiamo, anzi "partecipiamo" al suo primo incontro con il Torre, nel lontano 1982. Con lui c’è Elio Orlandi (altro grande "patagonico" trentino). Per loro tutto è sconosciuto, tutto è da scoprire. Poi, all’epoca, c’era un altro mondo rispetto ad ora, anche e soprattutto laggiù alla fine del mondo. Insieme, in quel viaggio di iniziazione, impareranno che nulla è scontato quando si tenta la salita del Torre e delle montagne patagoniche. Di più, conosceranno la bellezza primordiale delle terre selvagge. Per Ermanno è un vero e proprio colpo di fulmine: da allora non smetterà più di sognare e di raggiungere il Torre e la Patagonia.
Nel 1983, con Maurizio Giarolli, arriva la sua prima salita al Torre. E subito dopo, con Elio Orlandi che li ha raggiunti, salgono in vetta a due delle "sorelle" del Torre: l’Aguja Guillaumet e l’Aguja Pointcenot, oltre che al suo grande e famoso vicino: il Fitz Roy. Poi, nel 1985, ecco la prima salita invernale della montagna. Un’impresa grande e indimenticabile, vissuta con Giarolli, Andrea Sarchi e Paolo Caruso. Quindi le visioni e i grandi viaggi. Arriva la prima salita sulla parete Sud. Quella sulla parete Est. E anche quella sulle tracce della via di Maestri e Egger, insieme ad Alessandro Beltrami e Rolo Garibotti.
In "Patagonia il grande sogno" Ermanno Salvaterra fa rivivere, ad alpinisti e non, quelle grandi avventure e quei panorami di guglie e tempeste, di ghiaccio e roccia come fosse sempre la sua prima volta. Una prima volta che rivivono anche i lettori, trasportati in un mondo che sembra fantastico e terribile, bellissimo e irraggiungibile. Ma pur sempre assolutamente irresistibile, come tutte le scalate, le avventure e i viaggi che, per inseguire un sogno, arrivano fino alla fine del mondo.
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