Marcello Bombardi: a Chamonix un sogno diventa realtà

Intervista al climber Marcello Bombardi dopo la sua prima vittoria di una tappa della Coppa del Mondo di arrampicata Lead, a Chamonix lo scorso 13 luglio 2017.
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Marcello Bombardi vince a Chamonix
Sytse van Slooten

Giovedì scorso Marcello Bombardi ce l'ha fatta: ha vinto per la prima volta una tappa della Coppa del Mondo Lead. Due giorni di arrampicata assolutamente perfetta hanno permesso al 23enne non solo di centrare la sua prima finale ma poi anche di salire sul gradino più alto del podio davanti al folto pubblico di Chamonix in Francia.

Marcello complimenti. Scusaci la domanda scontata ma: è un sogno che ti si avvera?
Già solo entrare in finale e scalare giovedì sera davanti al pubblico di Chamonix era un sogno che si avverava. Poi è arrivato il top su una via di finale di Coppa del Mondo che ha aggiunto ancora più emozione anche sapendo che la via era facile, infine la vittoria e l’inno italiano… Ci ho messo un po’ a realizzare quello che era successo.

Parlaci della gara allora. Insomma, già con tantissimi top nelle qualifiche la semifinale dev’essere stata complicata, no?
Sì, le vie di qualifica erano molto facili e dovevi fare due top per essere sicuro di passare il turno. La semifinale invece era più dura già da subito e con qualche sezione molto intensa che ha fatto da filtro facendo cadere anche alcuni dei concorrenti più forti come Sebastian Halenke e Domen Skofic. Io sono riuscito a scalare veloce e deciso, ho azzeccato i giusti metodi per superare quelle sezioni e sono arrivato in alto dove mi ha fermato un ennesimo passo molto duro a centrare un buco.

Poi sei entrato in finale. Per la cronaca, la tua prima nella Coppa del Mondo…
Appena sono caduto in semifinale ho capito dallo speaker che ero in testa alla classifica provvisoria, ero già contento perché significava che alla peggio sarei finito 15° ed era già un buon risultato per me in Coppa del Mondo. Allo stesso tempo sapevo però di essere andato molto bene e quindi speravo di guadagnare altre posizioni. Poi i concorrenti che uscivano dopo di me continuavano a cadere più bassi e ho iniziato a fare il conto alla rovescia e sperare di entrare nei primi 8. Alla fine sono caduti tutti sotto o come me, tranne Stefano Ghisolfi, e mi sono qualificato per la mia prima finale di Coppa del Mondo… È stata una grande emozione sapere che avrei scalato di nuovo il giorno seguente nella piazza principale di Chamonix con ancora più pubblico e show.

Come ti sei sentito in isolamento di uscire? E quando hai finalmente iniziato a salire?
Ero semplicemente entusiasta e gasato per l’atmosfera della situazione. C’era un solo passaggio all’inizio della via che mi preoccupava, non centrare bene la presa a forma di vulcano del lancio iniziale, cosa che poi non si è rivelata così difficile. Per il resto sapevo di stare bene ed essere in forma, non ero agitato o teso, ero concentrato a scalare bene come in semifinale e volevo andare forte! Una volta che ho iniziato a salire sono riuscito a staccare la testa da ogni pensiero e pensare solo alla scalata che per me è la cosa migliore per dare il massimo.

Sotto il top, per prendere la penultima presa, hai fatto un piccolo miracolo…
Per andare alla penultima presa bisognava fare un piccolo dinamico alla tacca montata sopra il volume, non si vedeva bene e quindi non sapevo quanto fosse buona. Una volta in posizione non ho avuto tempo di pensare molto, ero semplicemente esaltato perché ero quasi al top ed ero carico per arrivare in catena. Ho lanciato sperando di avere ancora abbastanza stimolo per riuscire a fermare la tacca e così è stato. Mi è arrivata subito una scarica di adrenalina ed eccitazione che poi ci ha messo un bel po’ a passarmi.

Allora quando hai capito di aver vinto?
Non credevo di vincere fino all’ultimo momento, ero ancora su di giri dalla salita che avevo fatto e già solo sapere che potevo arrivare sul podio mi mandava fuori di testa. L’ultimo concorrente a salire era Stefano Ghisolfi, è veramente in forma quest’anno e sapevo che se non avesse fatto errori avrebbe fatto top anche lui e mi sarebbe stato davanti per il punteggio della semifinale.

Hai anche fatto il tifo per tuo compagno di squadra. È un atteggiamento da vero sportivo e grande amico, ma anche una cosa che sembra bellissima dell’arrampicata…
Sì, speravo molto di vedere Ste chiudere la via e vincere la tappa, io sarei stato già più che contento con un secondo posto. Fare doppietta italiana sul podio di Chamonix sarebbe stato esaltante! Purtroppo ha commesso un errore ed è caduto sull’ultima sezione della via ma la stagione è ancora lunga ed è molto in forma, sono sicuro che avrà modo di rifarsi.

Questo risultato arriva da lontano. Ci racconti un po’ le cose che sono state importante per arrivare a questo traguardo? Quanto conta la preparazione fisica, ma anche quella mentale?
Beh intanto un grande risultato si raccoglie solo con una buona preparazione e grande dedizione. Per me è importante concentrarmi a fondo su un obiettivo se voglio ottenerlo e cercare di curare ogni dettaglio della preparazione. Devo sicuramente ringraziare il mio allenatore Roberto Bagnoli, e se da due anni ad oggi ho fatto un grande salto di qualità non è solo grazie alla mia dedizione ma anche alle sue schede di allenamento e alla precisione con cui ce le prepara. La preparazione fisica è ovviamente la base di ogni prestazione sportiva, le fondamenta, poi ci devi costruire sopra tutto il resto come tecnica, rapidità di salita, capacità di leggere la via, preparazione a gestire mentalmente le situazioni difficili… Penso di essere migliorato molto anche su tutti questi aspetti!

E che ci dici dell’alimentazione e di altri fattori come il recupero, il sonno ecc?
Non seguo una dieta precisa, cerco solo di mangiare sano e bilanciato. Il riposo invece penso che conti molto, da quest’anno ho capito veramente che arrivare riposati alla seduta di allenamento successiva certe volte non vuol dire banalmente che ti stai allenando poco ma che stai lavorando meglio e questo ti permette di trarre più benefici da ogni singolo esercizio. Inoltre a settembre dell’anno scorso ho lasciato gli studi universitari per dedicarmi al 100% alla scalata, cosa che non sarebbe stata possibile senza il supporto del Centro Sportivo Esercito, e questo mi ha permesso di avere più tempo libero per dedicarmi meglio alla preparazione di inizio anno. Un altro fattore importante penso che sia confrontarsi sempre e ascoltare i consigli di altre persone che ti vedono scalare. Spesso possono aiutarti molto a correggere dei dettagli che poi fanno la differenza.

Fai parte della nazionale italiana, che sta vivendo un bel momento. Quanto conta sentirsi parte di un grande gruppo?
Sì, sta crescendo molto il gruppo della nazionale quest’anno, non solo come livello e risultati ma anche come gruppo, organizzazione, supporto di tecnici, raduni, progetti… Conta tanto per gli atleti essere in buona compagnia durante le trasferte ed avere un supporto tecnico durante la gara. I buoni risultati che stiamo avendo quest’anno sono ovviamente frutto anche di tutto il lavoro che c’è dietro noi atleti.

Ultima domanda d’obbligo: Olimpiadi. Cosa ne pensi, cosa speri e come ti stai preparando?
Sono molto contento che l’arrampicata sia entrata nelle Olimpiadi di Tokyo 2020, da atleta sarebbe veramente un sogno partecipare. Riguardo la formula della combinata sono convinto che non deve essere stato facile per l’IFSC decidere dal momento che il CIO ha dato la disponibilità di un solo set di medaglie. Molti atleti del circuito internazionale non sono motivati ad allenarsi nelle discipline che non praticano ma a me piace cambiare stimoli e quindi proverò pian piano ad aumentare il carico di allenamento sulle altre specialità oltre alla lead. Col boulder ho già iniziato da quest’anno facendo molte più gare, prima o poi inizierò anche con la speed. Sarà interessante vedere nei prossimi anni quali atleti riusciranno ad adattarsi meglio e più velocemente alle tre discipline.





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