'C'era una volta in Romagna' alle Coste dell'Anglone in Valle del Sarca di Biserni e Martinelli

Molte volte, prima che un’idea prenda forma e sostanza, ci vuole un certo lasso di tempo: si devono mettere insieme le componenti come un puzzle per arrivare alla realizzazione dell’idea originale.
Questa linea, che attraversa placche appoggiate tra lo spietato ed il meravigliosamente lavorato, e muri a canne incantevoli, è rimasta per anni nella mia fantasia. L’ho vista la prima volta che ho percorso Sguarauunda di Diego Filippi e Roly Galvagni sulla parete della Cà del Liscio alle Coste dell’Anglone, più di dieci anni fa.
Ho dedicato molto tempo alla frequentazione dell’Anglone, dei suoi boschi, delle sue pareti, forse perché per anni sono state le rocce sopra casa, la prima casa che ho vissuto in Trentino. Quando ho ripetuto Sguarauunda, fui immediatamente attratto da quello splendido muro di concrezioni e canne che sovrasta lo scudo di placche nella prima metà della parete: impossibile non notarlo!
Da quella ripetizione, fatta con il mitico Beppe Bollettino, è nata l’idea. Poi, come dicevo, le varie componenti hanno trovato gradualmente il loro ordine, portando infine alla realizzazione di C’era una volta in Romagna.
Beppe era un amico con il quale, nei primi anni della mia formazione alpinistica, scalavo spesso sulle pareti romagnole. È venuto a mancare dolorosamente qualche anno fa. In questi anni, ho spesso pensato che se avessi realizzato questa via, l’avrei in qualche modo dedicata a Beppe “John” Bollettino, al suo sorriso contagioso e alla sua gentilezza.
Quest’inverno, avevo nel cassetto un’ottantina di spit residui dalla chiodatura di una falesia sempre all’Anglone. La motivazione cresceva, così ho contattato Mattia Martinelli, un ragazzo di Modena che da poco vive qui lavorando in uno dei negozi di materiale da montagna, e l’ho invitato ad aiutarmi.
Mattia e io ci siamo conosciuti l’anno scorso. Lui arrampica, scia, ma soprattutto corre in montagna. Non aveva mai fatto esperienze di aperture dal basso, ma della mia proposta si è entusiasmato subito. L’entusiasmo è fondamentale: è il fuoco della ricerca, della scoperta, della voglia di apprendere. Un motore che, una volta acceso, si autoalimenta.
A dicembre 2024 ci siamo messi all’opera. Abbiamo trascorso diverse giornate in parete: ogni volta salivamo uno o due tiri nuovi, poi scendevamo. Senza fissare corde, ri-arrampicavamo sempre fino al punto più alto raggiunto, saccone al seguito per poi ripartire con una nuova lunghezza.
Mattia è stato molto paziente nel farmi sicura per giornate intere spesso al freddo, aiutandomi a pulire le placche dai licheni e a giostrare il materiale. Un giorno ha voluto provare ad andare avanti in apertura e così mi ha aiutato ad aprire una parte del terzo tiro.
Nella prima parte della via, ci sono due brevi tratti (circa 10m ciascuno) che ho superato in artificiale: placche appoggiate, con aderenza ed equilibrio estremi, dove sono certo si possa passare in libera, probabilmente con difficoltà sopra il 7c. Una piccola sfida per chi vorrà provare! L’ultimo tiro è stato chiodato dall’alto per comodità logistica, risparmiando tempo ed energie: una lunghezza magnifica su canne, seguita da uno spigolo a concrezioni e gocce.
Purtroppo, nella penultima lunghezza, la via condivide un tiro con Sguarauunda, evitando a sinistra il grande tetto triangolare nel terzo superiore della parete. Avrei voluto attraversare quel tetto, mai tentato prima, come per il muro a canne del sesto tiro, ma questo avrebbe fatto impennare il grado di difficoltà, rendendolo totalmente disomogeneo rispetto al resto della via. Chissà, magari in futuro qualcuno aprirà una variante più diretta e sicuramente più dura!
Alla Cà del Liscio mancava una via dedicata alla Romagna, terra dove sono nato, e dedicata intimamente ad un amico. Una via per le storie vere o inventate che amiamo raccontare, quelle che iniziano con C’era una volta..., con l’enfasi tipica della gioviale e conviviale gente romagnola.
di Jacopo Biserni, Varone, 17/04/2025