Un Orco nel cuore, per una visione trad della Valle dell'Orco

Maurizio Oviglia, dopo un tour in Valle dell'Orco che ha fruttato oltre le basi per la riedizione della guida Rock Paradise anche 3 multipicht nuove e molti monotori in stile 'clean climbing', ritorna sull'argomento degli spazi per l'arrampicata 'trad' di cui la Valle dell'Orco è sicuramente una riserva inesauribile.
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Maurizio Oviglia sale da primo Avantgarde, 23 anni dopo che l'aveva salita top rope.
P. Seimandi

Ad alcuni potrà sembrare come un ritorno al passato. Ma a guardar bene non è proprio così. L'interesse che da un po' di tempo suscitano le vie 'trad', anche al di fuori del Regno Unito loro patria d'elezione, è qualcosa di più. L'impressione è che sia in atto un'evoluzione, e insieme l'affermazione di una nuova coscienza. Sembra esserci tra i climber (intesi anche come climber-alpinisti) una voglia di ritornare a giocare su più campi di gioco accettando le “regole” che questi campi diversi impongono. La conseguenza sembra essere un ritorno a quella versatilità che l'era della specializzazione aveva per forza di cose messo da parte.
Dunque, è un mondo nuovo e una nuova generazione di climber quella che si sta affacciando. Una new generation, come la definisce Maurizio Oviglia, che oltre a partire dal livello altissimo, che in questi anni hanno espresso i monotiri a spit ha la voglia di divertirsi, senza preconcetti e senza tabù, per vivere tutte le esperienze che l'arrampicata sa dare. E questa forse è proprio l'evoluzione di cui parlavamo all'inizio. Un'evoluzione che, per essere vera, prima di tutto deve passare per la conoscenza e il rispetto di tutti i “terreni di gioco”.


NEW ORCO GENERATION di Maurizio Oviglia

Quando leggevo i resoconti che Ugo Manera scriveva dopo le sue scorribande in Gran Paradiso, inevitabilmente incappavo sempre nella frase “abbiamo visto la parete con occhi nuovi...”, che Ugo usava per giustificarsi del fatto che un tempo su quella parete non aveva visto una particolare linea che ora aveva aperto. Ugo è stato uno dei pionieri della Valle dell’Orco e senz’altro di queste rocce conosce ogni angolo, ed era perciò buffo che ogni volta riuscisse a cambiare prospettiva nel porsi di fronte alle stesse pareti. Qualche anno fa, scherzando con Andrea Giorda su questo modo di dire di Ugo, aprii sulle rocce del Sergent un monotiro durissimo a spit, che volli chiamare appunto “Occhi nuovi”. Il monotiro attende ancora la prima libera (sarà forse 8b). Per la verità non mi ci sono mai dedicato seriamente nei tentativi di liberarlo, forse perchè nel frattempo anche io ho messo su gli “occhi nuovi” e vedo ora la Valle da una differente prospettiva.

Dovendo rieditare Rock Paradise (sono ormai alla terza guida della Valle dell’Orco, dopo quella del 1987 e poi quella del 1999) sono ritornato, giocoforza, sulle stesse rocce che avevo conosciuto quasi 30 anni fa. Mi accingevo insomma a fare l’inventario delle stesse pareti di un tempo e, come sempre, non mancava l’occasione di “aggiungere” qualcosa qui e qualcosa là. La cosa buffa è che avevo passato così tanti anni a ripetere e censire le vie più nascoste ed abbandonate, che molte mi ero anche dimenticato di averle ripetute! Ritornavo dunque sui miei passi e qualche dejà vu qua e là mi faceva riflettere se tutto ciò fosse normale o se si trattasse già dei primi sintomi dell’alzhaimer... Il culmine fu quando il mio compagno di cordata di allora, Daniele Caneparo, mi propose di andare ad aprire una variante a Corvo Rosso, alla Parete delle Aquile. Gli dissi che non sapevo assolutamente dove fosse questa via, e gli chiesi di ricordarmelo. Mi arrivò una mail con semplicemente scritta la pagina della mia guida dove ero indicato come primo ripetitore e primo salitore in libera di Corvo Rosso! Brutta la terza età, eh?!

Ma ritornando agli “occhi nuovi”, quando avevo redatto Rock Paradise (1997/1999) avevo percepito in Valle un senso di abbandono e di oblio. Mi era dunque sembrato importante dare una scossa, rivitalizzare e rendere nuovamente appetibile questo luogo, che reputo meraviglioso. Allora tirava l’alta difficoltà... così mi diedi da fare per quanto era nelle mie possibilità, ad aprire vie difficili, per dimostrare che anche il granito del Gran Paradiso poteva essere un terreno appetibile per le nuove generazioni. La placca di Cinquetredici, ne era un esempio.

Oggi la prospettiva è differente, e anche se non sembra molte cose son cambiate. Considero infatti la Valle dell’Orco come uno dei pochi posti in Italia, dove poter arrampicare le fessure senza spit, con le protezioni naturali, evitando persino di portarsi il martello. E questo non la vedo come una limitazione, un’anomalia nell’era dell’arrampicata sicura, che non farà mai diventare Orco come Arco (oddio che cacofonia orribile!). Sono convinto al contrario che sia un valore aggiunto. In Valle dell’Orco si può, e si dovrà ancora poter fare, un certo tipo di arrampicata, identificabile col nome di clean climbing (che molti oggi chiamano semplicemente trad).

Per questo mi piace ora pensare alla Valle come ad una Riserva Indiana (già Motti e Galante avevano attinto a piene mani alla simbologia del popolo pellerossa nel dare i nomi alle vie), dove mantenere un certo tipo di cultura, evitando che vada ad estinguersi, diviene un preciso dovere di tutti, anche di chi preferisce l’arrampicata sicura su spit... Il rispetto delle minoranze non è forse indice di civiltà?

Nella realtà, come ha scritto molto bene Andrea Giorda in un precedente articolo pubblicato su questo sito, le cose non sono così rose e fiori. In Orco si spittano le fessure, si scavano le prese, si “rivisitano” le classiche ritracciandole e trasformandole in vie “plaisir” con ingaggio quasi zero... Ciò è avvenuto negli ultimi anni e avviene ancora... Fa anche sorridere leggere, sempre su planetmountain, che gli inglesi Tom Randall e amici vengono in Orco perchè percepiscono un qualcosa che altrove non c’è...

Però non è tutto perso, c’è una nuova generazione che sta crescendo conscia dell’importanza di salvare questo tipo di scalata. Ragazzi che sanno scalare con nut e friend, che trovano ancora piacere a chiudere un 6a interamente da proteggere, quando sanno bene che in falesia potrebbero aggiudicarsi un 7b forse con meno fatica. E che quando arrivano in cima sfoderano un sorriso più che mai eloquente: anche loro, come me, hanno probabilmente un “orco nel cuore”. E’ anche per questo che questa frenetica stagione di clean climbing, passata tra Yosemite, Galles e Orco (che alla fine mi ha procurato anche una brutta tendinite al gomito), nemmeno “inquinata” da qualche “tradizionale” spit piantato sulle placche più ostiche, la dedico a questi ragazzi del futuro... la new orco generation.

Le nuove vie in Valle dell'Orco:

Torre di Aimonin
Cani&Porci – 100 m – 6c – con Paolo Seimandi ed Eugenio Pinotti aperta a vista ed in libera, completamente in clean climbing.
Vai alla scheda di Cani & Porci
Cani&Gatti – 60 m – 6c+/A0 – con Paolo Seimandi primo tiro in clean climbing, 6c+. Secondo misto da liberare, probabile oltre l’8a

Parete dell’Aqua Chiara
Niente di nuovo sul fronte occidentale – 125 m – 6c – con Paolo Seimandi ed Eugenio Pinotti. Tre spit in tutta la via ed una fessura bellissima di 25 metri. Vai alla scheda di Niente di nuovo sul fronte occidentale

Parete del Disertore
L’antico maestro...Yodaparo – 30 m – 6a – con Giampaolo Mocci. Monotiro trad aperto a vista
Siamo mica qui per divertirci! – 30 m – 6c – con Giampaolo Mocci. Monotiro trad impegnativo con tratti sprotetti

Fessura del Tramonto
Eva Green – 35 m – 7a – Maurizio Oviglia. Monotiro misto spit e friend
L’Alba di domani – 35 m – 6b – Paolo Seimandi. Fessura clean

Parete delle Ombre
J’arrive! – 165 m – 7a+ – con Giampaolo Mocci. Via impegnativa con tre spit per tiro, il resto da proteggere
Vai alla scheda di J'arrive!

Sergent
Mi ritiro! – 30 m – 6b – con Giampaolo Mocci e Valerio Bertoglio. Monotiro trad aperto a vista

Massi sotto il Caporal
Sensa Cugnisiùn – 10 m – 6b/c – con Paolo Seimandi e Damiano Ceresa. Monotiro trad su microfessura
Avantgarde – 25 m – 6b+. Tiro trad spettacolare, già salito top rope nel 1986, e ora fatto da primo
La stanza dei bottoni – 25 m – 7a. Monotiro a spit
Mastro Ceresa – 15 m – 7a. Monotiro a spit
La riserva indiana – 50 m - Monotiro misto ancora da liberare

Inoltre: è stata curata la risistemazione e pulitura di vecchi monotiri ed itinerari in fessura, in modo da renderli appetibili, fruibili e frequentati in ottica moderna. Sono stati tolti i chiodi e cordoni vetusti dove è possibile proteggersi a nut e friend, messe soste a spit sostituendo quelle insicure, addirittura resinando blocchi pericolosi.
Un grazie a tutti i ragazzi che mi hanno aiutato e che hanno creduto nelle mie idee, quantanche strambe e impopolari, offrendomi la loro disponibilità con slancio e generosità. In particolare Paolo Seimandi, Giampaolo Mocci, Damiano Ceresa e l’amico di sempre, Eugenio Pinotti.


Maurizio Oviglia

Tutte le relazioni ed i topos, oltre a racconti e altre storie, si trovano su www.pietradiluna.com





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