Madagascar Tsaranoro, arrampicata e altri mondi
Terra rossa, piedi gonfi, piedi scalzi, occhi scrutatori, sono le cose che vorrei spiegare quando ci chiedono "Ma sto Madagascar?" Alla fine, ci limitiamo a rispondere "una figata!", tanto riduttivo quanto troppo occidentale. Possiamo parlare delle vie fatte, della roccia perfetta e sicuramente lo faremo, ma cos’è stato vivere questo viaggio è difficile da descrivere. Ma ci proviamo.
Atterriamo - siamo già arrivati? - ci misurano la temperatura perché possiamo essere portatori di febbre gialla. Aspettiamo all’esterno, - Filippo, è pieno di zanzare! - meglio coprirsi bene, partiamo spavaldi contro la malaria ma quando sei lì ti rendi conto che sei fuori dal mondo. Nel frattempo i nostri genitori ci salutano con articoli sul Madagascar, classificato tra i paesi più poveri e pericolosi dove trascorrere le vacanze - Peste? Morbillo?
All’uscita è tutto buio: occhi puntati su di noi, mani scure sorreggono pezzi di cartone per cercare la persona giusta da portare a destinazione, il tutto in assoluto silenzio. Per le strade non c’è nessuno, arriviamo all’hotel, - c’è la guardia armata di coltello - ci scaraventiamo a letto e spegniamo la luce - Mi ha morso in fronte!
La sveglia è il clacson delle macchine, le strade che la sera prima erano deserte sono talmente piene che le macchine vanno a passo d’uomo: venditori, carretti, asinelli e persone che danno l’idea di non essere dirette da nessuna parte in particolare - Ma da dove escono?! Che bordello!
Facciamo un giro ad Antananarivo: - Investiremo sicuramente qualcuno! - ed è come essere in un universo parallelo, fatto di chiasso, rumore, persone e poco spazio per tutti - Phone? Ariary? Vanille? Madame! - Siamo gli unici bianchi in giro per la città e tutti sembrano accorgersene. Camminiamo e come su un red carpet ci guardano, addirittura si fermano per farlo meglio e il più a lungo possibile. All’inizio stiamo vicini, - Attraversa quando attraversano loro, veloce! - in breve ci abituiamo alla sensazione di essere diversi e decidiamo di entrare nel cuore del mercato.
- Occhio al cellulare! - Pezzi di carne appesa, mono scarpe, fotocopie, galline con le zampe legate, piatti di fritture da cui scegliere il pezzo migliore... ognuno specializzato nella vendita di qualcosa. Mille colori e altrettanti odori, troppo lontano dalla nostra realtà, ma come primo impatto ci piace. Un giorno però ci basta e aspettiamo con ansia la partenza verso lo Tsaranoro.
Partiamo verso le 5.30, fuori dall’hotel un signore di cui non vediamo i lineamenti fino all’albeggiare ci fa salire sul furgoncino 9 posti con autista - Ma è tutto per noi? -. Fa un freddo cane - Prendi il sacco a pelo va - non intendono alzare i finestrini, scopriamo che anche questa è una loro abitudine. - Filippo, siamo sicuri che ci stiano portando allo Tsaranoro? - Finalmente la luce: vediamo risaie immense, bambini scalzi, gente sdraiata all’ombra. Ci fermiamo a far pranzo in un paese fantasma, qualche baracca e persone che se la prendono "Mora mora" - Cold beer? - -no electricity here… - Che stupidi, ma dove pensiamo di essere? Ancora non lo sappiamo in realtà. Rihanna, Katy Perry e musica di dubbio gusto ci accompagnano per tutte le 15 ore NON STOP di viaggio - Thierry, tu est un superhero!
Lo Tsarasoa camp ci accoglie con una stellata che non dimenticheremo mai, un bicchiere di latte rovesciato è meno bianco del loro cielo senza luna - è vero, qui c’è la croce del Sud! -. La nostra piccola capanna - c’è una rana nel water… - ci fa abbracciare dalla gioia… - C’est possible de manger? - al diavolo le regole, ci mangiamo anche le cipolle crude dopo un viaggio a digiuno - Sei matto, ti becchi le malattie!
Facciamo subito amicizia con Fali, un ragazzo di una ventina d’anni che lavora al campeggio e accompagna i turisti ad arrampicare. - Pour dessert, banane. Neanche a dirlo, Fali significa felice, e in effetti lui non ci nega mai un sorriso.
Il giorno dopo ci aspettano tantissime crepes per colazione, ma sarà l’unica volta, che farà sospirare Filippo per tutta la vacanza. Partiamo per la prima via - Vado, Pina! - Che emozione scalare in un posto nuovo! Che emozione non sapere che cosa ti aspetta né dove sarà il prossimo spit… ma dov’è il prossimo spit?! Non abbondano su nessuna via, d’altronde siamo in Africa e lo spreco non è concesso. Mi sento coraggiosa, ma dopo due tiri i miei piedi esplodono e sono costretta a scalare con le scarpette di Filippo... di 4 numeri più grandi del mio piede.
Passa qualche giorno e già abbiamo una piccola routine - rum au fruit de la passion ce soir, misaotra! -. Ogni sera alle 7 spaccate la nostra cena è fatta di riso, cous cous, verdurine, hamburger di zebù e dessert di frutta, che ci consegnano come un dono prezioso. Le porzioni non sono abbondanti, ma il nostro stomaco pian piano si abitua e riusciamo a saziarci con poco. Tvouvina ci regala momenti divertenti al bar - Ici on refait le monde! - 22 anni, parla un italiano da autodidatta. Per lui essere in contatto con i turisti è un sogno: la mattina lavora nel suo villaggio a pochi minuti dal camp - Ci vogliono 20 minuti ad arrivare ma io ce ne metto 15 - parla italiano, inglese, francese e spagnolo, tutto studiato con un’applicazione del cellulare. Ci spiega che i campeggi, Camp Catta e Tsarasoa Camp, entrambi messi in piedi da Gilles, hanno contribuito alla creazione della scuola nel suo villaggio e ad una piccola stanza d’ospedale. Il tutto accompagnato da tamburi e ritmi ossessivi, la sera, solo per noi.
- Non so se domani arriviamo in tempo per il rum! - Finalmente il momento tanto sognato. Decidiamo di portare gli zaini sotto la parete il pomeriggio prima, così vediamo l’avvicinamento e il giorno dopo andiamo veloci. Un ripasso veloce della relazione e per oggi spezziamo la routine - quelle heure le petit déjeuner? - Partiamo alle 3.30, armati di Biokill sui vestiti e pile addosso, perché la mattina l’aria è fresca e le zanzare sono il nostro grande nemico.
Attacchiamo i primi tiri con la frontale, nella mia testa uno stato di benessere misto a vuoto: la sfida per me è alta, ma non voglio pensare a niente, ed è quello che accade. I tiri di Out of Africa si susseguono, Filippo è veloce e io, dietro, cerco di fare del mio meglio. Arriviamo a 60 mt dalla vetta e anche l’ultimo 7a lo lascia passare. - Molla tuttoooooo! Sìììììì! - Uso le ultime forze per condividere con lui la felicità di essere arrivati e che la sua salita sia stata tutta in libera, da capocordata e a vista - Sì ma monta il paranco ora.
Il resto dei giorni trascorrono tra vie, sempre impegnative, e giri dei villaggi limitrofi: è difficile dire che sia stato bello, anche se lo è stato certamente. Non abbiamo mai visto tanta povertà e la disparità che sentiamo non ci fa godere appieno del panorama che ci circonda.
Conosciamo altri arrampicatori e vediamo passare tanti turisti, la fame inizia a farsi sentire finché le allucinazioni di profumo di pizza nell’aria - Senti, senti! Stasera ci fanno la pizza! - ci avvisano che è ora di tornare a casa. Il viaggio di ritorno è fatto ovviamente di peripezie, in pieno stile Filippo e Martina - mi ha morso!! Ah, no sono solo pulci -. Il volo cancellato all’ultimo minuto ci costringe ad un altro giorno ad Antananarivo - mi ha morso!-, ma dalla finestra del nostro hotel vediamo solo baracche, non abbiamo più tante energie per reagire a questi panorami strazianti e decidiamo di stare chiusi in camera fino alla partenza. Quelli che seguono sono giorni che preferiamo non raccontare, la nostra salute ne ha un po’ risentito, ma a qualche settimana di distanza vorremmo già ritornare lì...
Tutto d’un fiato, butta giù: così è stato il Madagascar.
LOGISTICA
L’aspetto più semplice, ma più impattante a livello economico, è sicuramente la prenotazione del volo. Non siamo riusciti a trovare tratte a basso costo come altri ci hanno raccontato. La cifra è considerevole ma il volo tutto sommato comodo: Torino - Parigi, Parigi - Antananarivo. Inviato il bonifico, il grosso è fatto, il resto della vacanza ha costi relativamente accessibili e le altre prenotazioni sono semplice e flessibili. Si comunica via mail, ma non si possono effettuare pagamenti anticipati, quindi è anche possibile cambiare progetti in corso.
Arrivati in piena notte a "Tana", come viene affettuosamente chiamata la capitale dai locali, decidiamo di alloggiare in un albergo nei dintorni dell’aeroporto, il Manoir Rouge, promosso. Il giorno dopo lo dedicheremo ad alcune esigenze pratiche, come prelevare denaro e procurarci una SIM locale con traffico dati, per restare in contatto con l’Italia. Marcelin, titolare dell’albergo, ci darà le giuste dritte e ci fornirà il trasporto.
Il prelievo di denaro non è una questione semplice, per vari motivi. Intanto non sono molti i bancomat, il più vicino allo Tsaranoro è ad almeno 4 ore di auto, bisogna quindi farsi due conti ed arrivare preparati, con la somma che si pensa di andare a spendere. La banconota più grande emessa è da 20.000 Ariary, ovvero 5 euro, e la transazione massima è generalmente sui 300.000 Ariary, quindi preparatevi ad avere portafogli pieni zeppi di carta, e dover fare numerose operazioni.
Il resto della giornata l’abbiamo trascorso nel centro della città, in un contesto quasi sconcertante, al quale non eravamo preparati. Nessun turista, ma un enorme mercato, un aggrovigliarsi di persone e cose. È stata sicuramente un’esperienza positiva ed utile, ma che al ritorno abbiamo deciso di non ripetere, insomma un giorno a Tana è stato sufficiente!
Per quanto riguarda il viaggio verso lo Tsaranoro, è possibile effettuarlo in almeno tre modi diversi. In Madagascar sembra che tutti debbano muoversi ed andare da qualche parte, chissà dove! Muovendosi per le strade, sono numerosissimi i piccoli pulmini scassati che vedrete, strapieni e stracarichi, che scorrazzano all’impazzata verso le quattro direzioni.
Opzione A: basterebbe andare alla stazione dei bus, un girone infernale, tentare di salire su uno dei mezzi, ed iniziare l’odissea. Il costo credo sarebbe vicino allo zero, ma potrebbe volerci anche una settimana, se basta, per arrivare a destinazione. Un’auto privata è comunque indispensabile per raggiungere lo Tsaranoro.
Opzione B, prenotare tramite l’unica compagnia un po’ strutturata, Cortisse, che accetta prenotazioni e ha degli orari di partenza più o meno rispettati. Sarà comunque necessario prendere un altro bus da Fianarantsoa fino ad Ambalavo e poi un’auto privata per raggiungere il campo. Insomma se va bene ci vogliono 2-3 giorni. Il costo non sarebbe comunque elevato.
Opzione C, che è quella da noi scelta: un trasporto più o meno privato, diretto in giornata Tana - Tsaranoro. Costoso, sui 300 euro, ma veloce. Purtroppo avendo pochi giorni a disposizione, è stata la nostra unica scelta possibile.
Le strade sono terribili e gli autisti generalmente poco competenti, preparatevi in ogni caso ad un’esperienza pesante, a meno che non abbiate molto tempo a disposizione per godere anche del viaggio.
Leggende narrano di un mitico trenino postale anni ’20, che ancora opera tra Fianarantsoa e la costa, attraverso la Jungla. Sarebbe un diversivo interessante alla vacanza arrampicatoria, ma pare sia del tutto inaffidabile in termini di tempistiche, infatti durante la nostra permanenza dicono fosse deragliato e quindi inutilizzabile.
ACCOMMODATION
Esistono tre campi nella zona dello Tsaranoro:
Camp Catta, il primo e storico fondato da Gilles, l’attuale proprietario dello Tsarasoa, pare ormai un po’ in declino. Poco frequentato dai climber, si presta forse di più a viaggi vacanza organizzati. Tuttavia è il più vicino alla Lemur Wall, è ben strutturato, e soprattutto dispone di una piccola piscina!
Tsarasoa, la nostra scelta, è l’attuale campo gestito da Gilles, avventuriero francese stabilitosi laggiù ormai 30 anni fa. È un luogo che trasmette energia positiva, ogni dettaglio è curato ed amato. Il cibo è ottimo, anche se non abbondantissimo, le viste mozzafiato, la pace assicurata. I prezzi sono onesti, e volendo si possono abbattere fino all’osso dormendo in tenda e cucinandosi il cibo. Noi abbiamo deciso di stare in un adorabile bungalow in terra cruda e tetto di paglia, mangiare tutte le sere e le mattine al "ristorante": abbiamo speso in tutto non più di 300 euro. Dormire e mangiare bene aiutano a scalare al meglio! E abbiamo anche perso qualche kilo.
MATERIALE
Facendo un discorso generale su ciò che serve in Madagascar, oltre a quanto è necessario per la scalata, vanno considerati alcuni oggetti extra.
È utile un buon power bank da lasciare in reception durante il giorno, Gilles lo caricherà per voi con i suoi pannelli fotovoltaici. Utile una SIM card locale, con traffico dati. Da montare su uno smartphone dual SIM sarebbe l’ideale.
Non utile un filtro per l’acqua, a Tsarasoa non si è rivelato necessario, in quanto hanno un purificatore a disposizione.
Avevamo con noi un fornetto e 1kg di pasta, ma non siamo stati un grado di trovare il combustibile necessario, ne gas ne alcohol. È stato comunque utile averlo, abbiamo cucinato qualche pasto direttamente sul fuoco.
Molto utile portarsi un po’ di snack da consumare lungo le vie. Ricordatevi di portare qualche regalino per i bambini del villaggio ;-)
MATERIALE DA SCALATA
Noi abbiamo optato per una corda singola sottile da 60mt, ed un cordino da recupero per eventuali calate, comunque generalmente sconsigliate. In alcuni casi abbiamo usato il cordino per recuperare un piccolo zainetto adatto allo scopo, agevolando così la progressione del secondo. Una scelta che si è rivelata ottimale, a patto di scendere sempre a piedi. In questo caso, le discese non sono da sottovalutare, ci è capitato di sbagliare e dover scendere con calate assicurate a spalla e descalate un po’ pericolose. Arrampicare con la corda singola su tiri così lunghi e complicati però non ha prezzo, una vera goduria.
Su alcune vie sono da prevedere parecchi rinvii, non in quelle da noi citate, tranne forse un tiro di Tsaratonga, dove 12 rinvii non erano sufficienti. Generalmente 10-12 bastano e avanzano, di cui un paio allungabili se si scala con la singola.
Friend e nut sono inutilizzabili, vista la compattezza della roccia. Volendo, spesso ci si potrebbe aiutare o riposare con un cliff, ma non è stato il nostro caso.
È fondamentale avere scarpette comode. L’unico periodo in cui si può scalare è l’inverno malgascio, quindi da giugno ad agosto, forse anche a settembre, ma al sole fa in ogni caso davvero caldo. I tiri sono sempre molto lunghi, e l’impressione che stia divampando un incendio all’interno delle scarpette diventa una costante. Martina spesso finiva per scalare i tiri da seconda con le scarpe di Filippo, ben 4 numeri in più!
Non dimenticate lampada frontale e crema solare. Le giornate sono corte, c’è luce dalle 6.30 alle 17.30, ma al sole si cuoce!
VIE CONSIGLIATE
In generale la scalata nella zona dello Tsaranoro è molto esigente. La roccia è un granito eccezionale, estremamente compatto, per lo più privo di fessure e cenge. A tratti sono presenti scaglie molto lavorate, piacevoli per la scalata, ma da tirare con attenzione in particolare sulle vie meno ripetute. A volte ci si trova ad affrontare tratti a Knobs, a volte, ma molto raramente, tratti di arrampicata di aderenza. Si tratta perlopiù di una scalata molto tecnica, e anche di resistenza, visto che normalmente la lunghezza dei tiri è di 50 metri o più. Le chiodature sono spesso distanziate ma generalmente intelligenti. Il livello richiesto per potersi divertire è un buon 6c a vista, ma non è meno importante un occhio un po’ alpinistico per la ricerca del giusto itinerario, dove i chiodi sono molto lontani. La discesa a piedi è generalmente consigliata, a patto di averne studiato bene l’itinerario.
L’area dello Tsaranoro è descritta sommariamente sulla guida Rock Around the World (Thierry Souchard, 2017), si tratta di un ottimo punto di partenza. Su internet si trovano informazioni sparse sulle vie più conosciute, ad esempio sul sito di camp catta (www.campcatta.com), o meglio ancora su ailedescimes.com. Questi siti raccolgono utili relazioni, a volte però non sono corretti i posizionamenti delle vie nel disegno generale delle pareti. Tuttavia la risorsa più utile resta Gilles, a Tsarasoa, conosce tutte le vie e vi lascerà a disposizione i suoi faldoni ricchi di informazioni. Li trovate al bar vicino al Rhum Arrangè.
Vatovarindry
È la struttura più a Sud, i panorami e gli scorci sono meravigliosi e particolari, diversi da quelli offerti dalle altre pareti. L’arrampicata è prevalentemente di placca sui primi tiri, per poi drizzarsi decisamente da metà in su. La roccia è compattissima e lavorata a conche, offre anche particolari passaggi nelle canale scavate dall’acqua.
La Croix du Sud (6b+ max, 6b obb. 350mt. M. Piola, B. Robert, 1998)
È stata la nostra prima via, non presenta difficoltà estreme ma la chiodatura non ammette titubanze, in pieno stile Tsaranoro. Si tratta di un’ottima via introduttiva alla zona, ma non è una passeggiata. Considerando la compattezza della parete, offre in realtà un’arrampicata molto varia e piacevole. Una via meravigliosa!
Baile (7a+ max, 6C obb. 300mt. R. Pérez de Ayala, E. Navarro, M. Martínez, 2008)
Più a destra de La Croix, affronta la parete nel suo centro, su risalti decisamente più ripidi. Il primo tiro a freddo non è facile e presenta spalmi veramente estremi, il tiro chiave è invece entusiasmante e verticalissimo, presenta un passo obbligatorio piuttosto pepato e forse anche un po’ pericoloso. Nel complesso una bella e divertente via.
Altre vie:
Bo-Catta (6b+ max, 6a obb. 270mt. J. Saez, L.Alfonso, 2007)
Alla ricerca di una via di "riposo", ci siamo lasciati attrarre da questo percorso che attacca subito a sinistra de "La Croix". È incredibile come due vie possano essere così vicine ma così diverse. Questa è infatti una via si dalle difficoltà più contenute, ma estremamente meno varia, quasi noiosa. La chiodatura non è ottimale, è infatti molto distanziata sul facile ma molto vicina sul difficile, con l’unico passo di 6A obbligatorio andando via da una sosta. No-comment, se non: di Piola ce n’è uno solo.
Camaleon
Si tratta di un interessante sperone roccioso, situato proprio nel mezzo della valle. Ha la peculiarità di avere in cima un camaleonte di roccia, davvero impressionante! Ma ancora meglio, si trova a pochi minuti dal campo Tsarasoa e si presta quindi a scalate di mezza giornata. La sua parete est va in ombra al pomeriggio.
Air Society (6b+ max, 6a+ obb. 245mt. T.Botzon, B.Byrne, 2013)
Una via che abbiamo salito quasi per caso, essendo alla ricerca di un altro itinerario, non trovato, decidiamo di salire questa. Che bella sorpresa, si tratta di un itinerario davvero meritevole e propedeutico per le salite sullo Tsaranoro. La guida recita: una cordata in grado di salire Out of Africa in giornata, si divertirà su Air Society. Così è stato.
È stata per noi un po’ una prova del nove prima della via di Motto, effettivamente la chiodatura è davvero lunga in alcuni punti, con passaggi fino al 6a+ con lo spit a 10mt, ma la scalata è sempre divertente e non estrema, su roccia eccellente. Entra di diritto nella TOP 3 dei nostri gradimenti. Attenzione al caldo, conviene attaccare presto, perché prende poi sole fino a tardi.
Vazhamateurs (6c max, 6b obb. 250mt. FFME, 2018)
Contrariamente a quanto indicato dal sito ailedescimes.com, la via si trova molto a sinistra, guardando la parete. È l’unica via da noi percorsa che presenti una chiodatura ravvicinata, o comunque rassicurante. A parte i primi tiri un po’ erbosi, le ultime lunghezze sono meritevoli e divertenti, per trascorrere un pomeriggio di relax ( il sole abbandona questa porzione di parete dopo pranzo). La vetta del Camaleonte e la sua crestina meritano sicuramente una visita, così come la meravigliosa ed unica prospettiva sullo Tsaranoro e l’intera valle.
Lemur Wall
È il settore più distante da Tsarasoa, ed il più vicino a Camp Catta. L’ultimo tratto è piuttosto ripido, conviene partire la mattina presto per evitare il sole a picco durate la camminata. È anche vero che è una delle prime pareti ad andare in ombra al pomeriggio, verso le 2. La roccia è eccellente, sulle vie da noi percorse è anche migliore di quella di Out of Africa. Verticalità assoluta, farcita generosamente di ottime prese, sempre aggancianti, fantastico!
Pectorine (6b max, 6A+ obb. 250mt. G. Thomas, J. Sananes, 1999)
Un grande classica, la nostra seconda scelta per assaggiare una chiodatura un po’ più ingaggiosa, ma con queste prese, non fa paura! Davvero consigliabile, divertentissima. Purtroppo la chiodatura inizia a risentire un po’ degli anni, pare che la placchette zincate siano particolarmente soggette ad ossidazione in quest’area.
Tsaratonga (7a max, 6b+ obb. 270 mt. D.Brasco, L. Alfonso, 2007)
Molto simile a Pectorine, tuttavia alza un po’ l’asticella delle difficoltà. Un meraviglio tiro di 7a apre le danze, con un acrobatico passo di A0 iniziale, ancora non liberato, poi è puro piacere. Forse anche meglio della precedente, vale assolutamente l’avvicinamento. Occhi aperti per i facili incontro con i Lemuri sul sentiero!
Tsaranoro Kely
Out of Africa (7a max, 6C obb. 620mt. M. Motto, E. Pellizari, M. Piola et B. Robert, 1998)
Che dire, una via di livello mondiale! Su una parete immensa e compattissima, riesce con percorso assai logico a risultare non estrema, anzi molto godibile. L’impegno fisico e mentale sono notevoli, vista la chiodatura non ravvicinata e la lunghezza dei tiri. L’averla realizzata completamente in libera, a vista, è una delle più belle soddisfazioni della nostra carriera arrampicatoria.
La nostra strategia è stata di percorrere l’avvicinamento il pomeriggio precedente, con il materiale poi lasciato al primo spit (15mt almeno!). La mattina dopo, sveglia alle 3.30 e abbondante colazione. Attacco verso le 5-5.30 e primi tre tiri alla luce delle frontali (e con le scarpe, per risparmiare i piedi!). L’obbiettivo era arrivare in cima entro le 14 e riuscire ad affrontare la complicata discesa con abbondante margine sulla luce solare. Obbiettivo riuscito, verso le 17.30 siamo di nuovo a Tsarasoa, senza dover accendere le frontali.
È d’obbligo studiare la discesa sui quaderni presenti al campo, in modo da non trovarsi impreparati. Scendere dallo Tsaranoro per la prima volta, al buio, è un’esperienza sicuramente non raccomandabile. È stato anche molto utile affrontare l’avvicinamento il giorno precedente, al sole, risparmiando così almeno un’ora di ravanamento il giorno dopo.
Martina Mastria, Filippo Ghilardini, Scuola Nazionale di Alpinismo Giusto Gervasutti