Lurking Fear su El Capitan, alla scoperta delle big wall dello Yosemite
Come spesso ama dire Matteo (non mi abituerò mai a chiamarlo Giga!) io e mio papà arrampichiamo assieme da quando ci conosciamo. È vero, non poteva essere altrimenti vista la famiglia in cui è nato. Dopo un breve periodo nel quale gli ho fatto da "maestro" e un periodo ancora più breve dove arrampicavamo più o meno allo stesso livello é succeduta la fase attuale nella quale la differenza di capacità e forza è tale da far sì che le nostre uscite assieme siano diventate meno frequenti.
Il viaggio in Yosemite di quest'autunno è stato una sua idea, dopo aver viaggiato gli anni scorsi in luoghi fra i più remoti del pianeta ha pensato a questa meta relativamente più tranquilla con lo scopo preciso di coinvolgere anche me. Volente o nolente. Sicuramente da parte sua c'è stata la volontà di farmi un enorme regalo, e da parte mia la consapevolezza che probabilmente non mi sarei mai perdonato la rinuncia ad una offerta del genere da parte di mio figlio! Anche se mi sentivo un po' vecchio e inadeguato per certe cose.
Naturalmente non abbiamo voluto fare le cose normali che sarebbe giusto fare i questi casi e cioè approcciarsi in maniera dolce e graduale alla scalata in quella valle. No, dopo una rapida sfogliata alla guida la scelta è caduta sul tentativo di ripetere in arrampicata libera una grande via artificiale del Capitan, Lurking Fear, salita una sola volta in questo stile, circa vent'anni fa da Beth Rodden e Tommy Caldwell. Una via che come la Settimana Enigmistica vanta da allora innumerevoli tentativi di ripetizione tutti falliti, anche da parte di scalatori di alto livello! Cosa ci ha fatto pensare di poterci riuscire? Incoscienza e basta. L'organizzazione è stata complicata. O meglio, la disorganizzazione è stata perfetta, in puro stile Matteo. Alla fine abbiamo messo assieme un team di sei persone, tutte fortemente motivate e inconsapevoli.
Abbiamo attaccato la via subito, senza nessuna salita di ambientamento e questa è stata la chiave del successo. Se avessimo provato qualcos'altro probabilmente ci saremmo spaventati e desistito! Non sto a dare i dettagli di una salita fra le più famose al mondo che a noi ha richiesto un paio di settimane di sforzi e numerose notti in portaledge per tentare la libera di tutti i tiri di corda. L'importante è che alla fine ci siamo riusciti. Tutti e sei in cima a festeggiare una splendida prestazione di squadra. In tutta la via solo tre brevi passaggi non si sono lasciati dominare.
So che è stato molto apprezzato da tante persone il fatto che padre e figlio abbiano potuto condividere una esperienza così intensa. Io sono felice di averla vissuta. Tra l'altro ho dovuto anche subire i suoi mugugni perché non ero abbastanza veloce con le jumar o nelle manovre o nel disincastrare i sacconi. Li in parete il papà era lui!
Finisco doverosamente sottolineando che questa non è stata solo una salita di Matteo e mia ma uno straordinario lavoro di gruppo. Un gruppo che ci tengo a presentare in rigoroso ordine alfabetico. Il team era così composto:
Alby (Alberto Acerbi), il "Doc": scalatore di grande livello, poco prima di partire ha chiuso tiri fino all'8a in stile trad! Con la sua capacità organizzativa (il piano!) è la sua proverbiale meticolosità e prudenza nelle manovre ha contribuito in maniera decisiva al successo finale.
Giga (Matteo De Zaiacomo): che dire? Ha dimostrato tutta la sua confidenza con l'ambiente Big Wall. Nonostante la forma non fosse al top ha risolto i tiri più difficili con difficoltà fino al 5.13a. È stato l'anima della salita. Senza la sua esperienza niente sarebbe stato possibile.
Luca (Luca Casanova): non ho parole per Luca. Incredibile. Arrivato ai piedi della parete più impressionante del mondo senza quasi nessuna esperienza di via lunga non è mai indietreggiato di fronte a nulla. Con calma serafica è salito indifferente alla paura e alle difficoltà. Si è permesso pure di liberare un tiro di 7b+.
Max (Maximiliano Piazza): sicuramente il più in forma del gruppo dal punto di vista sportivo. Prima di partire ha inanellato tutta una serie di prestazioni di altissimo livello in falesia e nel boulder. Ha sofferto un poco l'esposizione della parete nei primi giorni ma poi ha risolto da par suo alcuni tiri davvero notevoli. Impressionante il famigerato traverso dei tettini al dodicesimo tiro.
Miki (Michele Crepaldi): la carta vincente! Il jolly inaspettato e risolutore. Con la sua calma e determinazione è stato assieme a Matteo il trascinatore di un gruppo che magari non ci credeva poi tanto in quel che stava facendo. Ha scalato alla grande risolvendo tiri di gran classe. Il sesto e l'ottavo in particolare. Bravo, bravo, bravo!
Io (Silvano De Zaiacomo): ho avuto il ruolo più facile. Con la scusa che sono anziano sono stato coccolato e aiutato da tutti e io ne ho approfittato. A me era riservato il carico più leggero, al campo avevo diritto di riposarmi più di chiunque altro... Nonostante ciò ho fatto delle grandi fatiche lo stesso. Ho anche scalato in libera da primo e non solo jumarato! Tra l'altro devo ringraziare Miki che mi ha scattato delle foto sul nono tiro che sono bellissime!
Conclusione: spero non ci sia conclusione. Mentre ero in parete a fare fatiche tremende appeso su un vuoto "preoccupante" mi dicevo MAI PIU'! Ora, seduto sul divano mi dico perché no?
Grazie Matteo, grazie a tutti e soprattutto a quelli che sui social mi definiscono grande, mitico eccetera dico che forse stanno esagerando...
di Silvano de Zaiacomo
Lurking Fear El Capitan
Aperta da Dave Bircheff, Phil Bircheff e Jim Pettigrew, Lurking Fear è la big wall in artificiale più facile di El Capitan, salita in libera soltanto una volta, da Tommy Caldwell e Beth Rodden nel 2000. Presenta un tiro chiave con movimenti molto aleatori e lanci su sezioni complettamente lisci. È possibile che dopo la prima libera si siano rotte alcune prese. Il team italiano ha salito tutto in libera tranne tre passaggi: 1 sul secondo tiro, 1 sul terzo e 1 sul settimo.
Link: FB Silvano de Zaiacomo, FB Matteo de Zaiacomo, Ragni di Lecco