Larcher, Oviglia, Paissan e il Marocco rock

Dal 6 al 27 ottobre Rolando Larcher, Michele Paissan e Maurizio Oviglia hanno aperto Sul filo della notte (7c+ max; 7b obbl), nuova via nelle gorge di Taghia, Alto Atlante, Marocco.
Dal 6 al 27 ottobre Rolando Larcher, Michele Paissan e Maurizio Oviglia hanno aperto una via nuova sulle montagne dell’Alto Atlante, in Marocco. Era la prima volta che degli italiani si recavano a scalare nelle Gole di Taghia, una zona di grande bellezza ed interesse alpinistico ma relativamente poco conosciuta negli ambienti alpinistici internazionali.

Taghia è un piccolo villaggio di contadini, sperduto tra le montagne, a 2 ore di cammino dalla prima strada, che non è nient’altro che una pista disagevole percorribile con fuoristrada. Non c’è luce né telefono, si è insomma completamente isolati, senza possibili soccorsi in caso di incidente, ma perfettamente integrati nella vita contadina del piccolo villaggio di berberi. Insomma, un piccolo angolo di paradiso!
A due passi dall’oasi del villaggio, che deve la vita ad alcune incredibili sorgenti, si spalancano le gole, che si addentrano verso lo spartiacque della catena dell’Atlante (in questo punto sui 3500 m) fiancheggiate da chilometri di alte pareti, con uno sviluppo che sfiora i 900 m. La roccia è un calcare arancione di eccezionale qualità.

Dal punto di vista alpinistico, la zona fu scoperta da Manuel Punsola, uno spagnolo, nel 1974. Le prime vie si devono però, l’anno successivo, a un gruppo di francesi tra cui Bernard Domenech (uno degli attuali massimi esperti alpinistici sull’Africa) ed Erik Dechamp. I francesi salirono le vie più logiche, grandi courses di 600 m in isolamento totale. Negli anni ’80 e ‘90 la zona fu frequentata sporadicamente soprattutto da spagnoli, che aprirono un buon numero di big wall, con permanenze in parete anche di una settimana. Aperture di buona qualità si devono poi ad un gruppo di francesi, capitanati da Remi Thivel e Christian Ravier, vie difficili e protette da qualche sporadico spit, sempre su pareti tra i 400 ed i 600 m. Le prima vie moderne sono opera invece allo spagnolo Toni Arbones (aperte però dal basso in artif) e, nel maggio 2003, al trio Michel Piola, Benoit Robert e Arnaud Petit. Questi ultimi hanno lasciato a Taghia una via di 600 m (Les rivieres pourpres, 7b, 6c obbl.) ed una di 300 m (Canyon Apache, 6c), più una manciata di monotiri sino all’8a+ (Arnaud Petit). Nonostante questo Taghia è sconosciuta a quasi tutti gli alpinisti europei. Basti dire che, a parte francesi e spagnoli (quasi sempre gli stessi), nessun altro europeo è giunto in zona a lasciare il segno su queste rocce.


SUL FILO DELLA NOTTE, Tadrarate, Marocco
report di Maurizio Oviglia

“Appena giunti a Taghia abbiamo cercato di renderci conto delle possibilità, ma in due giorni di frenetiche camminate, non siamo comunque riusciti a vedere tutto. Alcune parti dei canyon sono difficilmente percorribili e, comunque, non è stato difficile trovare pane per i nostri denti. Nostro obiettivo era aprire una via moderna, cosicchè ci siamo indirizzati sulle pareti più lisce ed adatte a questo stile. Individuata una linea sull’Oujad di più di 600 m, abbiamo quindi faticosamente portato il materiale alla base. Un indicazione del francese Alain Bruzy, incontrato sul posto, ci invitava però a dare un’occhiata oltre, nelle gole dell’Akka ‘n Taghia. Con un’ulteriore ora di marcia ci siamo infatti trovati di fronte all’immensa parete rossa del Tadrarate, senza neanche una cengetta o un arbusto… è stato un colpo di fulmine, e ce ne siamo subito innamorati!

Tornati a prendere gli zaini abbiamo iniziato la via (che pareva tutt’altro che facile), sotto un sole estivo. Avevamo comunque i giorni per fare almeno un tentativo, ed eventualmente tornale al vecchio progetto… Col passare del tempo la fatica accumulata saliva, la parete non finiva mai (anzi, diventava più difficile), e la meteo era sempre più variabile. Tutte le giornate dedicate alla parete iniziavano alle 5 del mattino e finivano alle 8 di sera, dopo un rocambolesco rientro al villaggio di notte, su un terreno che non permetteva di mettere un piede in fallo, pena un salto di 100/200 m nel fondo della gola. Due volte poi ci ha sorpreso nella parte alta della parete un diluvio di acqua che ha messo a dura prova le nostre energie psico-fisiche. Non v’era dubbio, ormai, la via ce la dovevamo guadagnare tutta, e non era certo una passeggiata, né una vacanza rilassante! Nonostante nell’alto della parete la roccia fosse meno lavorata e la nostra progressione lenta, la via stava nascendo e proponeva una continuità nelle difficoltà notevole, rivelandosi ad ogni tiro di bellezza incredibile, sempre su roccia stupenda.
Dopo 5 giorni di fatiche in parete finalmente abbiamo terminato la via, nei numeri 12 tiri e 570 m di sviluppo, con quasi 450 metri continui sopra il 7a.



Dopo due giorni di riposo abbiamo dunque provato come d’abitudine la rotpunkt, in un giorno assai freddo e con il cielo terso. Dopo che io ho salito i primi tiri, con lo stress di non sbagliare e fare un salto di parecchi metri, magari compromettendo il momento clou della spedizione, è toccato a Rolando continuare. Rolly ha condotto bene, nonostante fosse impossibile ricordarsi tutte le sequenze (senza averle ripassate) di tanti metri così tecnici, ed ha spinto a fondo sull’acceleratore, liberando pure il tiro chiave (7c+); purtroppo è però caduto ripetutamente sul successivo (7c), ormai sfinito. Tutti non avevamo più pelle sui polpastrelli né “morale” per ritentare, ed è stato giocoforza rinunciare alla rotpunkt in giornata. Dopo 24 ore di riposo eravamo nuovamente carichi per ritentare, ma il tempo si è guastato irrimediabilmente, ed è piovuto ininterrottamente per 14 ore. Il giorno dopo era la nostra ultima carta e, nonostante le nuvole minacciose, abbiamo deciso di raggiungere la cima della montagna e calarci sino al tiro da liberare. Nonostante avesse ormai ricominciato a piovere, Rolando ha messo in campo il suo incredibile livello, ed è salito sul 7c come un fulmine e a freddo, salvando almeno la libera dei tiri,appena in tempo che il diluvio ci cogliesse un’ennesima volta. Il ritorno a valle, la sera stessa, è stato quanto mai avventuroso. I torrenti erano fiumi di acqua fangosa e la notte era ormai scesa. Dopo numerosi guadi e completamente fradici l’abbiamo finita a bussare alle case di fango di Zaouiah, sperando che qualcuno ci aprisse. L’ospitalità di questa meravigliosa gente ci ha ancora una volta sorpreso, accogliendoci a braccia aperte con un caldo thè alla menta, il cosidetto whisky berbero.

La via nuova l’abbiamo battezzata “Sul filo della notte” (Sur le fil de la nuit) per ricordare tutte quelle giornate passate a rincorrere con ansia il sottile filo che separa il giorno dalla notte. Taghia è stata proprio una bella avventura, impegnativa e stressante, perché è sempre molto faticoso aprire una via in questo stile e su queste lunghezze. Crediamo di aver regalato qualcosa di bello ed impegnativo ai ripetitori, che sicuramente potranno concedersi una scalata sportiva engagèe in modo più rilassante del nostro. Sfiniti dai 90 kg di materiale che avevamo appresso e da tutte le fatiche e lo stress che l’apertura ci ha richiesto, ci eravamo dimenticati cosa fosse l’arrampicata sportiva, e ci toccherà forse tornare per gustarcela appieno…
Desidero ringraziare per il supporto tecnico La Sportiva, Kong, e per l’abbigliamento North Face per Rolando e Mello's per me. Un grosso grazie va anche ai miei compagni Rolando e Michele per avermi sostenuto nei momenti più difficili con forza e lealtà. Infine a Said e Ahmed con le loro famiglie, per averci ospitato nelle loro case e accolto agli orari più impossibili”.


Maurizio Oviglia


Portfolio

schizzo della via sul fili della notte, Tadrarate
Archivio news Oviglia
Archivio news Larcher
Portfolio

Oviglia, 2nd pitch foto Michele Paissan

Portfolio


TADRARATE, 2803 m
parete SW
SUL FILO DELLA NOTTE

Prima salita: Rolando Larcher, Maurizio Oviglia e Michele Paissan, ottobre 2003
Difficoltà: 7c+ max; 7b obbligatorio.
lunghezza 570 m
materiale: interamente attrezzata con spit inox, 10 mm, chiodatura distanziata

Larcher sulla nona lunghezza (7c) (foto Michele Paissan)

La parete con il tracciato (Foto Maurizio Oviglia)



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