Climbing Tour Sicilia, alla scoperta di 4 falesie estive e solitarie. Di Massimo Malpezzi
Quando approdai tra le montagne delle Madonie, la prima cosa che mi dissi è che la roccia è talmente tanta da farci stare dentro quasi la Valle del Sarca e Briançon messe insieme. Di tutto quel ben di Dio solo il 5% è stato valorizzato in termini di falesie e vie lunghe, d'altra parte la percentuale disarmante di pareti e paretine è inversamente proporzionale al numero di climber di livello che scala in Sicilia. Ma soprattutto che chioda instancabilmente, possiamo dire una decina in tutto? Credo d'essere generoso.
Due di questi sono in assoluto tra i più forti, ed è con loro che ho iniziato questo piccolo tour di falesie prettamente estive, parlo di Dario Di Gabriele e Jonathan Bonaventura, insieme a Mary e al simpatico local Paolo Spinnato, preziosissimo nel darci le informazioni mancanti sulle location, oltre ad essere anche lui un chiodatore.
In realtà in questi giorni avremmo dovuto andare nel Centro Italia, ma una perturbazione ci ha frenato ed è stato un bene perché la scoperta di 4 falesie spettacolari lungo il nostro tragitto ha ripagato abbondantemente della delusione di un altro viaggio già programmato da tempo.
Falesia di Caltavuturo
Abbiamo appuntamento con Dario e Mary alla falesia di Caltavuturo, siamo nell'area del parco delle Madonie, Jonny mi dice di quanto sia spettacolare e imponente la bastionata fatta di speroni bianchi e rossi posta a 600 metri di quota e, dal primissimo pomeriggio, all'ombra. È la prima delle 4 che toccheremo in questo nostro piccolo viaggio avventuroso fuori dai circuiti classici e la cosa mi eccita molto, del resto sono abituato ad esplorare.
Quando scavalliamo il colle me la indica e rimango di sasso, davvero fantastica, ma ancora più bella è la visione dalla base della falesia verso il fittissimo paese di Caltavuturo addossato sotto le pendici della Rocca di Sciara, una severa parete alta 200 metri, dal colore rosso e solcata da due grandi fessure. Tra loro sale un via estrema aperta proprio da Jonny Bonaventura e Mirto Monaco, nome Cacao Meravigliao. Tutto a destra invece si insinua la via dei tetti rossi, itinerario più alpinistico aperto da Peppino Gallo e Rosario Cammara. La piccola cittadina è decisamente piena di vitalità, un luogo ideale come campo base sia per alloggiare che per mangiare. La comunità di Caltavuturo si distingue anche per essere il primo comune Siciliano a finanziare una falesia di stampo sportivo, idea lungimirante in prospettiva turistica grazie al suo chiodatore Rosario Cammara che di fatto le ha chiodate tutte. Sopra il paese ci sono i ruderi del castello arabo poi conquistato dai Normanni, insomma la storia affascinante della Sicilia lascia tracce ovunque.
Tornando alla nostra falesia, un sentiero ben tracciato in una quindicina di minuti porta su quello principale che contorna la lunga bastionata. Oltre 130 tiri di qualità superba. A parte il settore centrale che regala una decina di corte vie dal 5b al 6a e il settore estremo di sinistra con 3/4 vie sui 25/28 metri di 6a e 6a+ più l'ultimo settore a destra con 7/8 vie su calcare a buchetti dal 6a al 6b, tutto il resto è roba dura. Insomma, grandi viaggi dal 7a in su, e per viaggi si intende pedalare anche fino a 35/38 metri, quindi portatevi almeno una dozzina di rinvii abbondanti, tanta “birra" e non pensate di avere a che fare con gradi morbidi.
E' qui che conosco Dario Di Gabriele e Mary e il loro bellissimo cane Mangia. Dario è probabilmente il più forte climber Siciliano eppure non lo dà a vedere nella sua totale umiltà, ma soprattutto è un artista della chiodatura, adora scovare linee durissime e stilisticamente perfette, ed è grazie a lui che, soprattutto nelle aree Modicane e Ragusane, sono nati settori straordinari come le falesie Onda Anomala, Hollywood e Secret Garden.
Come Jonathan Bonaventura si sobbarca le spese di spit e soste. Mi raccontano della difficoltà di sostenere il costo necessario eppure proseguono imperterriti nel loro intento di regalare gioielli a climber che, ahimè, sembrano preferire sempre più le solite due o tre falesie comode e famose con il risultato di trovare, come ci è capitato in questo viaggio, pareti mangiate da rovi ed edere rampicanti. Ma poco importa, ogni volta è un lavoro di giardinaggio a colpi di falcetto sega e forbicioni e solo dopo si inizia a scalare.
Falesia di Cabeci
La seconda falesia di fatto è un settore della stessa area di Caltavuturo, ben visibile dal paese che si staglia con due muri ben disegnati circa 500 metri più a destra, immersa nella fitta vegetazione. Molti tiri non sono neppure mai stati ripetuti e non pensiate a linee estremissime, solo per il solito discorso del non esplorare o semplicemente andarci rimangono lì, chiodate e intonse. L'avvicinamento è più che complicato e lungo dato che con le auto è necessario aggirare la falesia dall'alto attraverso prima una strada che porta al paese di Scalafagni Bagni, poi avventurandosi su uno sterrato per 1 km circa (attenzione parcheggio per sole due vetture) altrimenti a piedi dall'inizio della strada di campagna. Dalle auto parcheggiate presso una casa di pastori si prosegue lungo un sentiero e nei pressi di un grande pilone elettrico si scende. Dopo 10 minuti si incontra sulla sinistra il primo settore con alcuni tiri umani poi, con altri 5 minuti, si è sotto al gran muro. Qui Dario e Jonny liberano un paio di bellissimi muri sul 7b e 7c. A sinistra altre linee salgono sfruttando i piccoli buchi da mono e da biditi. Un consiglio? Imperdibile L’ultimo dei Mohicani, un 7a da cinque stelle.
Falesia di Collesano
Ci spostiamo verso il mare. Nell'entroterra di Cefalù ci accoglie un ambiente davvero suggestivo. Sul paese, adagiato tra colline e valli che si attaccano a imponenti rocce e pareti, svetta il Monte D'Oro sulla cui imponente parete salgono interessanti itinerari di più tiri. Noi siamo alla ricerca di una porzione di roccia in Contrada Croce, si dice che vi siano disegnate alcune linee esteticamente perfette, fatichiamo un po’ ma poi magicamente ci troviamo sotto la parete divisi solo da un fitto boschetto. Capiamo subito che qualcosa non torna con le proposte dei gradi, così troviamo due 6b che sono dei legni da paura, ma soprattutto uno dei 7b proposto come must si fa salire a fatica tirando tutto alla grande. Dario e Jonny rimangono perplessi, poi dopo alcune ricognizioni Dario trova addirittura la sequenza del crux: 3 mono di mignolo che si susseguono fino ad una presa svasa d'uscita, ne esce un tiro estremo: 8b. Prima salita e prima libera. Jonny libera poi in altro 7b tendente al 7c e si avventura in un viaggio di 38 metri gradato 7b/c. La falesia merita sicuramente, per altro ci sono alcuni spazi vuoti molto interessanti per nuovi progetti.
Pizzo Nicolosi
Giungiamo a Ficuzza a metà mattino, il paese è meravigliosamente tranquillo, la cornice è dettata dalla sontuosa villa che mi ricorda certe tenute francesi. Re Ferdinando IV dei Borboni che se la fece costruire scappando dai tumulti Napoletani nel 1798, scelse questo territorio come riserva di caccia.
Le montagne rocciose che fanno da cornice al paese sono severe e imponenti, spicca su tutte la Rocca Busandra che di fatto è il culmine della catena rocciosa alle spalle del paese. Su questa parete immancabile la firma di un altra via aperta - sempre da Jonny e Marco Puleo giovane e forte Guida Alpina di Nicolosi - ancora da liberare completamente. Le colline coltivate a grano appena raccolto risplendono del colore giallo intenso e sembrano aggrapparsi a quelle rocce. Da Ficuzza proseguiamo qualche chilometro cercando di individuare la sterrata che ci porterà ai piedi del Pizzo Nicolosi che vediamo ergersi imponente con il suo pilastro Yosemitico.
Con le auto riusciamo a risalire la strada che a tratti è poco più che una mulattiera. Jonny mi racconta che quella parete fu scoperta dal ceco Lukáš Čermák e dallo slovacco Jan Smolen che la salirono dal basso aprendo King Snail con una lunghezza di 8c che attende ancora una prima libera (messaggio arrivato Big Climber?) divenendo probabilmente una delle vie di più tiri più dure in assoluto in Italia.
La parete conserva alla sua base una serie di monotiri chiodati da Tommaso Tamagnini che vorremmo provare, ci accorgiamo, una volta alla base, che la vegetazione si è impossessata degli attacchi. La prova, ancora una volta, che questi luoghi incredibilmente belli non vedono climber da anni, pazzesco mi dico.
Jonny sale come primo tiro un 6b che somiglia tanto ad un 6c abbondante, così raglio come un somaro quando tocca a me. Capiamo subito il livello, l'esempio lo abbiamo con un 6a+, i cechi nel tentativo di aprire la via chiodarono questo tiro che si infranse sul nulla, lasciarono il monitoro per partire più a destra e quel 6a+ rimase un "bastone" indescrivibile. Storie epiche che si tramandano senza clamori mediatici tanto che in pochi sanno dell'esistenza di questo luogo selvaggio e solitario.
Nel giro di un'ora ci piomba addosso una tempesta d'acqua e di corsa riusciamo a ritirarci fino alle auto con un tiro montato e abbandonato (recupereremo il materiale nel tardo pomeriggio innondati dal tiepido sole del tramonto). Seduti al bar del paese, sorseggiando birre fredde ripenso a questi territori, alle falesie visitate e alla loro solitudine. Sorrido perché da noi, al nord, sarebbero prese d'assalto da centinaia di appassionati. Meglio così, mi dico. Un ringraziamento speciale a Dario, Jonny, Mary e Paolo per avermi dato la possibilità di conoscere luoghi unici. Torneremo alle falesie solitarie molto presto, impossibile non riviverle.
di Massimo Malpezzi