Tre nuove multipitch a Ceraino Classica, il piccolo Verdon veronese
"Perché non andate mai a Ceraino?" E fu così, da un consiglio fortunatamente non himalayano di Fausto De Stefani alla figlia Sara che, ad aprile di quest’anno, mi ritrovai con lei sulla mitica Carmina Burana. Scioccamente ben ventisei anni dopo la mia ultima Expo ’87…
Tra una spaccata e l’altra nell’incredibile camino carsico di Carmina, poi lungo le fessure dei grandi tetti ed le placche oblique sospese sul placido Adige, ci godemmo una magica mattinata calati in uno degli scenari più belli dell’arrampicata sportiva italiana. E proprio non mi capacitavo del perché non vi ero più tornato.
Con gli occhi ancora pieni di bellezza, il pomeriggio seguente in negozio fu certamente meno noioso. Anzi, la fantasia da apritore seriale già correva a linee e spazi ancora liberi su quella roccia perfetta e multicolore.
Ceraino Classica, con le salite esplorative del fuoriclasse Bruno Bettio e compagni negli anni ’70 e le aperture sistematiche proseguite da Giuseppe "Beppo" Zanini e da Sergio Coltri nel periodo più fervido (quello tra metà anni ‘80 ed i primi del ’90), è il tempio sacro dell’arrampicata veronese.
La disarmante accessibilità del sito, la qualità della roccia, nonché l’esposizione e l’atmosfera assolutamente verdoniane, fanno di Ceraino Classica un luogo da sogno a cui si perdona volentieri, oggi come allora, il rumore del traffico della statale in riva sinistra. Ma per noi bresciani (già Arco-dipendenti), la sua popolarità massima all’epoca purtroppo non resse l’entusiasmo per il più ampio Brentino (monte Cimo). E così sbadatamente del piccolo Verdon proprio ce ne dimenticammo.
Fatto sta che dopo 26 anni, ripetendo alcuni dei tanti bellissimi monotiri, ad aprile di quest’anno decido di spingermi oltre, sempre e solo dal basso, attraverso quei muri a gocce ancora incredibilmente liberi, traversando su concrezioni sotto e sopra i tetti neri e marroni per approdare alle grigie placche verticali finali a buchi: che spettacolo!
Nell’ordine nascono così in continuità Gli Ormonauti, Belli e Dannati e La Tigre del Ribaltabile, tre goliardiche proposte con difficoltà crescenti ma sempre abbordabili all’insegna del piacere di respirare l’aria tra un fix e l’altro, senza precludere la possibilità di integrare.
Cercando di essere imparziale sono tutte e tre linee davvero entusiasmanti; per di più tanto simili quanto diverse, visto che già ogni singolo tiro pare faccia a sé per differenza di roccia e di scalata. E I gradi? Se appariranno severi è solo perché Ceraino non ha mai regalato nulla…
Anche se mi lusinga che alcuni ripetitori le abbiano definite delle perle destinate a diventare delle classiche della parete più classica, il vero plaisir per me è già stato quello di godere del delirio dell’apertura in compagnia di amici speciali. Disegnando con loro, nel vento gelido di aprile fino nell’afa di giugno, delle piccole grandi avventure a dispetto della loro lunghezza e della facilità d’accesso.
Io, Vince, Sara e Massimo potremmo raccontarvi di gocce per cliff e polpastrelli, di puntine o coralli che scricchiolano sotto le scarpe, di traversi sul vuoto, dei muri a buchi senza soluzione di continuità. Come di polvere negli occhi, di disgaggi vari e di tante altre tribolate da bestemmie… Ma in realtà da alcolisti non confesseremo mai che in fondo le nostre viette sono state una scusa per buttarsi giù di corsa dalla ferrata e finire ovviamente da Gilio gustando le sue specialità annaffiate da litri di birra.
Se poi la nostra edonistica presunzione avesse lasciato davvero qualcosa di buono e di rispettoso, beh, ne brinderemo volentieri assieme ai ripetitori!
Matteo Rivadossi ringrazia: CAMP, Montura, Kayland, Elbec
SCHEDA: Gli Ormonauti, Ceraino Classica, Veneto