Tofane, grande arrampicata per grandi storie nelle Dolomiti

Sulla parete della Tofana di Rozes e della Tofana di Mezzo sono tracciate alcune delle più belle vie d'arrampicata delle Dolomiti. Ecco la nostra quarta esplorazione del grande alpinismo del passato e del presente nei vari gruppi dolomitici, dopo la Marmolada, Le Tre Cime di Lavaredo e le Pale di San Martino.
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La Tofana di Rozes, Dolomiti
Roberto Casanova

Una grande fortezza, una madre forte, bella, che riempie gli occhi. Così appare l'immenso universo della Sud della Tofana di Rozes, la grande parete di Cortina. Un mare modellato di antiche onde di Dolomia principale, l'una sull'altra sovrapposte. Un oceano verticale, di pilastri, torri, creste, anfiteatri.

Da destra, dall'elegante profilo del Primo spigolo che s'affaccia sull'imponente rilievo del Pilastro di Rozes, dall'arrotondato Terzo spigolo al cuore dell'Anfiteatro e, proseguendo ancora fino al Pilastro della Tridentina, è un susseguirsi di linee, di pareti che scappano verso l'alto. Ognuna a rincorrere un suo percorso verticale, per dar corpo alla perfetta muraglia dall'aria inespugnabile. Forse bisogna partire da quest'unità nella differenza, per leggere la storia delle vie della Rozes. Per capire il fascino di questa montagna fatta di tante montagne, diverse e unite.

Proprio in quest'anima, d'universo cangiante e straordinario dedalo di rocce, s'immergono le guide ampezzane Antonio Dimai, Giovanni Sorpaes, Agostino Verzi, accompagnando le baronesse Ilona e Rolanda Eötvöss. E' il 1901: sarà la prima via della Sud, quella che resterà l'invenzione più bella della parete.

Come un incredibile viaggio, perfetto per logica e fascino, la Eötvöss-Dimai s'insinua nelle pieghe della montagna. S'inizia scalando ad ovest puntando al grande anfiteatro centrale, per poi seguire l'intuito dei primi salitori trovando la strada tra traversate ed innumerevoli cambi di versante. E' un tragitto impegnativo che attraversa, in 1200 metri di sviluppo e 850 di dislivello, straordinarie prospettive. Come la grandiosa concavità dell'anfiteatro, simbolo di protezione e cuore stesso della parete-madre. Vera perla dell'arrampicata dolomitica, ancor oggi, questa via regala emozioni e, pur sfiorando "solo" il V°, richiede grande impegno ed esperienza alpinistica.

Dopo questa "prima", anche per la Rozes, arrivano gli anni bui della Guerra. Scalata e violentata per devastanti "giochi di guerra", la parete assiste impotente alle tragedie e sofferenze degli uomini che si dannano sulle sue rocce. Sono ferite, mai rimarginate, ancora visibili sul Castelletto, il Camino dei Cappelli e il Diedro sud ovest.

La storia riprende nel 1925, l'anno della seconda via. Ne è autore tal Cagliari, di cui si sa davvero pochissimo, ma che merita senz'altro una citazione. Da solo, seguendo la Eötvöss-Dimai, Cagliari, raggiunge l'anfiteatro, poi parte per un'avventurosa traversata verso il Terzo spigolo, passando per tratti di parete davvero impressionanti tanto sono esposti. La via, probabilmente ripetuta solo da Albino Alverà, è un' impresa sconosciuta, soprattutto per l'epoca e per come è stata portato a termine.

Nel 1929 è la volta di Walter Stösser che, con Ludwig Hall e Franz Schütt, raddrizza la Dimai percorrendo tutta la parete fino al punto più alto. Nasce così una linea molto bella e, cosa non da poco, il VI grado fa il suo ingresso in Tofana.

Ma solo due anni dopo il tiro è fatalmente alzato. Nel 1931, Attilio Tissi, Giovanni Andrich, Francesco Zanetti e Andrea Zancristoforo partono per ripetere la Stösser. Ma sbagliano. Giunti all'Anfiteatro stanno più a sinistra, e tirano su dritti per una durissima fessura camino di roccia paurosamente marcia. Dopo sette decenni, quei 900 metri contano non più di 10 ripetizioni, tra cui quelle di Albino Alverà, uno dei grandi della Rozes, e di Reinhold Messner. Proprio partendo da questo e sulla base delle opinioni di questi pochi ripetitori la Tissi appare "grande". Per difficoltà, impegno tecnico e psicologico è in assoluto uno degli itinerari più difficili (se non il più difficile) di quel periodo.

Arriva così il 1939, ed è una tappa importante per la nostra storia, nasce, infatti, il Gruppo degli Scoiattoli. Da questo momento sulle pareti della conca ampezzana, e non solo, è un susseguirsi di salite e, naturalmente, la Tofana di Rozes è una delle maggiori beneficiarie.

Albino "Boni" Alverà, uno dei fondatori del Gruppo, è tra i più attivi sulla Sud. Nel '42, dicianovenne, e con soli due anni di arrampicata alle spalle, ripete la Dimai-Comici alla Nord della Grande Lavaredo, ma anche la Tissi che considera: "Durissima e pericolosissima". Un mese più tardi, con Costantini Apollonio e Ghedina, apre sulla parete la Via della Julia, ben 850 metri di 5° e 6° grado. Ma sarà il 1946 l'anno dei suoi capolavori. In pochi giorni, "Boni" e Ugo Pompanin aprono le vie del Primo e del Terzo Spigolo. Due stupendi itinerari, tra il 4° e 5° grado, tra i più estetici e ripetuti (specialmente il Primo spigolo). Nello stesso anno Ettore Costantini e Luigi Ghedina, con bella arrampicata, superano l'arrotondato spigolo di sinistra del grande Pilastro che sorregge l'intera parte destra della parete.

Eccolo, dunque, il Pilastro di Rozes. Tutti gli itinerari di questa zona della Sud ruotano attorno a lui, e alla sua via più famosa: la Costantini-Apollonio. Nel 1944 Ettore Costantini e Romano Apollonio, in due giorni, percorrono la perfetta fessura che incide tutto il Pilastro caratterizzato da due grandi tetti e dalla cosiddetta "Schiena di mulo". Proprio alla base di questa difficile e faticosa fessura camino i due restano senza chiodi, ma comunque proseguono e, per proteggersi, s'arrangiano… incastrando dei sassi. Così ci lasciano un vero capolavoro, senz'altro tra i più belli delle Dolomiti. Non a caso, infatti, questa via fu una delle più in voga negli anni '80, tanto da registrare uno dei primi settimi gradi delle Dolomiti ad opera di Heinz Mariacher e Luisa Iovane.

Anche Walter Bonatti scese in campo sulla Rozes e, nel 1952, con P. Contini aprì la Via della Tridentina, sullo sperone sud ovest, all'estrema sinistra della parete. Ma la storia della Sud è destinata a continuare ancora sul Pilastro di Rozes, ancora ad opera degli Scoiattoli. Nel 1963 Lorenzo Lorenzi, Bruno Menardi, Albino Michieli, Carlo Gandini e Arturo Zardini in cinque giorni percorrono la Paolo VI. L'unica via dell'epoca delle gocce d'acqua, ovvero dell'artificiale, della parete. Una direttissima che per molti è una delle più belle delle Dolomiti. Anche se, purtroppo, poco ripetuta.

Da segnalare, negli anni '80, le due vie di Aldo Leviti e compagni. Nel 1983 salgono un itinerario fino al VI+ che percorre la parte centrale congiungendosi alla Dimai sulla traversata superiore. Mentre sul Pilastro, a sinistra della Costantini-Apollonio, aprono "Gilles Villeneuve", con difficoltà fino al 7-.

Nel '94, invece, con "A 40 anni della cima" Pietro Dal Prà e Davide Alberti "Capazo" ricordano la prima salita del K2 con una difficilissimo itinerario, poco protetto e non ancora ripetuto, che corre a destra della Paolo VI per 12 tiri. Sempre Dal Prà, Marco Da Pozzo e Paolino Tassi, nel '97, aprono La Lux, via molto bella, dedicata a Luciano da Pozzo, e salita dai tre in stile alpino con chiodi normali e difficoltà fino al 6c, per 22 tiri e 800 metri di dislivello.

Ai nostri giorni l'evoluzione moderna passa per le vie dello scoiattolo, e figlio d'arte, Massimo da Pozzo. Mox sul pilastro del Terzo spigolo, in una zona priva di vie, ha tracciato tre itinerari attrezzandoli dal basso a spit. Sono delle vie impegnative per distanza delle protezioni e bellezza. Sicuramente da affrontare preparati e con umiltà. Questo, del resto, fate le dovute proporzioni, è il segno caratteristico di tutte le vie della Sud, una parete così facilmente accessibile, quanto grandioso e severo è il suo mondo di pietra.

di Vinicio Stefanello

pubblicato su Alp Grandi Montagne #17 Tofane Cinque Torri Scotoni

Tofana di Rozes
Primo Spigolo

Primi salitori: Albino Alverà, Ugu Pompanin, 1946
Il Primo Spigolo è una via di media difficoltà molto apprezzata e frequentata. Nella prima parte risale il grande diedro alla base dello spigolo, poi prosegue lungo il filo dello stesso per spostarsi sulla destra per evitare degli strapiombi. Questa traversata ed il sucessivo diedro sono il tiro chiave della via assieme al diedro iniziale (evitabile sulla sinistra). Dalla grande cengia la salita prosegue prima a sinistra e poi sulla destra dello spigolo, fino al camino terminale.

Costantini - Apollonio
Primi salitori: E. Costantini, R. Apollonio, 1944
È sicuramente la via più famosa e ripetuta della parete, grazie alla sua linea perfetta e alla bellezza dell’arrampicata. Dato lo sviluppo generale e la continuità richiede un buon allenamento. La prima parte della salita segue la fessura che incide il basamento di roccia grigia, fino ad arrivare alla prima cengia da dove è possibile scendere traversando a destra con una serie di doppie nel canale tra il Pilastro ed il Primo Spigolo. Nella parte superiore sono ormai famosi i due difficili tetti e la “schiena di mulo”, spesso bagnata, che costituiscono i tratti chiave della via. In alto l’itinerario traversa a sinistra ed esce in cresta assieme alla Costantini - Ghedina. La via è chiodata, portare una normale dotazione di materiale.

Sognando aurora
Primi salitori: Massimo Da Pozzo, Marcello Menardi 09/2005: 1a libera Massimo Da Pozzo 06/2006
Via molto bella, estetica ed area. E' stata aperta dal basso e in tre giorni, nel settembre 2005, da Massimo Da Pozzo e Marcello Menardi, e quindi salita in libera dallo stesso Massimo Da Pozzo nel giugno 2006. Con linea davvero superba e difficoltà sostenute, “Sognando l'aurora” affronta una delle pareti mitiche delle Dolomiti percorrendo la Sud del Pilastro di Rozes - fra la Costantini-Apollonio (a sx) e la Paolo VI (a dx) - e sbucando proprio in cima al grande paretone. Probabilmente si tratta del più bel itinerario tra i tanti aperti da Massimo da Pozzo nelle Tofane. La roccia (giallo-rossa) tra le due cenge è superlativa ed è in generale sempre buona su tutti i 600 metri della via (solo in alcune lunghezze è in parte da ripulire con le ripetizioni). Sicuramente si candida a diventare una classica assoluta tra le vie in libera e di alta difficoltà della parete.

Spigolo Costantini - Ghedina
Primi salitori: E. Costantini, L. Ghedina, 1946
Questo itinerario supera con difficoltà contenute (4 e 5, un passaggio di 6-) lo spigolo sinistro del Pilastro della Tofana di Rozes. La parte più impegnativa della salita si incontra nelle lunghezze centrali, con cui si passa tra i due grandi tetti gialli di metà parete. In questo tratto la presenza di numerosi chiodi e cordini fuori dal percorso, può indurre in errore. È una via frequentata e abbastanza chiodata, portare una normale attrezzatura e cordini per le clessidre.

Terzo spigolo
Primi salitori: A. Alverà, U. Pompanin, 1946
Arrampicata elegante in ambiente grandioso che supera il poderoso terzo spigolo posto a sinistra del Pilastro di Rozes. La roccia è buona e le difficoltà sono continue dalla metà in su; chiodatura sufficiente nei tiri più impegnativi.

Via Eötvös Dimai
Primi salitori: A. Dimai, G. Sorpaes, A. Verzi, I e R. von Eötvös, 1901
Itinerario classico che sale al centro la complessa parete sud della Tofana. È considerata una delle più belle vie della parete in ambiente grandioso. Nonostante le difficoltà non elevate richiede esperienza e un buon allenamento visto l’elevato sviluppo.

Tofana di Mezzo
Via degli Scoiattoli
Primi salitori: I. Dibona, L. Da Pozzo, D. Valleferro 1996
Itinerario ormai classico che supera al centro la bella parete est della Tofana di Mezzo. Aperta in artificiale, viene oggi ripetuta in libera con difficoltà fino al 7a. La chiodatura pur non essendo a spit è abbondante e quindi rende l’arrampicata sicura. Roccia ottima salvo alcuni brevi tratti.

Via Falcone e Borsellino
Primi salitori: M. Da Pozzo, A. Bertinelli, 1990
Arrampicata stupenda impegnativa su roccia ottima, chiodatura mista, spit e chiodi a volte distanziata. L’itinerario sale a sinistra della via degli Scoiattoli.

Castelletto
La Grande Guerra

Primi salitori: Marco Sterni, Massimo Sacchi, Mauro Florit, estate 2003
Bellissima via aperta dal basso con l’uso del trapano. Risulta completamente attrezzata a spit fix da 10 mm.

Pacchia

Primi salitori: Marco Sterni e Mauro Florit, estate 2003
Bellissima via sulla parete NO del Castelletto 2656m, aperta dal basso con l’uso del trapano, risulta completamente attrezzata a spit fix da 10 mm.

ACCESSO
Per tutti gli itinerari della Tofana di Rozes il punto di partenza è il Rifugio Dibona. Da Cortina si sale in auto verso il Passo Falzarego, superata la frazione di Pocol; dopo alcuni tornanti, si incontra sulla destra il bivio (indicazioni) da dove parte la stretta strada che sale al rifugio Dibona. Per la Tofana di Mezzo da Cortina si sale con la funivia Freccia del cielo e poi per ghiaione si raggiunge la base della parete. Per le vie del Castelletto si parte dalla casa cantoniera situata, venendo da Cortina, poco prima del Passo Falzarego.

LINK: Vai a tutte le vie delle Tofane nel database di planetmountain.com




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