Progetto Val Salarno, per valorizzare il patrimonio alpinistico della valle più blasonata dell’Adamello

Riceviamo e pubblichiamo il Progetto Salarno, un 'piano di valorizzazione del patrimonio alpinistico della valle più blasonata dell’Adamello'. Il manifesto è stato firmato dai principali protagonisti dell’arrampicata moderna in Val Salarno a partire dai primi anni ’80 fino ad oggi: Marco Preti, Mario Roversi, Alberto Damioli, Sandro Zizioli, Alberto Franchini e Matteo Rivadossi.
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Val Salarno: Matteo Rivadossi in apertura su Gotica VIII+ sul Cornetto di Salarno
Giorgio Mauri

Dopo anni di gestazione (per la precisione, nove dall’incontro "Salarnica" tenutosi al Rifugio Prudenzini nel 2014!), il 28 settembre 2023 ha finalmente preso corpo il Progetto Salarno, un piano di valorizzazione del patrimonio alpinistico della valle più blasonata dell’Adamello. Quella che contiene le pareti più slanciate ed eleganti, le vie più impegnative, alcune delle quali ormai assurte a mito.

Firmatari del manifesto i principali protagonisti dell’arrampicata moderna in Val Salarno a partire dai primi anni ’80 fino ad oggi: Marco Preti, Mario Roversi, Alberto Damioli, Sandro Zizioli, Alberto Franchini e Matteo Rivadossi.

Portano infatti la loro firma alcuni dei capolavori tracciati sulle eleganti pareti del Corno Miller (3373m), dei Corni di Salarno (Occidentale, Centrale e Orientale, 3327m), del Cornetto di Salarno (3213m) e delle sue articolate elevazioni (Avancorpo, Quota 2900, Quota 2965 o Antecima), del Corno Triangolo (3097m), del Corno Gioià (3087m), delle Cime di Poia (2991m).

Queste imponenti strutture, che paiono sorreggere il Pian di Neve (il più esteso ghiacciaio italiano nonostante la sofferenza), nei cinquant’anni precedenti erano già lambite da una quarantina di superbi itinerari classici storici, molti dei quali a firma di Vitale Bramani (inventore della celeberrima suola Vibram), Ettore Castiglioni, Carlo Sicola, Severangelo Battaini, Pericle Sacchi e Aldo Poli. Spesso sfruttandone i punti deboli quali creste, spigoli e canali.

Un aneddoto di sconvolgente attualità riguarda il primo chiodo a pressione (forse il primo assoluto delle Alpi) messo da Bramani e Nino Oppio sul Corno Orientale nel 1942 dove peraltro era già passato in libera Carlo Sicola l’anno prima…

Ma come avvenuto contemporaneamente nelle più famose Val di Mello e Valle dell’Orco, sarà proprio l’arrampicata moderna iniziata nel 1980, proiettata verso la difficoltà pura grazie anche all’evoluzione dei materiali (in primis la pedula a suola liscia), ad affrontare direttamente le placconate più compatte e repulsive trasformando la Val Salarno in uno dei più importanti siti delle Alpi pur lontano da qualsiasi riflettore: ad oggi si contano una settantina di itinerari moderni spesso severi aperti con pochissima attrezzatura e ricorrendo allo spit, sempre rigorosamente messo a mano, solo dove non vi era alcuna possibilità di proteggersi.

In vago ordine cronologico tra queste ricordiamo alcune vie leggendarie come Parsifal e Lupo d’Argento dei fratelli Mario e Massimo Roversi, Il Pilastro della Promessa con Mariani poi Mago Merlino e Il Cammino degli Elfi dei fratelli Marco e Paolo Preti aperte ai Corni di Salarno tra 1981 ed il 1984, tutte tra i 600 agli 800 metri di sviluppo con difficoltà fino al VI+ praticamente senza lasciare chiodi; mentre sul più compatto Avancorpo nascevano con i primi spit l’avveniristica Luna Comanche (250m, VII) del team Roversi, la meravigliosa Granitomachia (250m, VI+) di Zizioli-Dall’Ara-Bonvicini la difficile Morituri te Salutant (150m, VIII) di Zizioli e Fieschi (completata da Damioli e Rivadossi), la mitica Forze Oblique (350m, VII) di Roversi e Fieschi, la dimenticata Penelope e gli Allupati (250m, VII) di Cavalli e Gaspari e le irriverenti Cicciolina for President (180m, VII/A1 o 7b) e Malù la Donna Ramba (180m, VII+) di Damioli e compagni. Ben prima, nel 1982 i fratelli Roversi con Pellizzari salivano per la prima volta la Quota 2900 con l’irripetuta Fiori della Pazzia (600m, VI+/A0), seguiti tre anni più tardi da Zizioli e Bonvicini con la difficile Soldato Blu (600m, VII+). Gli stessi con Dall’Ara su Meteo Variabile (380m, VII/A0) alla Quota 2965 (Antecima del Cornetto).

Nel 1994 Rivadossi e Degiacomi ultimavano Dottor Gore-Tex e Mr. Pile (620m, VIII/A0) iniziata con Damioli e C. nel 1990) che diventava la via più difficile dell’intero massiccio adamellino. Per mano dello stesso Rivadossi con Giuseppe Chiaf nel 1996 le impegnative Severangelo Battaini (400m, VIII/A0) al Corno Triangolo e nel 1998 Tantrica (800 m, VII+) al Corno Orientale, mentre in compagnia di Zipponi la coraggiosa Diretta del Diamante (380m, VIII-/A0) al Pilastro Est del Miller, temuta per le scariche del sovrastante seracco. Nel frattempo la prima via quasi plaisir: Il Paparazzo Guardone (260m, VII) di Damioli e C. del 1999.

Tra le grandi realizzazioni degli anni 2000 citiamo l’accoppiata di Asterix (200m, VII+) di Rivadossi e Reboldi e Obelix (400m, VII+) ad opera degli stessi con Rossetti e Civettini all’Antecima del Cornetto, Stellaluna (350m, VII-) di Rivadossi e Rossetti alla Parete del Giannantonj, la strapiombante Il Giorno degli Araucani (250m, VIII+) dei compianti Chiaf e Avanzi allo Spigolo della Greca (Quota 2900). Dopo il 2010 vengono salite Gotica (700m, VIII+/X-) linea mitica per eleganza firmata Rivadossi e Mauri sempre sulla Quota 2900 e la lunga ma ben protetta Zizioli – Franchini (800m, VII+) da parte degli stessi indomiti sul Corno Orientale.

Recenti sono le fessure estreme di Ticket to Hell (250m, VIII+/A1, probabile 8a) ad opera dei fortissimi Gheza e Agostini sull’aereo Spigolo della Greca (Quota 2900) mentre un instancabile Rivadossi firma l’aderenza al limite di Borderline (280m, VIII-/A3) e Utopia (250m, VIII+/X-) all’Avancorpo inc ompagnia di Monecchi e Freccia d’Argento (360m, VIII+) all’Antecima della Quota 2900 con Gheza e Valtulini.

Tutti le gli itinerari moderni tracciati sulle granidioriti della Val Salarno, alcuni considerati dai ripetitori tra i più belli ed esigenti delle Alpi, presentano il minimo comune denominatore dell’eleganza, dello stile e dell’ingaggio: più di quarant’anni di arrampicata in cui a cambiare sono state solo le difficoltà, sempre più elevate, ma non l’etica di apertura. Una vera rarità.

Nell’incontro del 28 settembre è stata accolta la proposta di Marco Preti, alpinista, filmaker e regista di fama internazionale, di considerare la Val Salarno un naturale santuario dell’arrampicata, concetto cardine apprezzato anche dal resto degli apritori. Tutti concordi che il patrimonio alpinistico, in questo momento unico in Italia ad essere risparmiato dall’uso del trapano, meriti in effetti un religioso rispetto.

Rivadossi, il più attivo scalatore in Salarno negli ultimi trent’anni, sottolinea che proprio la presenza di itinerari monumentali è stata la fortuna della Valle, una sorta di deterrente: "Nelle limitrofe Valle Adamè e Val Miller, in mancanza di vie di riferimento e di uno stile minimalista, non a caso abbiamo assistito ad un proliferare di itinerari aperti con l’uso sistematico del trapano. Per me in generale troppe cerniere di fix vendute come plaisir, dimenticandosi che l’alta montagna non è la media montagna, tantomeno la falesia…

Certo esisterebbe anche il modo di usare il trapano coscienziosamente ma mettendolo al bando si elimina qualsiasi discussione sul chi può usarlo e sul come: in Salarno è stato lungimirante avervi rinunciato. Non per vezzo, perché sappiamo che bucare è comunque bucare, ma per due motivi molto semplici: innanzitutto per un profondo doveroso rispetto nei confronti dei capolavori aperti prima dell’avvento dell’elettrodomestico; poi perché aprire a mano - e qui è possibile farlo approfittando della favorevole inclinazione delle strutture - è da sempre garanzia di itinerari di classe senza per altro rinunciare alla alte difficoltà.

Perché piantare uno spit a mano costa fatica, le protezioni vanno centellinate e non sempre ci si può fermare a metterle: ciò comporta dei runout che richiedono esperienza, coraggio e livello tecnico. Una scelta etica e selettiva, straordinariamente appagante per chi apre e perfino per chi ripete!

Un gioco che continua da oltre quarant’anni con le stesse regole di chi ci aveva insegnato a partire in punta di piedi su quelle placche lisce senza nessuna certezza."

La discussione inevitabilmente tocca anche le ultime chiaccherate aperture. Effettuate con il trapano e senza rispetto dell’etica adottata in Valle, se non addirittura dei principi universali alpinistici in materia di apertura. A tal proposito si citano gli esempi di una via di 500m con ampie sezioni di fix messi sistematicamente in artificiale e con fix lungo fessure e diedri da friend e di una via più breve con dei fix messi piantati addirittura su itinerario preesistente aperto trad!

Mario Roversi, tra i primi arrampicatori italiani a raggiungere la mitica barriera dell’8a già nei primi anni ’80, a monito ha proposto la schiodatura sistematica delle pochissime vie aperte con il trapano in Salarno in quanto forzature irrispettose dello stile e dell’etica delle decine di superbi itinerari esistenti. Che per inciso non hanno nulla da invidiare ai più noti del Masino-Bregaglia.

E la maggioranza si è trovata teoricamente d’accordo, pur con differenti posizioni: nessuno vuole mettere divieti quanto salvaguardare le vie esistenti! All’unanimità viene concordato che verranno suggerite delle linee guida per regolamentare l’apertura di nuove vie ribadendo l’universale concetto usato in montagna: rispetto dello stile di un itinerario su una determinata parete.

Si conviene inoltre anche di indicare linee guida per il riattrezzamento delle vie esistenti, rifacendosi anche in questo caso al buon senso universalmente adottato del previo consenso dell’apritore, nonché del rispetto della posizione delle vecchie protezioni.

Il Progetto Salarno, a tal proposito presenta addirittura una richiodatura etica attraverso un sistema di estrazione dei vecchi tasselli Spit Roc che andranno sostituiti nello stesso foro 30 x 12 mm con materiale inox di un noto produttore senza alcun utilizzo del trapano! Una novità assoluta in campo tecnico e alpinistico che rende l’operazione rispettosa della roccia, semplice e alla portata di qualsiasi cordata.

Altro punto del Progetto è la pubblicazione di una guida dedicata con tutte le vie classiche e moderne della Val Salarno con fotografie e schizzi precisi. Finalmente! Per questo gli apritori storici presenti alla riunione si impegneranno a raccogliere vecchie relazioni e immagini; nonché racconti ed aneddoti affinché la guida diventi un vero e proprio libro, come auspicato da Marco Preti trovando, ancora una volta, l’entusiasmo di tutti. Per la cronaca sarebbero già due le case editrici interessate.

L’iniziativa del Progetto Salarno ha trovato d’accordo anche l’appassionato gestore del Rifugio Prudenzini, la guida alpina Rino Ferri: "Pur non nascondendo qualche preoccupazione circa le difficoltà incontrate nella gestione del rifugio, punto di appoggio fondamentale per qualsiasi salita, ho raccolto con entusiasmo il progetto di riqualificazione del patrimonio alpinistico della Valle. Io stesso con Alberto Franchini anni fa mi impegnai a richiodare Granitomachia e Luna Comanche, naturalmente previo consenso degli apritori e rispettando posizione delle protezioni preesistenti. Le numerose ripetizioni di vie storiche pur impegnative ma con standard di sicurezza buoni, sono la prova che le vie iper-chiodate non servono a nulla."

In un piano di valorizzazione a 360° i presenti concordano che fondamentale sarà il coinvolgimento fin dalle prime battute anche del Parco dell’Adamello, della Comunità Montana di Valle Camonica e del Comune di Saviore.

"Ora ci sarà davvero bisogno di tutti: enti, istituzioni, alpinisti e semplici appassionati. Il fatto di vedere riuniti quasi tutti gli apritori storici della Val Salarno attorno ad un tavolo per la prima volta e ancora vivi, è stato già un grande risultato. Soprattutto considerata l’età anagrafica!" conclude tra le risate generali Alberto Damioli.

Questo primo incontro termina con un brindisi dei presenti alla Val Salarno, luogo magico per tante, forse troppe, avventure personali rievocate nell’occasione e che da sole riempirebbero un piacevole romanzo. Ma è soprattutto un brindisi di cuore al patrimonio prezioso appartenente a tutti i bresciani e che come tale va assolutamente preservato.

Matteo Rivadossi

PS: a conclusione aggiungo due righe scritte nel 1996 da un grande Mario Roversi nelle quali mi ritrovo profondamente pesando alla Val Salarno:

Scalatori.
si sorrideva alla parola.
Magnesite. Atleti.
E poi
i posti di scalata, ognuno permeato di una propria aura, quasi un sito da febbre dell'oro.
È il senso della frontiera quello che è andato perduto.
in questi pochi anni.
E su poche o nessuna di queste vie potrete trovare ancora il gusto antico della scalata estrema.
Perché estremo è diverso da difficilese pur lo comprende.
Il filo teso degli ancoraggi eternamente distanti, la serena forzatura di limiti mai valicati, il calcolo freddo del giusto rischio
hanno portato molto più in là di dove si possa immaginare
per una strada ormai abbandonata.
E il tempo di respirare.
Di tutte le vie
tutti i passaggi, tutte le crepe
ci si ricorderà poi soltanto di quei lucidi attimi di respiro
ne basterà per la vita.




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