Paralpinismo: il nuovo che avanza. Di Marco Milanese
Chi di noi non ha desiderato, almeno una volta, scendere dalla cima di una montagna volando? Specialmente dopo una giornata faticosa, magari passata ad arrampicare una grande parete? Sei in cima, felice come una pasqua per la gloriosa vista a 360 gradi, ti godi la tua pace interiore e riposi, ma… non hai ancora fatto i conti con la discesa! Quella in cui le ginocchia chiedono di fermarsi e i quadricipiti, ormai esausti, non ne vogliono sapere di rimanere piegati a mezza gamba mentre si attraversa terreni scoscesi, sentieri ripidi oppure neve (no non avete gli sci ai piedi!).
Ecco, il progresso tecnologico, i materiali e le conoscenze approfondite sul meteo hanno permesso di trovare un’eccellente soluzione al faticoso rientro… scendere volando! Sì, perché sembra qualcosa di estremo, sembra un’opzione inarrivabile e invece è alla portata di tutti, soprattutto di chi, come noi, ha già affrontato il mondo impegnativo del sapere alpinistico. Esistono infatti corsi di parapendio che permettono in pochi mesi di apprendere tutto ciò che serve per scendere da una montagna in sicurezza. Questa disciplina si chiama paralpinismo.
Ci sono molti modi per scendere volando da una montagna, come d’altronde per salirla, tuttavia il più comune è usando le vele da “Hike and Fly”, il nome permette di capire già il concetto. Una vela e un imbrago leggero, a volte leggerissimo, che permettono di camminare o arrampicare una cima e poi scendere volando saranno il perfetto kit per questo tipo di avventure. Stiamo parlando di circa 2,5 kg in più nello zaino, ma esistono vele che pesano addirittura meno di un chilo! La borraccia da un litro e mezzo pesa di più…
L’organizzazione di questo tipo di gite tuttavia, richiede più pianificazione. In primis è importante trovare una montagna che soddisfi i criteri per un decollo con un parapendio, il che vuol dire un fazzoletto di terra di dimensioni variabili, a seconda dei criteri di sicurezza che ognuno vuole prefissarsi, che permetta una corsa appropriata ad un decollo. È necessario disporre anche di uno o più atterraggi (in caso di emergenza), che devono essere raggiungibili facilmente in volo.
Infine è importantissimo capire l’esposizione del decollo per staccare i piedi da terra in sicurezza: abbiamo fondamentalmente bisogno di vento contrario alla nostra direzione di corsa. Sono accettabili diversi gradi d’inclinazione laterale del vento a secondo delle capacità del pilota ma queste sono considerazioni personali che vengono con l’esperienza. Per progettare questa attività quindi dovrò tener conto di molti fattori aggiuntivi rispetto ad una gita “normale”: direzione e intensità del vento, copertura nuvolosa, perturbazioni in arrivo, stabilità dell’aria, tipo di volo, ostacoli da superare e cosi via.
Se non ci sono decolli accettabili in cima ad una montagna esiste un'altra soluzione, quella che personalmente preferisco. Saltare con un paracadute! Questa disciplina mi appartiene di più, specialmente se legata alla tuta alare. Purtroppo questi tipi di materiali sono parecchio più pesanti dei precedenti, un paracadute pesa mediamente tre o quattro kg mentre una tuta alare ne pesa 2,5. Questo rende la salita più faticosa, ma l’emozione nel momento del salto è impagabile. Il percorso per saltare in sicurezza col paracadute da una montagna è più lungo ed impegnativo rispetto al parapendio, ma non per questo impossibile.
Negli ultimi anni stiamo assistendo ad exploit para-alpinistici di tutti i generi, dalla Patagonia all’Himalaya e il Karakorum, passando per le Alpi. I francesi come sempre in queste attività sono all’avanguardia e già da anni vivono l’ambiente aria connesso all’alpinismo.
Nel mio piccolo invece, usando il mio stile preferito, ho salito e sceso velocemente alcune pareti dolomitiche, arrampicando da solo tutte e tre le Cime di Lavaredo e saltando da esse col paracadute, il tutto in 5 ore e 40 minuti. Alcuni anni fa invece sono salito e sceso dal Campanile di Val Montanaia nelle Dolomiti Friulane e ancora sulla Tofana di Rozes: in 2 ore e 40 minuti ero nuovamente al parcheggio dopo aver arrampicato il Secondo Spigolo (una via di 600 metri) e saltato con la tuta alare. Ho sperimentato anche il “paralpinismo d’alta quota”, sulle Gran Jorasses dove, una volta arrivati in cima a quota 4208 metri, io e il mio amico Tim abbiamo saltato con la tuta alare e in due minuti eravamo nuovamente a valle risparmiandoci 3000 metri di dislivello in discesa, vivendo quelle sensazioni impagabili che solo pilotare il proprio corpo ti può dare; abbiamo sentito il vento freddo sulla nostra pelle farsi pian piano più caldo, siamo noi stessi diventati aria.
Ho raccontato queste ed altre avventure di montagna nel mio libro Volare le montagne, un libro che racconta un modo di vivere prima che uno stile di alpinismo. Ho accettato l’invito a scriverlo per raccontare in prima persona cosa c’è dietro un video di pochi secondi, cosa si nasconde dietro un’attività che sta prendendo sempre più piede e che spesso viene demonizzata, che scelte di vita ci sono dietro ad un’attività ad alto rischio.
Può il paralpinismo essere considerato un nuovo stile di alpinismo? Questo lo lascio decidere ad ognuno di voi, ma sta di fatto che rimane un’affascinante opzione per le nostre giornate in montagna. Perché non serve sempre viaggiare all’altro capo del mondo per trovare l’avventura, ogni tanto basta cambiare prospettiva guardando le montagne dietro casa.
di Marco Milanese
Croda Cimoliana
Volare le Montagne
presentazione del libro 07/04/2021 ore 21: www.facebook.com/Edicicloeditore