Nuove vie di ghiaccio e misto in Molise e Campania per Quaranta e D'Alessio
A metà febbraio Riccardo Quaranta e Dario D’Alessio hanno aperto due nuove vie di ghiaccio, Repentance Sud (90 m, IV, WI4 – R) nella Gola del Falco al Lago Matese e poi la via di misto Tubular Bells 20m, III WI5+/6 M5 alla Grotta delle Ciaole a Campitello Matese in Molise.
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Repentance Sud (90 m, IV, WI4 – R) nella Gola del Falco al Lago Matese
archivio Quaranta & D’Alessio
Solitamente i due alpinisti di Campobasso praticano l’attività invernale in Molise solo quando l’aria fredda dei Balcani si scontra con quella umida da sud, creando incredibili ma rarissime condizioni, di neve pressa mista a ghiaccio in tutta l’area Matesina esposta a nord. A febbraio, quando appunto il grande freddo aveva morso tutto l'Europa, è nata la loro nuova via Tubular Bells alla Grotta delle Ciaole. Ma l'eccezionale era avvenuta il giorno di San Valentino: la prima salita della cascata Repentance Sud al Lago Maltese. Esposta a sud ovests, secondo D'Alessio è semplicemente pura follia. Ma quando va in condizione con -10°, allora diventa solo mezza follia... Anche se un po' in ritardo, ecco i report delle due salite da parte di Dario D’Alessio e il loro breve video.
REPENTANCE SUD
Ieri, 14 Febbraio 2012, la cascata battezzata amorevolmente "Repentance Sud", è stata aperta e liberata per la prima volta da Riccardo Quaranta e da Dario D’Alessio, cioè io, io che adesso vi scrivo. So di stare per comunicare qualcosa ad un pubblico di settore nello specifico gli amanti ed i romantici della montagna, quindi scriverò sapendo che il lettore capirà, ma soprattutto sentirà la dolcezza e la bellezza dell’argomentazione.
Avevo appena chiuso l’ultima transazione su eBay annunci per la vendita di tutto il mio materiale da ghiaccio ormai sparso tra Torino, Pisa e Parma, quando arriva un sms da Riccardo. Riccardo è un alpinista e per i "lettori di settore" non c’è nulla di nuovo nel sapere che io e Riccardo siamo due alpinisti, ma in Molise quando qualcuno di qualunque professione viene a sapere che hai scalato un "qualcosa", ha due reazioni. Si, è proprio così, la faccia del tuo interlocutore può rimanere o semplicemente disinteressata o del tutto inebetita dal verbo "scalare" non capendone ne il significato ne le ragioni di un eventuale significato.
Qui in Molise, la pratica dell’alpinismo invernale riguarda una ristretta cerchia di persone. Quando dico ristretta, dico che in tutta la regione il materiale da ghiaccio di Riccardo basta ed avanza per fare cordata e far scalare "qualcosa" a coloro il cui nome è "nessuno".
Ma che cosa è questo "qualcosa"! Questo "qualcosa", quando va bene, è neve pressa, a tratti assente, tratti però che sono fondamentali per piazzare degli ancoraggi mobili su roccia marcia, spesso misto terra, tenuta unita da un’infiltrazione d’acqua ghiacciata. Il ghiaccio, quando c’è, è molto sottile, al punto tale che concede solo al primo di cordata di salire e spesso, quando il secondo passa, purtroppo "l’effimero" è già sfinito per reggere un secondo round di colpi e cade al tappeto. Quando tutto si frantuma, spesso viene fuori una roccia perfetta, talmente perfetta da non avere nessun punto debole su cui appoggiare i ramponi o le picche e quindi se puoi, provi strade alternative, altrimenti ti inventi qualcosa in perfetto stile : "scozzese". In Scozia come sul Matese c’è il "turf", quell’erba congelata su cui si scala alla grande. Certo non ci si può proteggere facilmente, ma almeno ramponi e picche sono ben saldi per reggere il peso del corpo e questo è qualcosa che ti riempie il cuore anche sapendo che l’ultimo ancoraggio lo hai a 10 – 15 metri da te. Intanto continui ad andare su, sempre più su, ma il tuo interesse è solo quello di scalare e non di suicidarti! Mentre sei li, disperso sul Matese, dove d’inverno non ci sono neanche i pastori che ti guardano da sotto, dici a te stesso: "Cosa ti aspettavi il ghiaccio del nord?".
Separatamente, io e Riccardo abbiamo iniziato a scalare su queste montagne dall’età di diciassette anni, quando senza materiale alcuno e con i jeans, ma armati di una passione fuori dal comune, abbiamo affrontato solitarie sui ciuffi d’erba con male e peggio da ferramenta. Prima non c’era internet ne tanto meno qualcuno che ti insegnasse delle tecniche di progressione. Intanto in televisione vedevi sul programma Jonathan - Dimensione Avventura di Ambrogio Fogar, gli scalatori solitari. Il telegiornale nel frattempo, raccontava di Messner che se ne andava, solo soletto in giro per gli ottomila; sulla pubblicità televisiva vedevi Manolo che rimaneva da solo appeso su due dita con il vuoto siderale sotto di sé e quindi dicevi a te stesso: "Aaaa! E’ così che si fa!".
Quando eravamo giovani... ciuffi d’erba e roccia marcia sul verticale, con jeans duri come cotiche, scarpe da trekking e lo zaino Invicta della scuola riempito di pane e Nutella o la cioccolata Novi come il tizio della pubblicità, anche lui solo, a scalare la montagna. Come in tutte le solitarie c’è sempre il punto di non ritorno, quindi immaginatevi degli adolescenti che dopo un po’ di free solo si giravano dietro di loro e vedendo dei buoni settanta metri che li separavano dal suolo, continuavano a scalare con fiato corto cercando di proseguire sperando che la montagna avrebbe concesso loro di uscire fuori da una trappola simile. Se sono qui a scrivere è perché ho avuto sempre fortuna. Quel tempo ormai è passato, ora ho davvero tanta attrezzatura e faccio da supporto a Riccardo, che chiamo "fratello MacLeod" e potete dedurne il motivo. Insieme abbiamo pian piano abbandonato quella che noi chiamiamo teneramente : "La fognatura molisana", per dedicarci alle cascate del grande nord Italia. Quando partiamo per i nostri lunghi viaggi verso il bellissimo Nord, tratte di dodici, quattordici ore di auto, andiamo su con lo stesso spirito pioneristico con cui abbiamo affrontato il terreno infido di casa nostra. Abbiamo le nostre paure, io le mie di secondo, lui le sue da primo di cordata e sappiamo bene che i tempi del grande Cassin, di Bonatti sono ormai finiti, ma ci sentiamo come loro perché andiamo verso "l’ignoto" ed ogni volta scopriamo che l’esperienza sulle nostre montagne molisane alla fine, torna sempre utile, come l’anno scorso dove l’ultimo tiro della cascata valdostana "Monday Money" era praticamente un inferno di ghiaccio sciolto, acqua e "turf". A noi è sembrato tutto molto precario, ma nel contempo tutto molto solido, anzi, magari averla avuta sempre una condizione del genere tutti gli inverni a casa nostra.
Quella di ieri 14 Febbraio 2012 è stata la scalata più precaria ed impegnativa della nostra vita. Si, è vero, abbiamo solo 33 anni e ci sentiamo ancora giovani ma almeno io, "vecchio" per un "qualcosa" che abbiamo deciso di chiamare con affetto: "Repentance Sud".
Repentance Sud non si trova neppure in Molise. Qualcuno diceva che le cascate più a sud d’Europa erano in Molise, sul Matese alla grotta delle Ciaole. In realtà il "vecchio" e buon Renato Palmiero, un vero conoscitore delle montagne molisane e campane, scoprì questo gioiello di alpinismo matesino sul versante campano, ai piedi del Lago del Matese.
Repentance Sud, racchiude in se l’essenza della scalata matesina, con tutte le più profonde paure, ansie ed incertezze. Per noi l’effimero in senso assoluto, è la scalata invernale più precaria e più psicologica che abbiamo mai affrontato. Come ormai si è capito, su Repentance Sud non bastano le viti, i fittoni, i chiodi da roccia i dadi, i friends ed i tricam, qui tutto "l’arsenale da guerra" non basta, qui tutto è precario, tutto è instabile e tutto è una tortura psicologica che non concede tregua ne conforto alcuno. Dove passa il primo di cordata non può passare il secondo e dove passa il secondo non può esserci più ripetizione in giornata soleggiata. Il sole indebolisce tutta l’intera struttura e quindi occorre che le ferite del ventre si richiudano nella notte gelida e forse al mattino è concesso tentare. Repentance Sud è come una granita – gelato con qualche cubetto di ghiaccio e nocciole tritate, un gelato che si squaglia velocissimamente al sole. E’ esposta a sud ovest ad una altitudine di circa 1300 m ed il sole la lecca avidamente, cambiandone la forma.
Su Repentance Sud non è concesso esitare, qui serve molto quello che il grande ghiacciatore Giorgio Passino ha espresso bene con queste parole: "Qui ci vuole la testa, l’equilibrio nervoso conta più del coraggio.... la paura non è concessa, la paura pesa e si moltiplica e quando pesa più del tuo corpo allora caschi di sotto".
TUBULAR BELLS 18 Febbraio 2012
Oggi si chiama Tubular Bells, quella linea sognata da una vita. Per anni, questa visione di ghiaccio e di roccia ci ha fatto fremere ma non abbiamo mai avuto le capacità per affrontarla. C’è voluto l’allenamento di Sottoguda, della Valle d’Aosta e della Val Daone oltre che tanti anni in giro per il Matese. Tubular Bells, un sogno che si realizza. Sempre a guardarla dal basso con il naso all’in su ed a bocca aperta. Pivelli che eravamo. Ma non avevamo l’intelligenza e l’esperienza per affrontarla. Ma poi gli anni passano e tutto cambia, tutti cambiano. Si può progredire o regredire ma nel nostro caso, la forte passione ci ha portato oltre ed è così che è nata Tubular Bells, un’elegante via di ghiaccio compatissimo e di splendida roccia, un miracolo che la natura ha voluto donarci. E’ impressionante come ogni appoggio della roccia sembra scolpito apposta, così come il ghiaccio, la cui colata è perfettamente in armonia con la roccia. E’ semplicemente meravigliosa.
Riccardo Quaranta
Laureato in biologia, ha 32 anni, classe 1979, è istruttore d’arrampicata, ha fondato l'associazione Orizzonti Verticali. E' istruttore Fasi ed attualmente si sta preparando per l’esame da aspirante guida alpina presso il collegio guide Emilia Romagna. E’ stato autore insieme ad Andrea Imbrosciano, della guida d’arrampicata: "Molise". All’età di 21 anni ha iniziato a praticare l’arrampicata sportiva e successivamente l’attività di chiodatore. Sulla rivista Pareti, è stato protagonista in veste di Cicerone della falesia di Frosolone, un posto molto conosciuto da arrampicatori e chiodatori storici quali Sebastiano La Bozzetta, Paolo Caruso, Mauro Calibani e tanti altri.
Dario D’Alessio
Laureato in lettere e filosofia presso l’università di Siena, 33 anni, classe 1978, ha iniziato a praticare alpinismo ed arrampicata sportiva durante i due anni trascorsi a Bolzano, allora 20 enne, presso la caserma Alpini Paracadutisti Monte Cervino. La sua è una passione e tale è rimasta, nata dai tempi della scuola di sci Campitello Matese (il primo approccio alla montagna invernale all’età di 8 anni) e cresciuta insieme ai rari documentari di montagna e successivamente i tanti libri che hanno generato in lui una forte passione a cui ha cercato di dedicare tutto il mio tempo libero.
REPENTANCE SUD
Ieri, 14 Febbraio 2012, la cascata battezzata amorevolmente "Repentance Sud", è stata aperta e liberata per la prima volta da Riccardo Quaranta e da Dario D’Alessio, cioè io, io che adesso vi scrivo. So di stare per comunicare qualcosa ad un pubblico di settore nello specifico gli amanti ed i romantici della montagna, quindi scriverò sapendo che il lettore capirà, ma soprattutto sentirà la dolcezza e la bellezza dell’argomentazione.
Avevo appena chiuso l’ultima transazione su eBay annunci per la vendita di tutto il mio materiale da ghiaccio ormai sparso tra Torino, Pisa e Parma, quando arriva un sms da Riccardo. Riccardo è un alpinista e per i "lettori di settore" non c’è nulla di nuovo nel sapere che io e Riccardo siamo due alpinisti, ma in Molise quando qualcuno di qualunque professione viene a sapere che hai scalato un "qualcosa", ha due reazioni. Si, è proprio così, la faccia del tuo interlocutore può rimanere o semplicemente disinteressata o del tutto inebetita dal verbo "scalare" non capendone ne il significato ne le ragioni di un eventuale significato.
Qui in Molise, la pratica dell’alpinismo invernale riguarda una ristretta cerchia di persone. Quando dico ristretta, dico che in tutta la regione il materiale da ghiaccio di Riccardo basta ed avanza per fare cordata e far scalare "qualcosa" a coloro il cui nome è "nessuno".
Ma che cosa è questo "qualcosa"! Questo "qualcosa", quando va bene, è neve pressa, a tratti assente, tratti però che sono fondamentali per piazzare degli ancoraggi mobili su roccia marcia, spesso misto terra, tenuta unita da un’infiltrazione d’acqua ghiacciata. Il ghiaccio, quando c’è, è molto sottile, al punto tale che concede solo al primo di cordata di salire e spesso, quando il secondo passa, purtroppo "l’effimero" è già sfinito per reggere un secondo round di colpi e cade al tappeto. Quando tutto si frantuma, spesso viene fuori una roccia perfetta, talmente perfetta da non avere nessun punto debole su cui appoggiare i ramponi o le picche e quindi se puoi, provi strade alternative, altrimenti ti inventi qualcosa in perfetto stile : "scozzese". In Scozia come sul Matese c’è il "turf", quell’erba congelata su cui si scala alla grande. Certo non ci si può proteggere facilmente, ma almeno ramponi e picche sono ben saldi per reggere il peso del corpo e questo è qualcosa che ti riempie il cuore anche sapendo che l’ultimo ancoraggio lo hai a 10 – 15 metri da te. Intanto continui ad andare su, sempre più su, ma il tuo interesse è solo quello di scalare e non di suicidarti! Mentre sei li, disperso sul Matese, dove d’inverno non ci sono neanche i pastori che ti guardano da sotto, dici a te stesso: "Cosa ti aspettavi il ghiaccio del nord?".
Separatamente, io e Riccardo abbiamo iniziato a scalare su queste montagne dall’età di diciassette anni, quando senza materiale alcuno e con i jeans, ma armati di una passione fuori dal comune, abbiamo affrontato solitarie sui ciuffi d’erba con male e peggio da ferramenta. Prima non c’era internet ne tanto meno qualcuno che ti insegnasse delle tecniche di progressione. Intanto in televisione vedevi sul programma Jonathan - Dimensione Avventura di Ambrogio Fogar, gli scalatori solitari. Il telegiornale nel frattempo, raccontava di Messner che se ne andava, solo soletto in giro per gli ottomila; sulla pubblicità televisiva vedevi Manolo che rimaneva da solo appeso su due dita con il vuoto siderale sotto di sé e quindi dicevi a te stesso: "Aaaa! E’ così che si fa!".
Quando eravamo giovani... ciuffi d’erba e roccia marcia sul verticale, con jeans duri come cotiche, scarpe da trekking e lo zaino Invicta della scuola riempito di pane e Nutella o la cioccolata Novi come il tizio della pubblicità, anche lui solo, a scalare la montagna. Come in tutte le solitarie c’è sempre il punto di non ritorno, quindi immaginatevi degli adolescenti che dopo un po’ di free solo si giravano dietro di loro e vedendo dei buoni settanta metri che li separavano dal suolo, continuavano a scalare con fiato corto cercando di proseguire sperando che la montagna avrebbe concesso loro di uscire fuori da una trappola simile. Se sono qui a scrivere è perché ho avuto sempre fortuna. Quel tempo ormai è passato, ora ho davvero tanta attrezzatura e faccio da supporto a Riccardo, che chiamo "fratello MacLeod" e potete dedurne il motivo. Insieme abbiamo pian piano abbandonato quella che noi chiamiamo teneramente : "La fognatura molisana", per dedicarci alle cascate del grande nord Italia. Quando partiamo per i nostri lunghi viaggi verso il bellissimo Nord, tratte di dodici, quattordici ore di auto, andiamo su con lo stesso spirito pioneristico con cui abbiamo affrontato il terreno infido di casa nostra. Abbiamo le nostre paure, io le mie di secondo, lui le sue da primo di cordata e sappiamo bene che i tempi del grande Cassin, di Bonatti sono ormai finiti, ma ci sentiamo come loro perché andiamo verso "l’ignoto" ed ogni volta scopriamo che l’esperienza sulle nostre montagne molisane alla fine, torna sempre utile, come l’anno scorso dove l’ultimo tiro della cascata valdostana "Monday Money" era praticamente un inferno di ghiaccio sciolto, acqua e "turf". A noi è sembrato tutto molto precario, ma nel contempo tutto molto solido, anzi, magari averla avuta sempre una condizione del genere tutti gli inverni a casa nostra.
Quella di ieri 14 Febbraio 2012 è stata la scalata più precaria ed impegnativa della nostra vita. Si, è vero, abbiamo solo 33 anni e ci sentiamo ancora giovani ma almeno io, "vecchio" per un "qualcosa" che abbiamo deciso di chiamare con affetto: "Repentance Sud".
Repentance Sud non si trova neppure in Molise. Qualcuno diceva che le cascate più a sud d’Europa erano in Molise, sul Matese alla grotta delle Ciaole. In realtà il "vecchio" e buon Renato Palmiero, un vero conoscitore delle montagne molisane e campane, scoprì questo gioiello di alpinismo matesino sul versante campano, ai piedi del Lago del Matese.
Repentance Sud, racchiude in se l’essenza della scalata matesina, con tutte le più profonde paure, ansie ed incertezze. Per noi l’effimero in senso assoluto, è la scalata invernale più precaria e più psicologica che abbiamo mai affrontato. Come ormai si è capito, su Repentance Sud non bastano le viti, i fittoni, i chiodi da roccia i dadi, i friends ed i tricam, qui tutto "l’arsenale da guerra" non basta, qui tutto è precario, tutto è instabile e tutto è una tortura psicologica che non concede tregua ne conforto alcuno. Dove passa il primo di cordata non può passare il secondo e dove passa il secondo non può esserci più ripetizione in giornata soleggiata. Il sole indebolisce tutta l’intera struttura e quindi occorre che le ferite del ventre si richiudano nella notte gelida e forse al mattino è concesso tentare. Repentance Sud è come una granita – gelato con qualche cubetto di ghiaccio e nocciole tritate, un gelato che si squaglia velocissimamente al sole. E’ esposta a sud ovest ad una altitudine di circa 1300 m ed il sole la lecca avidamente, cambiandone la forma.
Su Repentance Sud non è concesso esitare, qui serve molto quello che il grande ghiacciatore Giorgio Passino ha espresso bene con queste parole: "Qui ci vuole la testa, l’equilibrio nervoso conta più del coraggio.... la paura non è concessa, la paura pesa e si moltiplica e quando pesa più del tuo corpo allora caschi di sotto".
TUBULAR BELLS 18 Febbraio 2012
Oggi si chiama Tubular Bells, quella linea sognata da una vita. Per anni, questa visione di ghiaccio e di roccia ci ha fatto fremere ma non abbiamo mai avuto le capacità per affrontarla. C’è voluto l’allenamento di Sottoguda, della Valle d’Aosta e della Val Daone oltre che tanti anni in giro per il Matese. Tubular Bells, un sogno che si realizza. Sempre a guardarla dal basso con il naso all’in su ed a bocca aperta. Pivelli che eravamo. Ma non avevamo l’intelligenza e l’esperienza per affrontarla. Ma poi gli anni passano e tutto cambia, tutti cambiano. Si può progredire o regredire ma nel nostro caso, la forte passione ci ha portato oltre ed è così che è nata Tubular Bells, un’elegante via di ghiaccio compatissimo e di splendida roccia, un miracolo che la natura ha voluto donarci. E’ impressionante come ogni appoggio della roccia sembra scolpito apposta, così come il ghiaccio, la cui colata è perfettamente in armonia con la roccia. E’ semplicemente meravigliosa.
Riccardo Quaranta
Laureato in biologia, ha 32 anni, classe 1979, è istruttore d’arrampicata, ha fondato l'associazione Orizzonti Verticali. E' istruttore Fasi ed attualmente si sta preparando per l’esame da aspirante guida alpina presso il collegio guide Emilia Romagna. E’ stato autore insieme ad Andrea Imbrosciano, della guida d’arrampicata: "Molise". All’età di 21 anni ha iniziato a praticare l’arrampicata sportiva e successivamente l’attività di chiodatore. Sulla rivista Pareti, è stato protagonista in veste di Cicerone della falesia di Frosolone, un posto molto conosciuto da arrampicatori e chiodatori storici quali Sebastiano La Bozzetta, Paolo Caruso, Mauro Calibani e tanti altri.
Dario D’Alessio
Laureato in lettere e filosofia presso l’università di Siena, 33 anni, classe 1978, ha iniziato a praticare alpinismo ed arrampicata sportiva durante i due anni trascorsi a Bolzano, allora 20 enne, presso la caserma Alpini Paracadutisti Monte Cervino. La sua è una passione e tale è rimasta, nata dai tempi della scuola di sci Campitello Matese (il primo approccio alla montagna invernale all’età di 8 anni) e cresciuta insieme ai rari documentari di montagna e successivamente i tanti libri che hanno generato in lui una forte passione a cui ha cercato di dedicare tutto il mio tempo libero.
Note:
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