Medaglia di Bronzo alla Pala di San Martino (Dolomiti) per Renzo Corona e Flavio Piccinini
Raccontare una giornata passata in montagna non è facile. Poi, se si tratta di una nuova salita con un compagno di cordata con cui ti trovi bene, è ancora più difficile. Ci sono sensazioni ed emozioni così personali, così intense, che fai fatica a trovare le parole giuste per descrivere quello che hai vissuto lassù.
Le Pale di San Martino hanno da sempre il fascino del selvaggio e, anche se le frequento da tanti anni, leggo sempre di nuove linee da salire o di nuove pagine da scrivere nel grande libro della montagna. Una cima che mi ha sempre affascinato, con le sue pareti e la sua storia alpinistica, è la Pala di San Martino: nonostante sia una delle cime più fotografate e famose, riesce allo stesso tempo a rimanere forse una delle più sconosciute.
Ho salito diverse vie nuove su questa cima e ogni volta che vado vedo nuove linee da tracciare. Mi dicono spesso "Dai, scrivi, fai le relazioni" ma confesso che i miei disegni spesso non vanno oltre le pagine del libro del rifugio. Si sa, siamo un po’ orsi. Oppure forse un po’ gelosi delle nostre giornate passate lassù.
Ogni tanto ci si vede, si parla "Come stai, sei in forma?" "No, masa" - si dice a vicenda – "Non ho tempo di allenarmi", "Dai, sarebbe bello fare qualcosa su par ste zime". In realtà ci sono tante idee in cantiere, basta andare, trovare il tempo, il compagno giusto e avere un po’ di birra nelle braccia. Con Flavio Piccinini è così.
"Dai allora, andiamo su quel pilastro lasciato in sospeso da anni. Anche perché gli anni passano troppo veloci, ormai". Flavio e io abbiamo arrampicato molto insieme in passato, non serve che ci diciamo tanto, c’è fiducia e rispetto. È bello.
Dal Rifugio Rosetta ci dirigiamo verso la famosa forcelletta, la scorciatoia per la parete nord della Pala, e da qui scendiamo ed entriamo in quel che resta del ghiacciaio della Pala. La sensazione di isolamento è immediata. Qui a fine ottocento il ghiaccio si alzava tantissimo rispetto ad oggi, tant’è che le esplorazioni alpinistiche con i primi tentativi alla Pala erano partiti proprio da questo punto.
Iniziamo la nostra via. Sulla roccia è ben visibile lo strato di neve che è scomparso con una velocità disarmante negli ultimi 30 anni. Arrampichiamo veloci, rincorrendo il sole che di primo mattino illumina il pilastro color bronzo sopra di noi.
I colori e i contrasti di questa parete continuano a cambiare, fin quando il sole, salendo in fretta, lascia la parete prima di noi. Fortunatamente le temperature anomale (forse non più così anomale, a dire il vero) ci fanno passare una bella giornata di montagna selvaggia.
Così nasce Medaglia di Bronzo, una via severa, di quelle che piacciono a noi, con roccia a tratti bellissima e a tratti infida e difficile, con pochi chiodi e tanta fantasia per proteggersi.
La parete nord della Pala Di San Martino e le cime vicine sopra il piccolo ghiacciaio formano un circolo nascosto di pareti che offrono una serie di vie, sia estive che invernali, poco o nulla conosciute e frequentate nonostante la vicinanza al rifugio Rosetta. Noi diciamo per fortuna, forse sbagliando. Ma forse lo diciamo perché, in fondo, ricerchiamo quel selvaggio e severo che in Dolomiti al giorno di oggi si fa fatica a trovare.
di Renzo Corona
SCHEDA: Medaglia di Bronzo, Pala di San Martino, Dolomiti
Info: aquilesanmartino.com