Kilian Jornet Burgada: un progetto è bello se ti fa sognare ancora di più
Kilian Jornet è fatto così. Nasce a duemila metri, in un rifugio a Cap del Rec e la montagna fa subito parte di lui. Sale il suo primo quattromila a cinque anni, sale l’Everest due volte in una settimana, prima di questo batte una serie di svariati record: dal GR 20 - unanimemente considerato la via più dura d’Europa sulla lunga distanza - in poco meno di 33 ore, alla traversata dei Pirenei in otto giorni e 3 ore (record precedente oltre 15 giorni). Sale il Cervino in 2 ore, 52 minuti e 2 secondi e il Monte Bianco in meno di 7 ore partendo da Courmayeur.
Eppure, parlare di record e di numeri non gli piace: “perché un record dipende sempre dalle condizioni del terreno e dallo stile, soprattutto se sei su ghiacciaio e in quota. Ci sono tante variabili che possono condizionare un record.” Afferma durante l’incontro (il duecentesimo!) organizzato da Sport Specialist nell’ambito della serie “a tu per tu con i grandi dello sport”. Ciò non toglie che la velocità sia un elemento caratterizzante del suo stile. "La velocità è interessante soprattutto in alta quota, dove meno tempo trascorri, meglio è, ma a parte questo, mi piace perché amo essere in movimento continuo." Insomma, come accade per i fuoriclasse, qui non si tratta di partire tenendo d’occhio l’orologio, né di fare le cose in fretta.
"Più si è in forma più si ha capacità tecnica per andare veloce, è una conseguenza naturale. Più sei efficiente, più vai veloce naturalmente." A questi livelli, la velocità è semplicemente il risultato di un’equazione che combina tecnica e fluidità. E, come ci fa notare Kilian, "la velocità è sempre stata un elemento che ha caratterizzato l’alpinismo. Se guardiamo al passato, basti pensare a Messner e alla Via Heckmair sull’Eiger, conclusa in 10 ore o ai concatenamenti di Christophe Profit, in cui a velocità era comunque un elemento centrale. In Himalaya poi, alcune cose si possono fare solo in velocità, perché è bene non restare troppo in quota."
Da pochissimo, è in libreria "Summits of my life - Sogni e Sfide in Montagna" in cui si racconta del suo progetto, dedicato a migliorare il record di salita e discesa di alcune fra le più conosciute e alte montagne della Terra, tra cui non poteva mancare il monte Everest. Delle sue performance sulla montagna più alta del mondo Kilian racconta: "Questa volta ho trovato il modo giusto di fare l’acclimatazione e sono riuscito a stare bene in quota. Abbiamo sempre dormito a una quota non superiore ai 6300 e questo ha aiutato molto la fase di recupero. Una volta completata l’acclimatazione sono riuscito a salire senza troppa fatica fino a quota 8300 circa, poi diventa comunque dura". Difficile togliersi dalla testa l’idea di star parlando con un extraterrestre, che pure snocciola con estrema naturalezza cose che per noi sono a mala pena concepibili.
Nel trailer del suo film: "Kilian Jornet, Path to Everest", si afferma che un progetto è bello se fa sognare ancora di più. E i sogni a Kilian non mancano di certo: "L’esperienza sull’Everest mi ha permesso di capire i tempi di recupero e adesso posso pensare di fare altre cose, concatenamenti per esempio, che coniughino tecnica e distanza in quota. Quest’estate sono riuscito a fare 170 km su un terreno non troppo tecnico, arrampicando su quarto o quinto grado, ma la cosa interessante è stata vedere la gestione della fatica, la reazione del corpo dopo 20 ore di cammino…"
Kilian è fatto così, racconta cose ai limiti della fantascienza con la naturalezza di chi semplicemente fa qualcosa che ama e lo diverte. È la magia dei fuoriclasse, è il loro andare in territori preclusi ai più e spostare ancora un po’ i limiti del possibile, a beneficio di tutti. Per questo, a volte, le loro imprese ci sembrano incomprensibili o folli, semplicemente loro si muovono ad altri livelli.
E le gare? "Non mi danno più la stessa emozione di una volta, anche se gareggiare mi piace sempre. Ma dopo che ne hai fatte e vinte tante non può più essere la stessa cosa. Restano un buon modo per tenersi in forma. Quello che mi piace di più della corsa, al di là delle gare, è la possibilità di muovermi in montagna, guardare la bellezza e cercare il limite dentro di me." Sul futuro Kilian non si sbilancia: qualche gara, un po’ di ripido, ma sicuramente tornerà in Himalaya e tornerà a stupire.
di Simonetta Radice
Summits of My Life - Sogni e sfide in montagna
di Kilian Jornet Burgada (Corbaccio, 2018)