Everest & Co, buone e brutte notizie dalle montagne più alte
Notizie belle e brutte arrivano in continuazione dall' Himalaya dove, grazie ad un piccola finestra di bel tempo annunciato dai vari meteorologi, in molti stanno tentando di arrivare in vetta alle montagne più alte del mondo. L’Everest ovviamente è in prima linea, con numerose salite sia da nord - secondo il tedesco Ralf Dujmovits almeno in 60 stavano tentando la cima due giorni fa - sia da sud, con un numero probabilmente ancora più alto. Purtroppo la brutta notizia è che ci sono stati numerosi morti nei giorni scorsi, almeno cinque. Un bilancio, tra l’altro, che avrebbe potuto essere ben più alto: sempre secondo The Himalayan Times, lunedì scorso almeno cinque alpinisti sono stati portati in salvo dalla cosiddetta zona della morte. Sono numeri e tragiche situazioni (anche di affollamento) difficilmente commentabili.
Kilian Jornet Burgada
Passando invece alle buone notizie, c’è da segnalare ovviamente la veloce salita dello spagnolo Kilian Jornet Burgada che è riuscito a raggiungere la cima della montagna più alta del mondo in 26 ore, dopo essere partito dal Campo Base del versante tibetano a 5.100m alle 22:00 del 20 maggio. Salendo lungo la via normale del versante nord Burgada è arrivato in cima senza ossigeno supplementare a mezzanotte, poi è sceso e ha raggiunto il campo base avanzato a 6,500m alle 12:15, dopo 38 ore complessive. Commentando subito dopo la salita il catalano ha dichiarato: "Raggiungere la cima dell’Everest senza le corde fisse non è cosa che si fa ogni giorno! Ho visto un tramonto fantastico e ho raggiunto la cima a mezzanotte. Ero da solo ma ho visto le luci degli alpinisti delle altre spedizioni che iniziavano la loro salita sia sul versante nord sia sul versante sud. Ho iniziato a scendere subito per raggiungere il Campo Base Avanzato il più velocemente possibile."
C’è da dire che prima dell’Everest Burgada aveva salito in velocità il Cho Oyu. In quell’occasione era stato accompagnato fino a 7700 metri circa dalla fortissima scialpinista svedese Emelie Forsberg. Ma la cosa interessante è che entrambi hanno tentato la vetta solo 9 giorni dopo il loro arrivo in Tibet. Da notare che Jornet ha dichiarato che per l’acclimamento si erano ispirati alla veloce salita di Adrian Ballinger e di Emily Harrington, ed inoltre che la Forsberg aveva spiegato che lei aveva trascorso 340 ore dormendo ed allenandosi a casa in una "altitude machine" (tenda ipossica, ndr). Sarà interessante e importante vedere al rientro di Jornet se anche lui si era pre-acclimatato a casa. La domanda è: com’è considerato tutto ciò dagli himalaysti? È una pratica da considerarsi "normale"?
In ogni caso, la salita di Burgada sull’Everest è anche da inserire nel contesto storico; ricordiamo infatti la strepitosa salita di Hans Kammerlander che nel 1996 sullo stesso versante tibetano ha impiegato poco meno di 17 ore per arrivare in cima partendo dal Campo Base Avanzato a 6400m. Una velocità che, come ci ha raccontato lui stesso, era arrivata "per caso" e che ha permesso all’allora 39enne alpinista sudtirolese di segnare un altro "record": la prima discesa con gli sci dell’Everest in altre sei ore e mezza.
Elisabeth Revol, Marco Confortola, cime e soccorsi
Da seguire anche la francese Elisabeth Revol; il 10 maggio è salita senza ossigeno supplementare fino all’anticima del Makalu a 8445m, poi è stata costretta a desistere di continuare fino alla cima principale di 8462m per via del forte vento e l’abbondante neve. Approfittando di questo acclimatamento, e seguendo le orme degli Sherpa che hanno fissato le corde, 10 giorni più tardi è riuscita a salire in cima al Lhotse. E adesso invece, proprio in queste ore, si sta avviando per il suo "più grande sogno di sempre" che è - e non poteva essere altrimenti - l’Everest. Rimanendo su queste due montagne: da segnalare che pochi giorni fa in cima all’Everest è arrivato anche Davide Chiesa (con ossigeno), mentre attualmente impegnati sul Lhotse sono anche gli italiani Nicola Bonaiti, Sebastiano Valentini e Mario Vielmo che, per inciso, ha già salito 10 ottomila. A proposito di 10 ottomila: il 20 maggio Marco Confortola ha raggiunto questo traguardo, scalando gli 8167 metri del Dhaulagiri insieme a Mario Casanova.
L’avventura di Confortola non è finita lì: sempre sul Dhaulagiri l’alpinista lombardo ha aiutato ad effettuare una "difficile e complicata operazione di soccorso in altissima quota." Scrivendo su Facebook, la guida alpina e membro del CNSAS (Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico) ha raccontato "Agganciarsi al gancio baricentrico, nonostante tanti anni di Elisoccorso, pur essendo acclimatato e conoscendo l'esperienza sia di Pigi che di Michele (Pier Giorgio Rosati e Michele Calovi ndr) vi assicuro non è stato facile ma quelle persone avevano bisogno d'aiuto e se non recuperate dopo più di tre giorni in Alta Quota andavano solo verso morte sicura… la felicità, l'entusiasmo di tutto il Campo Base all'ultimo recupero era alle stelle e la mia commozione infinita."
Simone Moro e Tamara Lunger
Infine ma non per ultimi, Simone Moro e Tamara Lunger sono partiti poche ore fa per quello che probabilmente sarà il loro tentativo decisivo su una sfida che anche definire enorme forse non le rende giustizia. Si tratta del Kangchenjunga Skyline, ovvero la lunghissima e difficile cavalcata delle cime principali della terza montagna più alta della terra: Yalung Kang (8505m), Kangchenjunga (8586m), Kangchenjunga Central (8482m) e Kangchenjunga South (8476m). Un continuo sali e scendi, quasi sempre sopra gli 8300m, ovviamente senza ossigeno supplementare e senza corde fisse… Attualmente i due sono in salita verso il loro Campo 3 a 6600 m. Saranno ore importanti.