Incontro con Renzino Cosson, guida alpina e memoria storica del Monte Bianco

Renzino Cosson, guida alpina e memoria storica del Monte Bianco, racconta dell'alpinismo, della natura e del fascino della montagna nell' incontro - intervista realizzato da don Daniele d'Elia e Ronald Gumiel.
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Renzino Cosson, guida alpina e memoria storica del Monte Bianco
Michele d'Aniello e Nicola Bartolomeo
Sopra la cittadina di Courmayeur, a circa 2000 metri di altezza, tra vecchi alpeggi, su una terrazza panoramica, sorge il rifugio "Giorgio Bertone". Da qui è possibile ammirare tutto il versante italiano del massiccio Monte Bianco. La vista è ampia e mozzafiato. Carovane di turisti, in queste settimane estive, in fila indiana percorrono i sentieri che da valle portano al rifugio. Arriviamo in una ridente mattina d'Agosto al Bertone e a tavola troviamo piu di trecento persone sedute e gustare i piatti tipici preparati dall'affiatatissimo personale del rifugio. Ma non tutti sanno che, al Bertone, il padrone di casa Lorenzo Cosson, che è stata tra le più grandi guide alpine in attività nella zona, responsabile del soccorso alpino regionale per tantissimi anni e, dunque, memoria storica vivente di tante imprese che direttamente o indirettamente lo hanno interessato. Non appena si giunge al rifugio, è facile notare le fotografie sulle pareti. Renzino ha coltivato per anni, anche la passione per la fotografia in montagna. Il rifugio Bertone trasuda di storia dalle sue pareti. Con tanta umiltà Renzino racconta le origini del luogo in cui ci troviamo:

"Era un alpeggio che era stato abbandonato. Incontrai l'allora assessore al turismo e gli manifestai la volontà di rifare le baite dell'alpeggio, in modo da favorire il passaggio dei turisti che percorrevano la zona. Mi riferì che la regione Valle d'Aosta dava un contributo per le spese di costruzione dei rifugi, a fondo perduto. Allora non avevo tanta fiducia nei politici ma fui perseverante nel mio desiderio. Mi chiesero quanto volessi investire e, con trenta milioni di vecchie lire, riuscii a lanciare il progetto. I miei genitori erano contrari e spaventati dell'impresa. E anche l'ingegnere e il notaio a cui mi affidai, non lo ritennero un progetto lungimirante. La storia ha dimostrato il contrario."

Il rifugio è intitolato a Giorgio Bertone, di cui Cosson cosi racconta: "è stato senza ombra di dubbio una delle migliori guide, se non la miglior guida italiana di quel periodo. Ebbi la fortuna di conoscerlo prima attraverso la pratica dello sci e poi attraverso l'alpinismo. Io ero aspirante guida alpina. Sebbene avessi partecipato a qualche corso, secondo lui non avevo fatto ancora tante ascensioni e non avevo ancora un buon curriculum. Mia mamma, infatti era contraria, e fece di tutto per evitare che io diventassi una guida alpina. Bertone un giorno mi disse che andava in montagna per scalare. Gli chiesi se potessi seguirlo. Acconsentì e mi suggerì di trovare un compagno, che dunque fu Cesare Ollier. Al termine di quella prima ascensione mi chiese di seguirlo ancora sulla via "Bonatti" al Gran Capucin. Anche quella volta, cercai un compagno e lo trovai nella persona di un ragazzino quindicenne, che non era mai salito al rifugio Torino, ma arrampicava molto bene in palestra. Bertone impiegò otto ore, mentre noi arrivammo dopo nove ore, molto stanchi. Al ritorno, lui ripartì per primo (era Settembre ed era ormai buio) e a me che andavo per ultimo affidò la calata dei compagni e il recupero delle corde. Di li è nata la fiducia e l'amicizia reciproca nell'andare in montagna, ed è nato un rapporto che è continuato ininterrotto negli anni".

Cosson, dunque, responsabile per molti anni del soccorso alpino in regione, anche dalle guide del posto è considerato un punto di riferimento. Mentre tento di approcciare su questo argomento lui mi interrompe e continua: "Nell'alpinismo ci sono i "Formula 1, i Formula 2 e i Formula 3" e c'è chi guida la Cinquecento. Io ho sempre e solo guidato la Cinquecento. Devo solo ringraziare i miei grandi maestri, tra cui Franco Garda, il precursore di un soccorso alpino moderno in Valle d'Aosta, conosciuto in tutta Europa, persona straordinaria con delle visioni futuristiche ed è stato il primo a creare un soccorso alpino organizzato in Val d'Aosta. Quando divenne responsabile del soccorso alpino nazionale, avendo fiducia nel sottoscritto e mi affidò il soccorso in Val d'Aosta quando ancora c'erano pochi mezzi. Negli anni siam cresciuti parecchio."

Cerco di sondare il cammino interiore di quest'uomo e capire quali sono le sue priorità. E soprattutto cerco di capire la scelta di vivere in un luogo cosi isolato quale può essere il Bertone. Chiedo se la scelta è dovuta a un desiderio di quiete, di silenzio, di tranqullità, ed è a questo punto che il Cosson si confida: "Poichè questo è un rifugio se ci fosse calma totale saremmo mal messi. I turisti che frequentano il rifugio ci permettono di vivere in montagna e di montagna. Ci sono dei periodi in cui, tuttavia, non c'è nessuno ed è allora che mi sento a mio agio nella quiete e nella tranquillità. Ho un teleobiettivo e con quello mi guardo attorno e rivedo da lontano gli itinerari che ho avuto la fortuna di percorrere durante la mia vita. Ho avuto la fortuna di ritrovarmi sotto al "Ghiglione" quando portarono papa Giovanni Paolo II e gli scattai la foto con il Monte Bianco sullo sfondo. E' stato un momento particolare. Non gli ho rivolto alcuna parola perchè lui è sceso dall'elicottero, ha fatto tre-quattro passi, si è guardato attorno e ha detto "qui non bisogna venire in elicottero ma a piedi!". Ho visto quell'uomo, il papa, apprezzare con tanta semplicità tutto ciò che lo circondava. Quel momento mi ha toccato e da allora mi ripeto sempre di non sapere chi abbia creato la natura. Ma son certo che chi l'ha creata ha veramente buon gusto. Oggi non scalo più perchè ritengo che a un certo punto, nella vita, devi capire di esser stato fortunato. L'esperienza conta, ma le valanghe, le pietre, i seracchi, non sanno che sei un esperto. La vita, ha un valore straordinario e, personalmente, ritengo che questi posti assomiglino tanto al paradiso, "terrestre" ovviamente. Poi se c'è n'è un altro meglio ancora. Ma approfittiamone prima qui. Mi ritengo un privilegiato. Cosa si può volere più dalla vita?"

"Bertone mi ha trasmesso la passione per tutte le cose belle. Mi ha insegnato ad andare in montagna, mi ha dato passione per la fotografia e per la musica. E mi ha insegnato cos'è l'amicizia. Con lui ho avuto la passione di andare negli Stati Uniti nel '74 e abbiamo scalato "El Capitan", una parete di mille metri nello Yosemite in California. Era una prima italiana. Quando siamo arrivati ai piedi di questa parete mi sono impressionato. A Novembre arriviamo ai piedi di questa montagna e c'erano venti centimetri di neve, nessuno che scalava. C'eravamo solo noi due. Dopo sette giorni di scalata, l'ultima sera, le corde erano incastrate, c'era temporale, parete liscia e pioveva. Io ero stanco e cotto e gli dico: "Per fare questa parete potevi trovarti un alpinista più forte!". Lui mi rispose: "Forse l'avrei trovato, ma un amico no!"

testo e intervista di Daniele d'Elia e Ronald Gumiel



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