Hervé Barmasse e Cristian Brenna, due amici, tre vie e l’arrampicata nelle Dolomiti

Il racconto di Hervé Barmasse che insieme a Cristian Brenna ha concatenato nella stessa giornata la via Costantini Apollonio sulla Tofana di Rozes, la via Paolo Amedeo ai Lastoi di Formin e lo Spigolo Jori alla Punta Fiames.
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Hervé Barmasse e Cristian Brenna, Dolomiti
H. Barmasse / Mathis Dumas

Per la maggior parte di noi muoversi veloce è diventato il fine delle nostre scalate, dei nostri giorni passati in montagna. Si fa più attenzione ai minuti e alle ore che scorrono sul nostro cronometro che all’avventura, all’esplorazione. Ci scapicolliamo alla ricerca del record e non troviamo più il tempo per guardarci attorno e cogliere la bellezza che è ovunque attorno a noi, ma necessita un po’ del nostro tempo.

Siamo alpinisti con il cartellino da timbrare? Per certi versi sembrerebbe di sì, siamo parte di uno stato sociale dove la lentezza non è più concessa. Partiamo per le nostre gite in montagna con l’idea di rientrare il più velocemente possibile, e se siamo veramente fighi, prima ancora che gli altri si fermino per colazione in pasticceria, abbiamo già concluso la giornata con tanto di post sui social, tabella dei tempi e percorrenza dei chilometri e metri di dislivello fatti.

Ma la velocità fine a se stessa è asettica. Difficilmente riuscirò a convincere un adolescente ad avvicinarsi alla montagna dicendogli che lo porterò SU e GIÙ, dal punto A al punto B nel minor tempo possibile. È più probabile riuscirci descrivendo le sensazioni che provo mentre scalo, le emozioni che vivo in montagna. Ad esempio il senso della vertigine o il tepore della roccia scaldata dal sole in una fredda giornata d’inverno; la danza di un fiocco di neve che scende dal cielo, il fruscio del vento che accarezza gli alberi in modo diverso se arriva da nord o da sud; e poi i colori, i profumi, i suoni, e anche i nostri riti “tribali”: da come mimiamo i passaggi della via che ci apprestiamo a salire in falesia, l’abbraccio tra mani e magnesite, gli anelli di corda riposti come una sciarpa attorno a noi e la birra di fine giornata.

Tutto questo non significa che la velocità sia l’inferno e la lentezza il paradiso. A volte si deve correre per concludere alcune salite inoltre, questa attitudine, è anche sinonimo di sicurezza e può diventare il mezzo per scalare più a lungo.

Con queste intenzioni invito Cristian Brenna sulle Dolomiti Ampezzane, che non conosco. L’idea è di concatenare in successione Tofana di Rozes (Costantini Apollonio), Lastoi di Formin (Paolo Amedeo) e Punta Fiames (Spigolo Jori).

Una cordata programmerebbe questi tre itinerari in altrettante due/tre giornate, ma se si arrampica in simultanea, proteggendosi dove serve, e mantenendo un ritmo costante sono convinto che si possa affrontare tutto in una manciata di ore e senza nemmeno correre. Se non altro "facciamo ciò che più amiamo, tutto il giorno. Più di così non possiamo chiedere".

Con il primo sole e senza fretta ci avviciniamo alla Tofana di Rozes dove quattro cordate ci precedono. "Iniziamo bene" sorride Cristian, "dai che forse una salita la portiamo a casa" ride ancora.

Ci leghiamo a 40 metri con l’intenzione di darci appuntamento in sosta ogni 300 m per il cambio da primo di cordata. All’imbrago abbiamo 18 rinvii e una serie ridotta di friends. Di media, tra un chiodo e l’altro, ci sono dai 15 ai 20 metri di run-out. Se scivolasse un piede è scontato che ci faremmo molto male, eppure dopo i primi minuti nei quali tentenno a prendere confidenza la salita si trasforma in un’esperienza esaltante. Non dover fermarmi a ogni tiro di corda mi lascia più tempo per muovermi e cercare un po’ più di grazia e scioltezza nei movimenti e nei gesti. L’arrampicata si trasforma in una danza nonostante io sia un pessimo ballerino e se paragonassi questa sensazione alla musica, è una melodia senza interruzioni, in continuo crescere, e mi piace. Ma è solo una prova, una puntata zero. Non sappiamo se stiamo facendo le cose bene, o male. Se arriveremo alla fine di questa maratona o ci fermeremo prima perché esausti.

Ovviamente legarsi con Cristian rappresenta una sorta di assicurazione. Non solo per la sua tenenza e le sue doti di arrampicatore, non sta certo a me ricordare quanto ha portato in termini di risultati, divulgazione e passione all’arrampicata, ma anche per il suo modo leggero e scherzoso che ha di vivere la montagna. Con Cristian vivi il momento, mai il rimpianto.

E in questo caso specifico, il momento, ci porta a concludere i nostri 47 tiri di corda esattamente come li abbiamo iniziati, scherzando. Delle poche ore impiegate per le tre salite, meno di 6 per circa 1400 metri di arrampicata (esclusi avvicinamenti e discese) a conti fatti verrebbe da sottolinearne l’exploit, ma è la cosa più distante dal mio stato d’animo e oggi giorno in cui l’uomo ha bisogno di riconnettersi con la natura, anche la più banale. Ma posso provarci con un concetto: fai ciò che ami e sarai sempre felice. E se volete usare un inglesismo, uno slogan più cool: #playthegame.

Così come abbiamo visto nascere il sole, ora lo vediamo tramontare, e siamo ancora qui, in montagna.

Un ringraziamento ad AUDI Italia che mi ha dato la possibilità di realizzare queste immagini e che appoggia la visione nella quale una performance non può slegarsi dal concetto di rispetto del territorio.

Game Over

di Hervé Barmasse

Link: www.hervebarmasse.comSCARPAGarmin




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