Grande mondo antico - viaggiare in Italia e nel mondo
Sono passati vent’anni esatti da quando ho iniziato a fare il mestiere di organizzatore di viaggi specializzati - alpinismo, trek e raid in deserto – e quasi trenta dai miei primi viaggi-avventura. Era il 1988 e pur essendo già “tempi moderni”, non c’erano ancora né internet, né i telefoni cellulari o i satellitari e il mondo appariva per molti versi ancora grande e ricco di spazi per l’esplorazione, che fosse verticale o orizzontale, per terra e per mare. Tante vette lontane da salire, deserti da attraversare e mari da navigare.
Grazie al lavoro di agente speciale, nel senso di viaggi speciali, ho potuto vivere ancora un’epoca di piccoli e grandi viaggi esplorativi, anche in quei paesi che oggi sono divenuti “difficili” o decisamente pericolosi. Non ho vissuto l’epopea dei viaggi via terra in Afghanistan degli anni 60/70, meta leggendaria di tanti avventurosi fricchettoni, ma qualche ricordo speciale nel cassetto ce l’ho. Come i miei viaggi lungo la Karakorum Highway per raggiungere il Xinjang, o i trek nelle valli dell’Hindukush e del Baltoro degli anni 80 e 90: memorie probabilmente irripetibili, nonostante le rassicurazioni dei miei amici pakistani sulla sicurezza ristabilita nel paese.
Ma in questi anni, è come se il mondo si fosse rimpicciolito, non però nel senso che ci si poteva aspettare: cioè di un mondo più raggiungibile grazie a mezzi di trasporto, informazioni e contatti sempre più moderni ed efficaci. Al contrario, si è rimpicciolito perché sono sempre di meno i paesi che si possono visitare con la tranquillità e la certezza di poterne vivere e godere ogni aspetto. O semplicemente perché la sicurezza minima non è più garantita. E’ un mondo che si sta sempre più ri-provincializzando, che sta tornando ai muri e alle divisioni, alle difese e agli “scontri di civiltà”.
Chi avrebbe mai potuto immaginare che la Turchia, nel volgere di pochi anni, sarebbe passata da paese simbolo della convivenza intelligente tra laicismo e religione, paese di reale collegamento, fisico e culturale, tra l’Oriente e l’Europa, ad essere nazione sempre più integralista, governata da una dittatura in pectore di stampo teocratico, completamente irrispettosa dei più elementari diritti umani? Chi si sarebbe aspettato di veder risorgere barriere, recinzioni, dogane tra i paesi europei per la gestione dei flussi migratori – peraltro accesi e divenuti incontrollabili proprio grazie alle politiche affaristiche e guerrafondaie dell’Europa stessa e delle altre potenze mondiali in quegli stessi paesi. O di tornare a usare il passaporto per andare in Inghilterra?
Il mondo si è ristretto irrimediabilmente. Dell’Africa mediterranea da frequentare è rimasto solo il Marocco, gli altri paesi resi complicati da situazioni socio-politiche di grande instabilità, quando non di vera e propria guerra. La Siria delle meraviglie archeologiche è un cumulo di macerie e morti nelle mani di un dittatore inetto, delle grandi potenze e dei barbari dello stato islamico che fanno piazza pulita di persone ed arte. Sotto lo sguardo distratto del mondo. Inutile perfino citare Iraq e Libia. Tanti altri paesi asiatici di religione islamica, come ad esempio il Pakistan, sono magari visitabili, ma la fama che li accompagna, in parte anche giustificata, li rende di fatto off limits per la stragrande maggioranza dei viaggiatori.
Le frontiere tra Tibet e Nepal, la cui apertura ha sempre avuto andamenti piuttosto altalenanti negli anni, negli ultimi tempi sono sempre più chiuse che aperte, con viaggiatori obbligati a cambiare i propri piani a pochi giorni dalla partenza.
E’ una vera sconfitta dell’uomo, il quale mentre si attornia di mille supporti tecnologici, di ogni raffinatezza digitale e virtuale, trova sempre più strade sbarrate alla sua voglia di essere viaggiatore. E’ una sconfitta della curiosità, della bellezza dell’imprevisto, del piacere dell’incontro casuale: di ciò che da sempre ha reso gli uomini esploratori nel senso più ampio e nobile della parola.
I sognatori e i viaggiatori più duri e puri rimangono, intendiamoci: un caro amico esperto di Sahara, continua a guidare persone in quelle aree e non manca mai di descrivermi la bellezza infinita dei paesaggi e delle persone che s’incontrano in Algeria e Mauritania o in Gambia. Altri solitari overlander continuano le loro peregrinazioni in tutta l’Africa o attraverso l’Asia. Ma si tratta sempre più di appassionati e coraggiosi viaggiatori a oltranza - troppo spesso scambiati da una stampa disattenta e ignorante (nel senso che ignora) per folli cercatori di adrenalina.
L’unico piccolo vantaggio è che questi nuovi limiti ai nostri spostamenti, fanno scoprire avventure più vicine e inaspettate: pellegrinaggi sui cammini medievali europei, traversate sulle Alpi o sugli Appennini, viaggi e cammini sulle latitudini più nordiche di Norvegia, Islanda o Groenlandia. E che gli stranieri scoprono nell’infinitamente vario territorio italiano, pur nella sua spesso asfissiante antropizzazione, un terreno di gioco inesauribile.
Se saremo in grado, una buona volta, di fare valere il nostro patrimonio turistico davvero a 360°, mettendo a frutto – che è l’opposto virtuoso di sfruttare - la ricchezza paesaggistica e culturale di cui disponiamo; se accadrà, un giorno, di avere una classe politica meno mediocre, in grado di gestire al meglio le risorse; se, insomma, prenderemo finalmente coscienza che siamo un paese a completa vocazione turistica che potrebbe vivere – e bene – di questo praticamente in ogni regione, ecco, allora la pena per le barriere che ci siamo costruiti intorno, forse sembrerà più sopportabile e magari restituirà un poco di fiducia nelle persone e nel mondo. Ma, come cantavano i Nomadi tanti anni fa, forse noi non ci saremo.
di Manuel Lugli
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