Erich Abram, addio all'ultimo degli alpinisti del K2 degli italiani

Lunedì 16 gennaio 2017 a Bolzano s'è spento all'età di 95 anni Erich Abram. Fortissimo alpinista e arrampicatore ebbe un ruolo molto importante nella spedizione italiana che nel 1954 salì per la prima volta il K2.
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Walter Bonatti (a sinistra) ed Erich Abram (a destra) al campo base del K2 durante la spedizione al K2 del 1954
archivio wikipedia

Se n'è andato anche Erich Abram e con lui anche l'ultimo dei protagonisti di quella spedizione italiana del 1954 entrata nella storia per la prima salita del K2. Solo poco più di 20 giorni fa ci aveva lasciati anche Ugo Angelino, un altro dei membri di quella storica spedizione. Abram, nato a Vipiteno nel 1922, si è spento lunedì scorso all'età di 95 anni lasciandosi alle spalle una vita intensa e avventurosa. La sua passione per l'arrampicata e l'alpinismo iniziò prestissimo, e ben presto il giovane Erich si distinse come uno dei migliori sestogradisti della sua generazione. Non a caso le sue prime salite più famose sono sulle Dolomiti. Tra queste la celeberrima via che porta il suo nome e che sale lo Spigolo Sud Est del Piz Ciavazes nel Gruppo del Sella, ma anche quelle sulla parete ovest del Sass Pordoi e sulla Nord della Cima Grande di Lavaredo.

Abram però è ricordato dai più soprattutto per il suo ruolo fondamentale nella famosa spedizione del 1954 al K2. Infatti, oltre ad essere stato uno dei più attivi nella fase di preparazione dei campi e della via, fu lui che fornì un fondamentale aiuto a Walter Bonatti e all'hunza Amir Mahdi per trasportare sopra il campo VIII le bombole di ossigeno che, il giorno dopo, consentirono la salita in vetta di Lino Lacedelli e Achille Compagnoni. Quel Venerdì 30 luglio del 1954 Abram si fermò, assolutamente esausto e sfinito, a 8000 metri, lasciando il compito ai due compagni di compiere quegli ultimi 100 metri di dislivello che mancavano al punto concordato con Compagnoni e Lacedelli che li precedevano. D'altra parte prima di scendere al campo VIII Abram e i sui due compagni avevano comunicato a voce proprio con i due alpinisti di testa. Insomma, nulla faceva presagire quello che avvenne in seguito: il mancato incontro tra i due gruppi e il conseguente terribile bivacco a 8100 metri di Bonatti e Mahdi. Un episodio che per pochissimo, anzi quasi miracolosamente, non sfociò in tragedia e che tanto ha fatto discutere in seguito. Tra l'altro nella ricostruzione di quanto accaduto Abram fu uno dei testimoni fondamentali anche perché, in virtù del suo lavoro di frigorista, era anche il responsabile tecnico delle bombole d'ossigeno.

Ma aldilà e oltre il K2, la vita di Erich Abram è stata davvero intensa e speciale. Ne fa fede il libro “Erich Abram, un alpinista bolzanino” curato da Augusto Golin, una testimonianza inedita che racconta le mille avventure vissute da questo uomo del Sud Tirolo: dalla guerra di Russia prima, alla prigionia, alle scalate in Dolomiti, ai primi voli e soccorsi come pilota di aereo, alla sua passione per l'esplorazione e per l'arrampicata. Sì, con Erich Abram se ne va l'ultimo di quegli alpinisti del mitico K2 degli italiani ma se ne va anche un protagonista e un testimone di un mondo che non c'è più.

di Vinicio Stefanello

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