Dolomiti: invernale francese della Solleder alla Civetta
Dal 22 al 25 dicembre 2017 gli alpinisti francesi Léo Billon e Max Bonniot appartenenti al Groupe militaire de haute montagne di Chamonix e la guida alpina Benjamin Védrines hanno effettuato un’importante ripetizione invernale della Via Solleder alla Nord-Ovest del Civetta in Dolomiti. Aperta dalla formidabile cordata Emil Solleder - Gustav Lettenbauer in sole 15 ore il 7 agosto del 1925 e famosa per essere la prima via di sesto grado delle Alpi, questi 1200 metri erano stati ripetuti in inverno per la prima volta dal 28 febbraio al 7 marzo del 1963 da Ignazio Piussi, Giorgio Radaelli e Toni Hiebeler, poi pochi giorni più tardi da Roberto Sorgato, Natalino Menegus e Marcello Bonafede. Mentre la prima solitaria è di Cesare Maestri, effettuato nel settembre 1952. Dal 14 al 18 gennaio 2000, invece, il 30enne Marco Anghileri ha effettuato la prima invernale solitaria, compiendo un autentico colpo da maestro su una delle pareti più grandi ed importanti delle Dolomiti. Adesso i francesi hanno deciso di trascorre il loro Natale su questa straordinaria parete, trovando così vicino a casa l’avventura, ma anche ricordando quella salita di Anghilieri di 17 anni fa.
Max, innanzitutto come mai questa via?
Perché era la più semplice della parete! Ma anche perché sembrava così logica ed è così storica. È una linea diretta, pura, che sale dritta in cima. Sembrava facile trovare buoni posti per bivaccare, dove avremmo potuto stenderci per dormire invece di rimanere appesi agli imbraghi. E alla fine i bivacchi sono stati perfetti, e abbiamo trascorso tre notti in parete.
Ci parli della vostra salita?
Sapevamo che sarebbe stato un buon allenamento per noi, dover affrontare 5 giorni d’arrampicata in questo stile: camini e placche che sono piuttosto complicati in inverno, anche se sono soltanto gradati soltanto IV o V! C’era neve dappertutto, a volte enormi accumuli che ci costringevano a scavare per trovare i chiodi. Poi il calcare era difficile da leggere e da proteggere, quindi un buon modo per allenare le nostre capacità tecniche. Salire il calcare con dei ramponi è sempre un gioco interessante, perché le fessure non sono mai così continue come sul granito. L’impegno è maggiore e trovare la via giusta è più complicato che sul granito.
Cosa sapevate della via?
Che era il primo sesto grado della Alpi. Sapevamo che sarebbe stata un’avventura perché avevamo sentito le storie di alcune invernali. Come la prima del ’63 con Ignazio Piussi, ovvero "Il più forte alpinista dell’epoca" come scritto nella didascalia di una foto pubblicata in un vecchio numero della rivista Vertical. Avevamo anche letto il racconto di Patrick Berhault, il suo capitolo dedicato alla via Solleder si chiama "La concentration c'est la sécurité" e lui la descrive come una "via impegnativa a causa del gran numero di tiri con roccia friabile e protezioni brutti." Quindi con grande rispetto per ciò che è stato fatto in passato abbiamo deciso di partecipare a questo gioco invernale in Civetta. Eravamo in cerca di una bella avventura e l’abbiamo trovata!
Quindi la via non la conoscevate. Nemmeno la Civetta?
Per Benjamin era la seconda volta in cima alla Civetta, aveva fatto la Via Ferrata degli Alleghesi con la sua fidanzata alcuni anni fa. Quindi no, nessuno di noi aveva salito la parete nord ovest. Adesso però siamo molti motivati a tornare in estate e salire vie come Nuvole barocche o Chimera verticale!
Quindi novità assoluta per voi due
Si, è stato molto interessante cercare l’avvicinamento e anche, come sempre quando non conosci un massiccio, trovare il miglior modo per scendere. Leo e io non sapevamo nulla del Civetta quindi era tutto nuovo. E anche se Benjamin ci era già stato in estate, i problemi in inverno sono ben diversi. Il rischio di valanghe, le difficoltà nel trovare la via di discesa dopo la cima; anche se c’è la ferrata, è facile perdersi con tutta quella neve. E infatti la discesa è stata piuttosto interessate! Per noi è stato bello uscire dal massiccio del Monte Bianco dove arrampichiamo spesso in inverno. Sul Civetta abbiamo dovuto affrontare molte più problematiche logistiche rispetto a quando arrampichiamo sulle Grandes Jorasses. E questo era quello che volevamo dal nostro viaggio in Dolomiti!
Com’è stato su in parete?
Molto figo, perché eravamo da soli in parete ma riuscivamo a sentire il paese di Alleghe, soprattutto a Natale! Era bello ascoltare la musica mentre mangiavamo il nostro cibo liofilizzato! La via è molto intensa perché non ci sono molti tiri facili. Spesso l’arrampicata è complicata, come i camini Lettenbauer nella prima metà della via. Su un tiro non riuscivamo a salire con lo zaino in spalla perché il camino è troppo stretto. Avevamo zaini grandi, quindi abbiamo dovuto tirarli su dopo. Salire una via in inverno comporta la cura di un sacco di piccoli dettagli, devi pensare due volte a tutto ciò che stai facendo. Ed è proprio questo il tipo di avventura che volevo avere.
Nel cuore delle Dolomiti!
Sì, è stato bello vivere quest’avventura nelle Alpi. A volte le spedizioni possono essere abbastanza noiose perché richiedono moltissimo tempo. In inverno invece l’avventura è sempre intensa e le Alpi sono facili da raggiungere. Ogni volta che arrampico in inverno nelle Alpi, non trovo mai delle tracce sulla terminale, non trovo nessuno in parete. Mi piace un sacco questa sensazione di solitudine così vicina alle grandi paesi come Chamonix o Grindelwald, ad esempio.
Un ultimo pensiero?
Mi sono molto piaciuti gli italiani, così amichevoli! Quando siamo scesi dalla cima abbiamo scoperto un biglietto sulla nostra macchina. Contrariamente a Chamonix, non era una multa! Era un messaggio di Valter Bellenzier, custode del rifugio Tissi. Ci aveva visti in parete, sapeva esattamente quale via stavamo salendo. L'abbiamo chiamato per bere una birra insieme, abbiamo parlato della parete, ricordando gli alpinisti che l’hanno salita come Marco Anghileri, un amico di Walter e di sua moglie Paola. È stato un bellissimo momento. Gli italiani sanno davvero come accogliere i loro ospiti!