Al Clogstafel in Val Formazza (VB) la Via del Fagiolo
Abbiamo circa 24 ore libere proprio nello stesso momento e la meteo promette bene, casca proprio a fagiolo! Luigi passa a prendermi alle 19 alla stazione del treno, e in due ore riusciamo a raffazzonare una cena, raggiungere Valdo in Formazza e essere pronti a incamminarci verso la meta, su dritto per la pista di sci. Le chiacchiere ci distraggono dalla pendenza della salita.
Arriviamo al rifugio Myriam che è ormai buio, e riusciamo a distenderci nello stretto e lungo vano di ingresso, che costituisce un ottimo ricovero aperto nonostante che il rifugio non sia attivo.
Ci alziamo di buon ora e aggiriamo il crinale spartiacque per entrare nel vallone che porta alla parete SE del Clogstafel, affiancata in circolo da altri picchi e pareti che luccicano dorati alla luce dell'alba. Qualche mirtillo arricchisce la colazione.
Avvicinandoci osserviamo le forme, le linee della parete. Il piccolo ghiacciaio alla base è ridotto ai minimi termini non sembra problematico il suo superamento in vari punti. Consideriamo che il grande diedro a sinistra della via Anime ribelli sia ben più adatto e gradevole per una salita trad con friend e chiodi rispetto alla conformazione a lame rovesce stratificate, come una cipolla malamente affettata, che caratterizza la prima metà di parete nella porzione destra. Nelle nostre fantasie lontani dalla parete avevamo pensato di attaccare proprio là, alla ricerca di un itinerario completamente a destra delle vie esistenti note.
Decidiamo di lasciarci attrarre dal diedrone e traversare poi in centro parete per raggiungere la zona di fessurazioni verticali nella parte destra dello scudo sommitale. Una volta risaliti alcuni gradoni più rotti, il primo tiro imbocca il grande diedro rimontandone l'ingresso aggettante. La roccia si mostra splendida e ben proteggibile!
Seguiamo il diedro per un'altra lunghezza di corda, mentre a metà del tiro successivo lo lasciamo salendo la placca fessurata verso destra. Nei tiri successivi tagliamo in diagonale le due vie esistenti e ci portiamo sotto le fessure e lame della parte sommitale. L'ambiente è meraviglioso, ci sorvola un'aquila. Sarà la stessa vista l'anno precedente quando ero venuto a ripetere Esperanza, conoscendo così la parete? Conservo ancora una piuma trovata sull'avvicinamento.
Si sente qualche scarica di sassi dalla vicina parete del Monte Giove. Ma anche il mio ventre gorgoglia in modo preoccupante... Si mette male, non ho mica mangiato un quintale di fagioli! Superato il peggio, con un po' di delicatezza e circospezione su due tratti di roccia più delicata, arriviamo in cima.
Ed è sempre gioia. La valle sottostante da questo versante non è aspra, glaciale, tutta morene, pareti e detriti come quella sotto la parete SE. È invece più dolce; uno specchio d'acqua riluce, vibrando, come un buco d'argento in una soffice coperta di pascoli verdi.
Siamo sorridenti e sgranocchiamo qualcosa godendoci cima e panorama, adagiati alla bell'e meglio sulla vetta di pietra non del tutto ergonomica. L'itinerario salito ci ha lasciato soddisfatti, non capita tutti i giorni di poter aprire un itinerario di stampo classico lungo 400 metri su una bella parete alpina. La linea è forse un poco stortignaccola con il suo tratto obliquo centrale, ma la "ricerca del facile nel difficile" può generare... vie un poco a fagiolo.
Il nome non è certo eroico, ma talvolta gli appellativi arrivano non si sa come e rimangono attaccati all'oggetto, appiccicati con colla di abitudine e magari affetto. E noi a questo itinerario gli vogliamo bene. Buone montagne a tutti!
di Paolo Serralunga