Caracalla Wall alla Meridiana in Val Torrone (Val Masino) di Berna Rivadossi e Luca Schiera
Consegno a Berni la relazione, frutto di una manciata di ore di tempere, molto più tempo per mettersi d’accordo sui gradi: il diedro stimato 6b, al massimo 6c, si è rivelato 7b solido e perfino da proteggere. Guardo il foglio e indicando la parte alta, bianca, dico: "Quando si sarà convinto sul nome...". Ora, a distanza di quasi un anno, possiamo riempire il vuoto con Caracalla Wall.
Il nome romano rende onore all’impresa, decisamente "imperiale", ma, in realtà, è tutta una "calla"! Poi c’è il granito verticalissimo della Val Torrone, dove le pareti sono "big" e il richiamo alla sorella "Dawn Wall" era d’obbligo.
Ma io cosa c’entro? Decisamente poco. Non ho messo nessuno dei, pochi e parsimoniosi, fix. Non ho risalito decine di volte 200m di statiche per provare il tiro chiave. Non ho spazzolato più di qualche decina di metri dei 450 che portano in vetta alla Meridiana. Non sono salito e sceso per 3 ore a volta con il saccone carico di attrezzatura e, soprattutto, uova fino al bivacco, a volte da soli e a volte sotto la pioggia.
Un giorno, salendo verso il Picco Luigi Amedeo, altra guglia donata dagli Dei a noi scalatori, indico ai miei soci la linea di Adventure Time. Via che attraversa lo spettacolare tetto fessurato della Meridiana sulla quale ero stato con Berni nella sua libera. Qualcosa mi attira, due ometti appesi ad un centinaio di metri, più a destra. Il mistero è presto risolto quando riconosco le voci di Berni e Luchino!
Seguo la loro avventura ogni volta che rientrano dalla Val Torrone. Al Bar Monica parlano di "placche spietate", fessure rovesce, dozzine di uova e di un muro insormontabile a meno di non incollarci una bella e solida padella di alluminio. Sembrano seri.
Seguirli come su Novella 2000 non mi basta e accolgo subito la proposta di una due giorni a provare la via. Camminiamo "scialli" uscendo dal bosco con porcini e finferli per la cena; meritata solo dopo aver provato qualche tiro della parte bassa. La qualità della roccia e la linea già mi gasano e non facciamo a meno che parlarne tutta la sera, tra un boccone di risotto all’olio di cocco, verdure e funghi seguito dall’immancabile frittata.
La mattina successiva apro gli occhi, ma già le orecchie avevano intuito la fregatura: piove. Saliamo comunque sulle viscide corde per provare il tiro chiave che, fortunatamente, si rivela scalabile senza incollarvi padelle, moke o lattine.
Arriva settembre, giornate corte e meteo incerto, siamo in 3 per questo assalto di fine stagione. Luca afferma che 18 uova potrebbero essere poche, lo convinciamo che alle 5 del mattino non ci sono negozi aperti per comprarle. Mentre lui sale a ripassare e pulire i tiri in alto, io e Berni liberiamo i tiri sotto e, a fine giornata, facciamo un tentativo ciascuno sul tiro più ostico. Lo assicuro tremando nonostante abbia addosso due piumini e quando scende, in maniche corte, è ottimista: "Sì fa, anzi è più facile del previsto". Il mix di ottimo grip e del suo stato di forma strepitoso lo convince che tutta la via "è una calla!"
La serata in bivacco passa tra cibo e minchiate, tra cui innumerevoli nomi intelligentissimi per la via, perché mi hanno insegnato una cosa fondamentale: "l’importante è magnà!"
Giorno due: restano almeno 8 tiri da liberare e partiamo di corsa. Mi lanciano su una placca decisamente tecnica e dalla chiodatura pepata, tanto che verso la fine guardo il fix lontano tra i piedi e la corda fissa di fianco a me, la tentazione è forte ma respiro e non la afferro, preferendo un aleatorio quarzo bianco tra pollice e indice, dichiaro 7b. Con il grigri inizio la mia discesa lasciando i due a battagliare con l’ultimo tiro che resiste. Il vento si porta via le parole ma dalla base decifro un "Fatto! È davvero una calla!". 8b/c.
Per questa stagione la missione è conclusa: abbiamo liberato tutta la via, 4 tiri a testa e, cosa più importante, terminato le uova. The End.
O no? Mi giro e li ho persi, sono fermi ad un tornante e indicano più in su... so già a cosa mirano. Poi il dito punta di nuovo sulla Meridiana...Visionari. Mangiatori di cocco e avventura. Instancabili. Alpinisti con la "A" maiuscola. Tutto questo e oltre, per me restano Amici.
di Marco Zanchetta