Anna Torretta risponde alle polemiche sulla spedizione femminile K2-70
Le risposte del presidente del Club Alpino Antonio Montani alle domande e opinioni del Giornalista Alessandro Filippini apparse recentemente sui social a seguito di un incontro organizzato da Luca Calvi dovrebbero servire a placare una esasperata e generalizzata sete di granitiche verità sulla spedizione K2-70, anche per quelle pavide e anonime persone che si creano profili social falsi per rendersi forse più aggressivi e intimidatori… Un po’ come sparare nel mucchio quasi come se fosse per il piacere di sentirsi protagonisti quando non lo si è stati.
Domandare è lecito ma rispondere è cortesia. Condivido dunque volentieri qualche riflessione dopo il suddetto scambio. Se qualcuno avrà ancora bisogno di fare ulteriori domande, a me (o alle dirette interessate) se posso rispondere sarò ben felice di farlo.
I protagonisti a vario titolo di questa spedizione con una indiscutibile connotazione femminile (siamo partite in 10, 8 alpiniste, più la referente delle comunicazioni e la dottoressa!) stanno iniziando a raccontare o a condividere informazioni su quello che hanno fatto e consiglio vivamente di prendere queste cose che vengono dette e/o scritte, rispettosamente sul serio. Ciò detto, le riflessioni.
La montagna non mi risulta che sia un’aula di tribunale, eppure molti addetti ai lavori sembra che preferiscano fare i giudici, gli avvocati, i periti di parte e non gli alpinisti. Soprattutto gli esclusi, che, guarda caso, si sono ben guardati dall’esprimersi appena la spedizione è stata resa ufficiale, e sinceramente non se ne capisce il perché. A meno che non fosse per questa antica, vetusta voglia di vedere qualcosa fallire piuttosto che giocarsi veramente la possibilità di avere ragione e dare un contributo costruttivo ed esperto.
Con il famoso senno del poi è veramente molto facile per tutti avere ragione, anche per quegli ignoranti totali che diranno solo che la spedizione K2-70 sia stata un fallimento, perché la vetta non è stata raggiunta e perché le spedizioni commerciali non hanno più senso (perché prima lo avevano?). Quante e quanti alpinisti non si sono appoggiati a spedizioni commerciali?
Non ho mai pensato che l’alpinismo possa essere uno sport che debba avere regole, federazioni e enti sovrastanti che regolano tutto. L’alpinismo è un’attività che può essere tanto individuale quanto collettiva, tanto libera quanto stra-organizzata. Esiste il Club Alpino Italiano, dove i soci sono volontari, esistono le Società delle Guide Alpine, dove ci sono i professionisti, (qualcuno inorridirà a questo accostamento), esattamente come esiste che se uno vuole andare in montagna o vede una montagna e si vuole avvicinare o vuole salirla lo può fare anche senza formazione, a suo rischio e pericolo. Allo stesso modo esistono montagne inesplorate e un alpinismo di ricerca, di exploit e chi più ne ha più ne metta.
Nella nostra spedizione commemorativa siamo salite in modo autonomo senza ossigeno, ma con tende già ai campi e sulle corde fissate (da portatori d’alta quota pakistani e sherpa nepalesi, cambia solo il nome e la nazionalità ma l’esperienza, le capacità e il loro lavoro è lo stesso). Seguendo la nostra etica, dettata anche dalle competenze di ognuna. E solo per rassicurare gli pseudo ecologisti le corde fissate vengono persino levate dal Pakistan Cleaning Team, un gruppo di alpinisti, pagati dallo Stato, dall’etica discutibile, ma che effettivamente hanno portato via dal K2 corde, resti di tende e anche il cadavere da due anni presente nei pressi della cima.
Il tempo questa estate è stato per lungo tempo avverso, con continue nevicate e bufere di neve, come spesso accade sul K2. Un fattore che guarda caso è la prima causa delle tragedie che si sono consumate. Il tasso di morte sul K2 non è più uno su quattro da quando la montagna è “commerciale” cioè attrezzata con corde fisse per i clienti di queste spedizioni, dove i partecipanti sono accompagnati e serviti da uno o più sherpa al seguito (spesso uno sta davanti e l’altro dietro). Tuttavia essendo noi in quattro - io e le mie colleghe - (così come le altre quattro pakistane) è già un enorme risultato aver fatto un tentativo di scalata “non commerciale” (ovvero non “imbombolate” come direbbe qualcuno) sul K2 senza che nessuna di noi sia morta! Grazie anche a tutti quelli che si son congratulati perché siamo tornate, anche se una con la polmonite e un’altra ferita da una scarica di sassi.
E questo è qualche cosa che non ha detto nessuno, oltre al presidente Montani, nonostante la tanta volontà e capacità di parlare dei dettagli di spedizioni al femminile o di donne del passato.
Dal 2000 organizzo corsi di formazione per sole donne e spedizioni “al femminile” e molto è cambiato in questi anni. Continuo ad insegnare da “donna a donna” a credere in se stesse, e provare a portare la corda da prime di cordata. Ma la percentuale delle Guide Alpine donne è aumentata solo dello 0,5% in Italia, e le alpiniste che affrontano gli 8.000 sono ancora pochine come sono poche ancora le cordate femminili in alta montagna sulle Alpi. Ho sempre sostenuto che è fondamentale l’esempio per infondere nelle donne la fiducia e la confidenza nelle proprie capacità. Quindi ben vengano tutte le iniziative “al femminile” che riguardano la montagna. E vengano ancora di più in quei Paesi in cui la cultura femminile non è quella occidentale.
Allora perché è anacronistica una spedizione femminile al K2? Per giunta se commemorativa?
Perché non c’è più avventura? Ma secondo voi salire a 8.611 metri, sulla seconda montagna della terra, la più pericolosa, se ha le corde fisse, che tra l’altro non sono su tutto il percorso, non è più avventura? Ma allora scalare sugli 8.000 è ormai anacronistico? E salire sul Monte Bianco è anacronistico oggi? Qualsiasi via tu faccia, dalla normale alle creste? Perché ci sono i rifugi e le funivie? Ma se il Club Alpino Italiano organizzasse una spedizione femminile sulla cima del Monte Bianco, per la normale italiana, per promuovere l’alpinismo dei 4000 tra le donne sarebbe anacronistico? Perché? Lo fece nel 2021 e ‘22 il Ministero del Turismo Svizzero per promuovere il turismo alpino tra le donne nella regione elvetica, prima sui 4000 di casa e poi sul Breithorn con una cordata di 80 donne in vetta!
Allora che cosa è anacronistico e cosa è commerciale a questo punto? Esiste ancora l’alpinismo?
Mio caro Alessandro Filippini, non è che forse hai un tantino esagerato con i tuoi arcaici e roboanti aggettivi?