K2 70: la relazione del capospedizione Agostino Da Polenza

Riceviamo e pubblichiamo la relazione di Agostino Da Polenza, capospedizione della spedizione K2 70.
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Il K2 dal drone della spedizione K2 70
K2 70

Dal punto di vista umano la mia più bella spedizione al K2.

Silvia Loreggian, Federica Mingolla, Cristina Piolini e Anna Torretta, nella estrema diversità di personalità e motivazione, ce l’hanno messa tutta e hanno onorato, sempre con il sorriso sulle labbra, l’impegno di celebrare degnamente gli uomini di quella fantastica "vittoria" sul K2 del 1954. Anche quando hanno aiutato prima Samina Baig, colpita da una polmonite che l’ha fatta rientrare a un centro ospedaliero dopo le cure intense di Lorenza Pratali, e poi dato una mano alle sue compagne, Samana e Nadeema, sono rimaste al K2, il cui divario tecnico però si è presto dimostrato insormontabile in una stagione alpinistica molto, troppo, influenzata dall’instabilità meteorologica e per questo particolarmente severa e pericolosa.

Il 27 giugno siamo arrivati al nostro campo base, parzialmente attrezzato da Ali Durani, il trentaquattrenne fortissimo alpinista che mi segue da sempre, e dai suoi tre amici Portatori d’Alta Quota. Ali era già salito a campo 1 posizionando una tenda e 1000 metri di corde fisse: un vantaggio incomparabile nei confronti delle circa 20 spedizioni commerciali nepalesi, che di solito attrezzano per prime per poi chiedere il pedaggio. Cosa che non hanno potuto fare accettando che da lì in su avrebbero battuto loro la pista e attrezzato la parete fino al "Collo di Bottiglia", attorno agli ottomila metri, oltre avremmo provveduto tutti insieme. Così è accaduto. Nessun pedaggio per nessuno, abbiamo cancellato questa pratica indegna.

Vento, sempre vento e bufera sopra, l’ABC, il campo base avanzato. A metà luglio tutte le spedizioni erano ancora a campo 2, che sembrava una barriera invalicabile. Solo Benjamin Vedrines, giovane fuoriclasse francese, l’aveva violata salendo di corsa a campo 3 da dove aveva preso il volo con il parapendio per il "base".

In questo periodo, Cristina è salita a campo 1 più volte passandoci più giorni, dovendo anche dare una mano alle ragazze pakistane. Esperienza che le ha pesato molto, anche fisicamente. Anna ha sperimentato i venti del K2 e, con Cristina, sino al Campo 2 anche la quota.

Silvia è sempre stata la più in forma e con Federica in un nuovo assetto della spedizione determinato dal perdurare del cattivo tempo che concedeva solo delle mezze giornate di tregua, che includeva organicamente anche Marco Majori e Federico Secchi (e i loro sci), hanno formato una unica cordata della nostra spedizione del settantesimo. In tre giornate memorabili per la velocità e l’energia profusa, i quattro alpinisti hanno raggiunto i campi inferiori con le ragazze davanti e Marco e Federico a seguire con gli sci a spalla. Poi i 7000 metri, dove in una rotazione di acclimatamento insieme ad Ali Durani, hanno lasciato il materiale per i campi superiori. Li seguiamo continuamente con la radio e i dromi dei nostri amici operatori. Con noi al Base ci sono sempre stati Eric Tornaghi, operatore di Massimiliano Ossini, Riccardo Selvatico, operatore delle imprese polari del CNR e di Evk2CNR, e Ettore Zorzini, operatore specializzato in riprese con il drone al seguito di Marco e Federico. In certi momenti nei cieli del nostro campo base tre droni volteggiavano con i loro occhi puntati sul K2. Splendida collaborazione con tutti e tre. Immagini spettacolari che presenteremo in autunno.

Con l’arrivo dei clienti delle grandi agenzie nepalesi, la "Seven Summit" di Dawa Shepa in primis, e con il lavoro di Alì e dei suoi 3 collaboratori si è depositato al campo 3, a 7350m, quanto necessario per il campo 4. Tutti gli occhi erano puntati sulle previsioni meteo, quelle internazionali e le nostre dell’Aeronautica militare. La data del 28 luglio si è pian piano definita come il "summit day". La finestra "tradizionale" di bel tempo di fine luglio che di solito dura da 4 a 7 giorni quest’anno è stata più un pertugio stretto e turbolento, ma con il vento in calo.

Cristina è partita per prima il 26 luglio con Nasir. Purtroppo, sotto campo uno il riacutizzarsi del suo dolore alla schiena e poi una scarica di sassi, per fortuna evitata a costo di una ulteriore torsione del dorso, la costringono a rientrare al campo base. Le vanno incontro Mohammad Khan e Riaz. Il nostro medico Lorenza si prende subito cura di lei in modo intensivo. Il giorno dopo gli elicotteri sono impegnati nel tentativo di recupero di due alpinisti giapponesi precipitati sulla parete ovest del K2. Nel frattempo, Federica in quei giorni deve prendersi un antivirale per una infezione che la colpisce.

Il 26 sera, alle ore 20.00, Silvia e Federica partono con Marco e Federico, una splendida cordata, per raggiungere campo 4 e la vetta. Sono carichi di motivazione e anche di zaini. Il programma è procedere in modo continuativo verso campo 4 prendendosi dalle 3 alle 5 ore di sosta nei campi raggiunti. Infine, tentare la vetta. Davanti a loro Ali Durani e i suoi. Il 28 il bel tempo incombe.

Benjamin s’aggira per i campi base per caricarsi e prendere l’ispirazione e il volo e per il tentativo record. La sua lancetta dell’acclimatamento è la più alta avendo toccato due volte campo 3. Partono per tentare la vetta anche Matteo Sella e Tommaso Lamantia, ormai diventati habitué del nostro campo.

I nostri raggiungono campo 3 faticando molto, qualcosa non funziona nel loro fisico e a quel punto qualcosa si rompe, Federica. Mingolla ha ancora farmaci antivirali da smaltire e Silvia accusa fatica e dolori allo stomaco, che le rendono difficile respirare (anche lei ha preso dei formaci che incidono sullo stomaco). Prima Loreggian rinuncia, poi riposa e si riunisce a Marco e Federico, ci prova ancora. Infine, molla la presa. Avrebbero potuto usare l’ossigeni da campo t3, ma decidono di no e si fermano, scendono.

Dei nostri rimangono sullo Sperone degli Abbruzzi Marco, Federico e tre portatori d’alta quota. Ali Durani sarà davanti, sul "Collo di Bottiglia", con gli Sherpa di Dawa ad attrezzare e battere la pista. Mi ha chiesto se potesse proseguire verso la vetta con loro facendomi vedere le bandiere (italiana, pakistana e del CAI) che si è infilato nella tasca interna del piumino. "Certo Alì, sarà di nuovo un onore per noi".

Ali alle 9 del mattino del 28 è in vetta, utilizzando per la prima volta una bottiglia di ossigeno. La sera lo abbiamo festeggiato al campo base.

Il 29 il tempo si è mantenuto stabile al mattino, meno nel pomeriggio, ma il vento si è attestato su livelli accettabili, attorno ai 20 kmh. Due nostri portatori alle 7.30 del mattino salgono in vetta. Marco Majori la sera prima mi aveva chiesto se potessero farlo. Avevo risposto che per me andava bene e che fossero saliti con loro di farsi aiutare a portare gli sci. Avevo suggerito a Marco di lasciare gli sci sulla "Spalla" a campo 4 e di salire in cima al K2. Lo avevo quasi supplicato, sapendo che il loro peso avrebbe molto inciso sulla loro prestazione e sapendo che le condizioni meteo avrebbero certamente limitato, se con impedito, di sciare il K2. Ma i ragazzi sono testardi e a volte i sogni sono più forti della realtà.

I nostri 2 pakistani a campo 4 sono partiti e arrivati in vetta molto presto. I nostri con gli sci in spalla invece molto più tardi. Alle 16, orario critico per il ritorno in sicurezza, Federico era sul dosso terminale; lo vediamo con il drone, ne ha ancora nelle gambe per gli ultimi metri verso la vetta. Lo incito a proseguire, a non attendere Marco. Vetta che raggiunge alle 17; è lassù solo, il drone di Ettore gli gira attorno, lui saluta.

La spedizione ha raggiunto di nuova la vetta con Federico Secchi. La festa al campo base è piena di apprensione. Marco 150 metri sotto è ormai lentissimo e combattuto. Prendo la radio e gli dico che se sale morirà e che non avrà altra scelta che girarsi e scendere. Cosa che saggiamente fa e che probabilmente lo ha salvato. Federico, seguito e fotografato con i droni in vetta, alle 18 ha iniziato la discesa con gli sci, ma la neve impossibile e la nebbia lo fanno propendere quasi subito per rimetterli a spalla Fede e raggiungere Marco, che lo ha preceduto a campo 4. I portatori avevano lasciato una tendina e poco altro, convinti che i due sarebbero scesi con gli sci dalla Cesen. Il giorno dopo la discesa a campo 3 è stata drammatica. Prima si perdono a causa della nebbia, poi Marco si infila in un "buco" della cresta. Ne esce miracolosamente, ma con una spalla lussata e il fisico debilitato. Federico sta ancora bene e lo aiuta e lo assiste. Il tempo peggiora.

Siamo tutti in grande apprensione e i messaggi che riceviamo sull’inReach sono contraddittori. Federico chiede aiuto. Le radio non funzionano o sono scariche. Silvia, al campo base, mi avverte che l’amico Benjamin e il suo fotografo sono, in tenuta leggera, al campo 2 per portare giù la loro roba. "Digli di salire per favore al 3 a prendere Marco e Federico". Benjamin è un fenomeno della interazione tra uomo e montagna, la sua naturalezza e confidenza nel muoversi sul K2 sono arte. Benjamin in due ore e mezza sale a campo 3, seguito dal suo fotografo Sebatien con una bombola di ossigeno. È la svolta. I quattro riescono a ripararsi in una "truna" riempita con i teli delle tende distrutte dal vento.

Al mattino iniziano a scendere lungo lo Sperone. Al base si organizza un grande movimento di soccorso con una ventina di persone tra italiani e francesi. Silvia sale a campo 2 con altri 5 alpinisti, Federica a campo 1 e Anna al campo base avanzato per organizzare il trasporto di Marco.

Nel tardo pomeriggio sono tutti al Campo Base. Lorenza, che ha rinviato in accordo con Cristina e con me la sua partenza in elicottero con Piolini che voleva accompagnare personalmente all’ospedale di Skardu, prende in carico Marco e lo rimette in sesto, anche se rimane sofferente per la spalla e l’ingiuria dell’alta quota e del volo nel" buco" fatto sopra campo 3.

Cena con tutti i volontari, con Benjamin come principale festeggiato, oltre al K2: è il 31luglio, il giorno del settantesimo. Il mattino successivo più elicotteri trasporteranno Cristina, Marco, Federico e Lorenza a Skardu da dove raggiugono l’ospedale locale.

Oggi, 9 agosto, Federica, Anna, Silvia e Federico sono all’EURAC di Bolzano. Sono sbarcati tutti ieri a Malpensa e anziché andare a casa dedicano ancora due giorni alla ricerca medico fisiologica.

Il CAI, che ha promosso e supportato questo progetto per celebrare il K2 e far conoscere l’alpinismo d’alta quota, lo ha fatto con convinzione e determinazione, e di questo va ringraziato, affidando a EVK2CNR l’organizzazione tecnica della spedizione. La comunicazione, complessa soprattutto nella componente italiana, è stata penalizzata anche dall’estrema difficoltà di disporre della banda garantita dall’ azienda Thuraya, specializzata in comunicazioni internazionali. Pare un vizio congenito a quest’azienda di Dubai il vendere molte più connessioni rispetto alla banda disponibile. In generale alla fine si è riusciti a inviare, sacrificando le notti, immagini e video.

Sul campo base sono costantemente sventolate le Bandiere italiane, pakistane, del CAI e delle olimpiadi. A momenti le abbiamo guardate con commozione, altri con gioia e con orgoglio. A chi dice che non è più tempo di sentirsi italiani, vorrei dire che noi lo siamo, orgogliosi di esserlo, e che anche le nostre giovani alpiniste e alpinisti sono state orgogliose e degne di ricordare e rappresentare la grande spedizione del 1954 e tutti gli uomini che la composero. Il K2 è l’apice geografico di un grande paese complesso, il Pakistan, che ci stima e ci ammira. Siamo orgogliosi di aver ricordato l’impresa del 1954 dando il massimo e raggiungendo la vetta. Siamo lieti di essere stati ospiti del Central Karakorum National Park, che Evk2CNR ha contribuito a realizzare, il sogno di Desio di un’area dedicata all’ambiente e alla scienza sotto il K2

Agostino Da Polenza
09/08/2024




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