Cima Mugoni, sci ripido sulla perla nascosta del Catinaccio
È stato un autunno dal sapore d'inverno quello appena trascorso. Forse in questo scenario di cambiamenti globali, meteorologici e non, sono saltati tutti gli schemi. Ce ne siamo accorti ben presto, quando dopo le prime perturbazioni, scaldate le gambe sui classici itinerari della Marmolada, abbiamo aperto le danze sul ripido con la prima discesa stagionale del canalone Holzer sul Pordoi. Le condizioni sono eccezionali. Tutto fa a pugni con la logica; fondamentalmente ha fatto una nevicata degna di nota, ma è cosi: la neve a nord sembra incollata alle pareti pur mantenendo la superficie polverosa; a sud, invece, le giornate di sole regalano un assaggio di firn perfetto.
Sono saltati gli schemi, appunto. Gli anziani dal paese ci prendono per matti: "è troppo presto!" ci dicono. Invece noi dalle forcelle più alte vediamo la condizione migliorare giorno dopo giorno. I fondi ghiaiosi perfettamente gelati hanno accolto in modo ideale le prime nevicate, diversamente dal bosco e dai pendii erbosi, che ancora troppo umidi risultano soggetti a grandi distacchi.
Così ci si ritrova già ad inizio stagione a programmare sveglie antelucane, per coniugare il bisogno di sci ripido con le altrettanto essenziali esigenze lavorative. Ed è proprio mentre lavoro che Lorenzo mi manda una foto della parete nord dei Mugoni. La didascalia è minima: "Ho visto una linea, ci sei domani?"
Nel gelo della mattina faticosamente tengo il passo di Lorenzo. La neve scorre sotto le pelli in un baleno, fino al cospetto della grande grotta, che è impossibile non notare salendo al passo delle Zigolade. Da li deviamo a destra, alla ricerca di un canale di accesso. La pendenza aumenta fino fino a quando la parete ci obbliga a cambiare assetto. Calzati i ramponi e impugnate le picche, cominciamo ad alzarci. Sorprendentemente la neve è abbastanza portante. Un salto più verticale ci obbliga ad un traverso esposto su una cornice di neve, le picche invece cercano qualche appiglio da agganciare su uno scudo di roccia gialla. Un altro pendio di neve ci porta ad una sella in prossimità di una torretta. Agli occhi si apre un sistema di canali, assolutamente impossibile da vedere dall'accesso, poiché protetto da una lunga cresta rocciosa che lo delimita a nord.
Capisco che l'istinto di Lorenzo è davvero cosa rara. Ammetto di essermi affidato ciecamente alla sua intuizione, pur avendone dubitato per un paio di momenti. Saliamo eccitati il canale, stretto e ripido, ma assolutamente sciabile. Dietro ogni strettoia o leggera curva del canale, ci scoprivamo a gridare "Si passa!". Prima del grande traverso a sinistra, che è visibile già dall'avvicinamento, incontriamo il tratto chiave della salita, si tratta di un camino che si stringe fino allo strapiombino d'uscita. Risolviamo questo passo, non con poca fatica: gli sci sullo zaino sbattono e si incastrano tra le strette pareti. In uscita incontriamo una goulottina, anch'essa non banale, che presenta pochissimo ghiaccio e qualche provvidenziale ciuffo d'erba gelata. Le difficoltà alpinistiche vanno calando, terminato il traverso saliamo un canalino, che con qualche passaggio delicato, ci deposita alla sella dell'anticima nord.
La cima nord vera e propria è separata da una profonda spaccatura. Per raggiungerla sarebbe necessario attrezzare una calata di una ventina di metri e fare un tiro di roccia sull'altro lato, su una roccia gialla non molto invitante... inoltre noi siamo qui per sciare!
La discesa alterna tratti ripidi ma godibilissimi in canale o pendio, a tratti più obbligati, dove con uno sci da 176 occorre fare scaletta con le estremità che graffiano la roccia. La neve è fredda e polverosa, ma con un fondo ottimo. In un baleno siamo alla prima calata, che attrezziamo grazie ad uno spuntone sulla verticale del camino, che tanto ci ha fatto penare in salita.
Riponiamo la corda nello zaino e sciamo il canale sottostante, ripido ma abbastanza ampio. Passata un'ulteriore erta strettoia, arriviamo al cospetto di un buco, una voragine nera contornata di neve. Scopriamo così che quella che dalla base della parete sembrava essere una grotta, è invece un arco di roccia staccato dalla parete principale. Un'architettura incredibile, un gioiello di tridimensionalità dolomitica attraverso il quale ci caliamo nel vuoto fino alla base della parete. È come un passaggio dimensionale, una volta messi i piedi a terra, ci rendiamo conto che si è appena conclusa una bella giornata di intenso alpinismo, in compagnia di un amico. Appena rimessi gli sci sulle dolci pendenze della Val de Vajolet, ci accorgiamo di quanto è stato bello faticare su per un canale, senza sapere cosa ci fosse dietro l'ennesimo pinnacolo che impediva la vista, giocando a perdersi nei meandri della parete.
Abbiamo scoperto sulla nostra pelle che è sempre questione delicata parlare di prima discesa, però dalle espressioni stupite di tanti gloriosi alpinisti fassani e non, abbiamo subito compreso che non erano in tanti ad aver intuito che là, su quella parete, una linea fosse possibile. La grande guida alpina di Nova Levante Hansi Kafmann, il candidato più papabile, che negli anni '80 e '90 ha messo la sua firma su tante pareti e canali di Latemar e Catinaccio, ci ha detto di averla più volte osservata, ma durante la sua carriera, la parete, mai è entrata in condizione.
Ovviamente questo non basta per esser totalmente sicuri della "prima", dato che la valle ospita diverse personalità amanti del ripido tanto quanto poco avvezze a raccontare e men che meno "social". Quello che resta, e quello che più importa, è aver goduto di una bella giornata di sano alpinismo in compagnia di un grande amico, cui vanno ancora i miei complimenti per la visione e la tenacia.
SCHEDA: Cima Mugoni, Catinaccio, Dolomiti