Porto i capelli come Walter B. Il nuovo libro di Massimo Marcheggiani
>I giorni passano e se li conti senti tutto il peso del loro numero, persino quando si sono fatti mesi e poi anni, quando i fogli del calendario della vita sono volati già per gran parte dietro le spalle, portati via dal vento del tempo. La mente cerca spesso di inseguire questi momenti andati, queste ore che non torneranno.
Frequentemente è la nostalgia che ci fa volgere indietro. Altre volte è il rimpianto per le occasioni perse, per quello che poteva essere e non è stato, per gli amori finiti o mai cominciati, per una vita che poteva essere differente da come avremmo voluto, che anche la vita più piena porta in sé, nel suo affresco, qualche crepa che rovina l’effetto finale del quadro che abbiamo provato a dipingere.
Il difficile casomai, al momento di questo sguardo all’indietro, di questo tirare somme che hanno sempre difficoltà a tornare, è di avere una visione chiara più che degli avvenimenti di chi fosse il protagonista delle storie vissute.
Perché è facile assolversi dai peccati, dalle scelte sbagliate, dai dubbi, dalle incertezze che ci hanno reso di volta in volta la vita difficile e mai semplice. Più arduo è essere onesti, provare a guardare oltre l’orgoglio, oltre quel falso amor proprio che spesso poniamo a muro davanti a quella difficoltà di vivere con cui ogni anima deve fare i conti.
Porto i capelli come Walter B. è il terzo libro di Massimo Marcheggiani e quello in cui più fa i conti con il suo personale vissuto di alpinista, con quell’onestà che viene dal voler fare i conti definitivi di un bilancio, cercando di capire se, dopo gran parte dei giri di questa giostra che è la vita, se questo sia positivo o meno. E’ tornare a guardare nel cuore di chi si era per capire chi si è diventato: uno sforzo che a nulla vale se non ci si spoglia per qualche momento di quell’armatura messo su a difesa della propria anima nel momento in cui, tanti anni prima, si era intuito di come il mondo non fosse come ci avevano raccontato ed era invece un luogo difficile, di cui aver persino paura. Così, spogliarsi di questa corazza è la cosa più complicata da farsi, soprattutto quando anni di consuetudine ci hanno abituato al suo peso, tanto che nemmeno ci accorgiamo più di come sia la prima cosa che indossiamo la mattina e l’ultima che togliamo la sera. Un percorso intrapreso però con schiettezza da Massimo Marcheggiani che, con la difficoltà propria a ognuno di noi, è riuscito in quest’intento.
La sua storia, il suo avvicinamento alle montagne e all’alpinismo, è raccontato con il cliché del racconto di formazione ma con una scansione temporale degli avvenimenti particolare, perché non cronologica. Le vicende narrate, non seguono infatti la successione temporale secondo cui si sono svolte, ma invece quel particolare percorso mentale, proprio del ricordo, che tende a legare avvenimenti anche lontani secondo logiche emozionali. Il racconto di Massimo Marcheggiani segue questi criteri, accompagnando il lettore più che nelle vicende in quella passione in cui sono cresciute. Un sentimento forte e che riesce a vibrare attraverso tutte le pagine di questa narrazione e che, personalmente, ha ricordato i libri della moderna letteratura alpinistica inglese: gli scritti di Andy Cave, Mick Fowler ma soprattutto quelli di Andy Kirkpatrick che forse più di tutti ha saputo raccontare ai lettori la nudità della sua anima e del suo essere, con tutte le conseguenti contraddizioni che ognuno vive al cospetto di sé stesso.
Un alpinismo quindi potente, nelle grandi come nelle piccole salite fatte, in cui Massimo Marcheggiani ha saputo e voluto trovare la chiave del suo essere uomo. Un alpinismo che partito dalle pareti del Centro Italia, lo ha condotto prima sul Gran Sasso e poi su tante delle montagne del mondo, dalle Alpi, all’Himalaya, alla Patagonia. Un alpinismo prima che raccontato, soprattutto vissuto con tutto sé stesso, nel pieno delle mille incoerenze che sempre ogni uomo racchiude ma che solo chi riesce a guardare nel fondo della propria anima riesce a vivere nel migliore dei modi."Questo mi è bastato e ancor oggi mi basta" è l’asserzione con cui si conclude la narrazione e miglior frase non poteva esserci per chi ha scelto la passione come chiave di volta della sua vita.
di Alberto Sciamplicotti