Alpi ribelli, cinquant'anni fa

Enrico Camanni e il com’eravamo noi e la montagna cinquant'anni fa, un percorso a ritroso che dà idea dei tempi che stiamo vivendo e un po’ anche del perché li stiamo vivendo. Pubblichiamo questa riflessione che compare nell’ultimo libro di Camanni: Alpi ribelli - Storie di montagna, resistenza e utopia, edito da Laterza.
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La copertina del libro Alpi ribelli. Storie di montagna, resistenza e utopia di Enrico Camanni
Editori Laterza

L’accelerazione climatica ed economica è stata talmente imprevista e imprevedibile che oggi stentiamo a raccapezzarci, perché ci è mancato il tempo di metabolizzare il cambiamento. Nessun’altra generazione della storia ha assistito a una trasformazione così impetuosa e fuori misura.

Saliamo in montagna, sulle Alpi. In cinquant’anni il film è scappato dal passo rallentato al riavvolgimento veloce. Veniamo al riassunto delle puntate precedenti: cinquant’anni fa le Alpi di tremila metri erano bianche di neve, adesso sono grigie e stempiate. La Terra ha la febbre e i ghiacciai la misurano. Con un ulteriore aumento di temperatura di due gradi – promettono i glaciologi – nel 2050 ci resteranno forse dei ricordi di ghiaccio a quattromila metri. Sotto avremo le foto d’epoca. Il paesaggio innevato che lucidava gli occhi dei viaggiatori romantici sarà uno scenario mediterraneo.

Cinquant’anni fa cominciava l’ultimo capitolo dell’emigrazione montanara denunciata da Revelli, ma la civiltà alpina era ancora perfettamente impressa nelle abitazioni, nella cultura e nel paesaggio. Adesso abbiamo cimiteri di case contadine e la vegetazione si è mangiata ogni altra forma di vita: terrazzamenti, campi, pascoli, memorie. Le Alpi hanno cambiato colore con l’avanzata della foresta e la ritirata della neve.

Cinquant’anni fa l’industria dello sci era una promessa di divertimento e benessere per tutti, adesso lo sci è diventato uno sport elitario e contro natura, le piste di discesa s’imbiancano a colpi di cannone e i poveri pagano la neve finta dei ricchi.

Cinquant’anni fa il turismo portava la città in montagna, adesso i proprietari dei monolocali li ridarebbero indietro perché quasi nessuno vuole più svegliarsi in un guscio di cemento. «Il viaggiatore che parte per la montagna lo fa perché cerca la montagna», diceva Amé Gorret prima che i condomini salissero a duemila metri.

Cinquant’anni fa la Val Maira e la Valpelline erano le cenerentole delle Alpi occidentali, adesso i turisti esigenti prenotano l’emozione del silenzio in Val Maira e in Valpelline. Uno dei B&B più ricercati è l’Alpe Rebelle di Bionaz: vuol dire «alpe ribelle», per chi non sa il francese. L’abbé Gorret si troverebbe benissimo.

Cinquant’anni fa una gita in montagna era un viaggio incerto, adesso si parte sapendo che tempo fa e che maltempo farà. Possiamo chiamare l’elicottero in ogni momento: «Sono stanco, venitemi a prendere». Si muore come prima ma incolpando la montagna assassina, perché il patinato mondo della safety and security non prevede zone d’ombra. L’unica avventura prevista è quella sicura, cioè un controsenso.

Cinquant'anni fa qualcuno sognava l'Europa unita e nel sogno immaginava di aprire la frontiera alpina alle merci e alle persone; adesso c'è chi vorrebbe richiuderla con recinti e muri, per impedire il passaggio di chi ha bisogno e viene da molto lontano.

Enrico Camanni

Tratto da:
Alpi ribelli - Storie di montagna, resistenza e utopia
di Enrico Camanni
Editori Laterza, 2016
Dagli artigiani eretici che si sacrificarono con Fra Dolcino ai piedi del Monte Rosa, ai partigiani che fermarono i nazifascisti sulle montagne di Cuneo e Belluno, fino ai movimenti contemporanei contro il treno ad alta velocità in Valle di Susa, il libro raccoglie le storie dei montanari e degli alpinisti che seppero disubbidire agli ordini, costruendo sulle montagne rifugi di resistenza, avamposti di autonomia e laboratori di innovazione sociale.

>> L'alpinismo e la necessità del racconto. Di Enrico Camanni




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