Per Edu Marín la montagna è “famiglia”

L’arrampicatore catalano Edu Marin è stato ospite al Trento Film Festival, dove ha presentato il film che lo vede protagonista, “Keep it burning”. Abbiamo avuto l’occasione di intervistarlo, spaziando dalla sua passione per la montagna, le sue imprese – fra cui l’ultima sulle Torri del Trango – e il valore per lui più importante, ovvero quello della famiglia. Di Elena Rosetti
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Edu Marín su 'Eternal Flame' sulla Nameless Tower, Trango, Pakistan, estate 2022
Edu Marin archive

"Ho 38 anni e vengo dalla Catalogna; ho iniziato a scalare quando ne avevo 12 partecipando a diverse competizioni, ma ora preferisco le grandi pareti e le grandi montagne”. Sono le prime parole di presentazione che usa Edu Marín per descriversi. E non è difficile credergli, visto il film con cui ha partecipato al 72. Trento Film Festival, in cui racconta il suo ultimo viaggio in Pakistan, durante il quale, aiutato dal fratello Alex e dal padre Novato, ha effettuato la seconda salita in libera di Eternal Flame sulla Nameless Tower (6.251m) sul Trango. Un risultato che arriva 33 anni dopo l'apertura della via da parte Kurt Albert, Wofgang Güllich, Christof Stiegler e Milan Sykora, e 13 anni dopo la prima libera, firmata da Alex e Thomas Huber. Marin ha impiegato 28 giorni per liberare tutti i tiri e raggiungere la cima.

Da dove nasce la tua passione per l’arrampicata?
Ho iniziato a scalare grazie a mio padre, che mi ha trasmesso questa passione e mi insegnato ad arrampicare a 11 anni. A 13 anni ho cominciato a gareggiare nell’arrampicata e a 17 ho cominciato a vincere molte gare. Due anni dopo ho vinto la coppa del mondo in varie categorie. A un certo punto però ho perso la motivazione in questo senso e sono tornato all’origine della mia passione, ovvero ai valori che mi aveva trasmesso mio padre, e ho deciso di tornare a scalare assieme a lui. Infatti, ciò che realmente mi piaceva dell’arrampicata non erano le gare, ma la condivisione, il viaggio, l’avventura e la disciplina che questo sport offre. Il mio avvicinamento all’arrampicata è stato il risultato di una progressione naturale: ero un ragazzino molto grasso quando ho cominciato ad arrampicare, mi sentivo davvero motivato dallo sport che considero proprio una luce per la mia vita. Ho infatti cominciato ad avere uno stile di vita più sano, ad andare meglio a scuola e anche ad avere un rapporto migliore con la mia famiglia. Lo sport mi ha fatto crescere davvero tanto, penso che sia davvero la chiave per i giovani.

Come ti senti quando arrampichi?
Dipende dal progetto e dal momento, ma in generale per me l’arrampicata è meditazione, è il momento in cui io mi sconnetto dal mondo, dal mio lavoro dai miei problemi e dalla mia vita sociale. In quel momento lì ci siamo solo io e la roccia. È un momento molto speciale per me, del quale ho bisogno per mantenere un equilibrio nella mia vita.

Quale è stata la scalata che porti più nel cuore?
Sono fortunato, perché negli ultimi anni ho vissuto molte esperienze positive viaggiando con mio padre e talvolta anche con mio fratello. Credo che l’ultimo progetto, ovvero la salita libera dell’Eternal Flame, assieme a loro due, rappresenti l’esperienza più straordinaria che io abbia mai vissuto. Ancora adesso mi viene la pelle d’oca a pensarci: siamo stati 28 giorni su una parete a 6251 metri di altitudine, lottando giorno per giorno assieme, per poi finalmente raggiungere la vetta.

Come hai vissuto la scalata dell’Eternal Flame che racconti nel tuo nuovo film?
Per poter scalare una vetta del genere ci vuole fortuna con il meteo, la salute e l'acclimatazione. Questo progetto per me è molto speciale, poiché si tratta di una delle pareti più complete, in cui devi arrampicarti sul ghiaccio, camminare per 6 giorni per arrivare al campo base che si trovava alla Torre Trango a 4200m e devi arrampicarti in alta quota fino a raggiungere i 6000 metri. Si tratta di una delle big walls più difficili in alta quota: scalare in libera le 22 lunghezze è la cosa più complessa, si tratta infatti di 1200 metri.
Il momento più duro è stato quando siamo stati sorpresi da una valanga che ha strappato tutte le tende e distrutto gran parte del campo base. Dopo la valanga siamo stati abbandonati dai cameramen che stavano facendo le riprese per il film, perché le condizioni erano diventate davvero pericolose. Assieme a mio padre e mio fratello ho però deciso di continuare il progetto, siccome ci stavamo preparando da due anni. Abbiamo deciso che da quel momento sarebbe stato mio fratello a filmare. La valanga ci ha davvero messi alla prova, ma penso che il film faccia proprio vedere come una famiglia può lottare assieme per raggiungere i propri sogni. Penso che sia un documentario molto emozionante e che porti certi valori, come la forza della famiglia.

Che programmi hai per il futuro?
Ho molti programmi attualmente e in particolare sono concentrato su uno dei progetti più difficili della mia vita, che è aprire una nuova palestra di arrampicata. Nell’ultimo anno ho lavorato molto per questo progetto, e sono molto felice perché sono molto vicino ad aprire la palestra e poi potrò concentrarmi nell’arrampicata sportiva. Mi piacerebbe infatti esplorare la Patagonia.

Il film, chiamato Keep It Burning e diretto da Guillaume Broust, termina con l’immensa gioia e emozione di Edu, nel momento in cui raggiunge la vetta. “Senza la presenza e la forza di mio padre e mio fratello sarebbe stato impossibile per me andare fino in fondo” conclude.

 

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