Manolo e i pensieri di un mago in un'intervista di tanto tempo fa

L'arrampicata e la montagna, il talento e l'avventura: Maurizio Zanolla alias Manolo si racconta in un'intervista del 2004. In attesa della serata organizzata da Sportfund all'Antonianum di Bologna e di cui sarà l’autore di Eravamo immortali sarà il protagonista.
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Maurizio Manolo Zanolla nel 2016, durante la seconda salita e prima ripetizione di 'Il Mattino dei Maghi', la mitica via da lui stesso aperta sul Totoga (Pale di San Martino) nel 1981
Daniele Lira

L'inizio è sempre imprevedibile, come sono i pensieri di un Mago. "La mia prima via in montagna l'ho salita su una cima che potremmo definire 'insignificante', nei Monti del Sole. Era una prima ripetizione ma semplicemente perché in quelle montagne selvatiche avevi solo due possibilità: una prima ripetizione o una via nuova. In due anni non ho mai incontrato anima viva tra quelle pareti di 'seconda classe'. Ero incuriosito e affascinato da quella vita di scoperta e avventura, così lontana dalla quotidiana ipocrisia della libertà di stampa e di parola. Avevo 16 anni e, la scuola stava già per finire, l'Italia del pallone andava in Messico mentre mio padre emigrava per mantenerci, e per arrampicare ci si spostava a piedi."

Il bicchiere mi resta a mezz'aria, dubbioso. "Avevo cominciato a lavorare in fabbrica ma era soffocante, mi mancava il sole e la luce, quella che fa lievitare il mondo anche con le nuvole, ed ho preferito fare il manovale, del resto non potevo pretendere di più."

Siamo seduti davanti alla sua casa per parlare delle Pale di San Martino, delle sue vie. Ma Manolo sembra voler tornare indietro di anni luce. L'interrompo: sì Manolo, ma qui sulle Pale? "Solo più tardi ho cominciato a frequentare le Pale. Com'erano aristocratiche, alte, slanciate e senza erba sulle cime. C'erano perfino i rifugi e i sentieri segnati. Erano delle cartoline, ma d'inverno si svuotavano e diventavano ancora più belle ed era il periodo da noi preferito..." Ci siamo, penso, mentre lui continua. "Fra le prime vie ho fatto la fessura Serantini, sul Dente del Rifugio. Per essere una via nuova era già impegnativa. Ma si sa com'era la storia: allora nessuno si esponeva ad aprire la scala delle difficoltà verso l'alto e, per quanto più difficile, era sempre 6° grado!"

Sta divagando ancora, e lo provoco: 6° grado, era già odore di staffa. "Ho usato molto poco le staffe, ne avevo una repulsione istintiva. Da subito ho trovato un impulso spontaneo nel ricercare la difficoltà con le mani, e non su una scala di chiodi. Mi dicevo: ho una corda migliore, conosco la relazione della via, se Vinazter e Cassin, Andrich o Carlesso hanno fatto queste vie, io cercherò di fare meglio. Per questo avevo cominciato non solo a ripetere le vie in libera ma anche a ridurre al limite le protezioni. Perché cercare di aumentare le difficoltà e limitare anche il numero delle protezioni era una specie di rispetto che avevo per la parete, la montagna e per chi mi aveva preceduto."

Gli butto là che era un passo in avanti anche per l'alpinismo. Ma forse anche lui capisce che non è la cosa che più m'interessa. E proseguo: queste idee come nascevano? "Credo siano nate con me ma non sarebbero straripate così prepotentemente senza quella spinta soverchiante della natura. Eravamo un gruppo selvaggio e isolato, probabilmente un po' antisociale, ma forte dei nostri primi vent'anni. Dormivamo sotto i sassi non solo per necessità economiche ma anche per un totale rispetto ed integrazione con l'ambiente, ed il sacco a pelo era un lusso anche da bagnato. Abbiamo avuto la fortuna di fare quello che ci veniva da dentro e inconsapevolmente infrangere le regole dei gradi, ed in qualche modo partecipare in prima fila, senza divisa, all'evoluzione. Solo dopo ho saputo che in qualche altra parte del mondo qualcuno si stava muovendo nella stessa direzione. Mi faceva piacere però pensare che abbiamo inseguito solo la nostra immaginazione. Nel posto giusto al momento giusto." E come te la spieghi questa coincidenza? "Prova a spiegartelo tu!" Ci siamo, penso, adesso mi provoca lui. Il Mago ha il berretto di lana calato sopra gli occhi, e per un attimo mi sembra di essere davanti Manu Chao. Dopo questa visione è strano sentire come continua. "Credo sia la conseguenza di un modo di pensare, di un'essenzialità ed una rabbia di vivere diversa. Credo sia innegabile che tutto è derivato da una situazione socialmente diversa da quella di adesso. Eravamo abituati a pensare, e pensare significa non credere a quello che dicono gli altri ma osservare con i propri occhi."

Sarà il vino ma ora non mi sembra di essere fuori tema, anzi mi pare che siamo centralissimi. E poi Manolo, com'è andata? "Poi mi sono accorto che la Piazza, aldilà del giorno del mercato, era assolutamente vuota, non trovavo niente, solo schemi e regole soffocanti, avevo un assoluto bisogno di qualcos'altro. E fortunatamente l'ho trovato nelle montagne e nei luoghi apparentemente ancora più vuoti!"

Sono visioni che mi muovono visioni, e domande. Quali montagne cercavi? "Cercavo quelle più vere, meno conosciute, meno frequentate e più difficili da girare, e meglio dei Monti del Sole... lì non c'era niente ed era tutto quello che volevamo. Avevo piacere nel contatto con questo ambiente, questa era la cosa che mi gratificava ed era fine a se stessa, aldilà delle difficoltà. Ho cominciato istintivamente ad arrampicare e credo di averlo fatto bene ma il merito non è stato certamente mio, quello di continuare sì, però."

Non c'è dubbio che lui ce l'ha nei geni il talento per l'arrampica, ma non glielo dico. Gli domando invece cos'è il talento. "Il talento è un'eredità genetica, talvolta inutile senza la forza mentale o la sensibilità di assorbire e percepire quello che ci circonda. E' qualcosa che ci permette di pescare nell'irrazionale. Non è un ricordare, un catalogare, è molto di più; è la possibilità di attingere in un bacino immenso."

Perché non mi parli delle tue vie? Mentre glielo chiedo capisco che non m'interessa più, ma voglio sentire da lui perché sta sfuggendo l'elenco. "Non parlo di vie. Non mi è mai piaciuto. Tutti mi chiedono qual è la più difficile, la più bella, la prima. Sono altre le cose che affiorano nei miei ricordi. Sono le emozioni, i cambiamenti, i momenti in cui ho pensato di prendere una strada diversa, oppure quando queste mi sono arrivate addosso senza preavviso travolgendomi. Sono convinto di aver vissuto delle vere e grandi avventure in montagna. Avventura è una parola che puoi usare o abusare. Per me l'avventura in montagna è quella senza compromessi, quella dove devi far conto solo su te stesso, è un salto nel buio, un oltrepassare le tue colonne d'Ercole. Ho vissuto più volte questa situazione, in diverse vie. E, nelle Pale, sicuramente fra le tante, una è stata sulla Cima della Madonna, sui 'Piazaroi'. In molte situazioni mi sono spinto proprio aldilà, consapevole che tagliavo i ponti, e che l'unico modo per sopravvivere era arrivare in cima."

Avventura sempre, per tutta la vita dunque. Lo dico quasi soprapensiero, ma Manolo non sembra essersene neanche accorto. "Non credo si possa vivere verticalmente tutta la vita così, probabilmente non sarei qui a raccontare che ho provato a farlo, se non avessi avuto la fortuna di sopravvivere alla furia dei miei vent'anni, ma anche a quella fatale della quotidianità."

Mi torna alla mente il discorso dei periodi. Quello dell'arrampicata sportiva per esempio... "Ho attraversato il tempo dell'arrampicata sportiva a ventidue, ventitré anni, con Roberto (Bassi ndr), ad Arco. Sono stati periodi irripetibili, perché quando mai potrò permettermi di avere lo spirito così libero da tutte le altre cose, e potermi dedicare solo all'arrampicata libera?; non arrampicata sportiva, ma arrampicata libera. Non avevamo niente ma era la ricchezza più grande."

Ritorniamo alle montagne, alle Pale. A quello che gli hanno dato queste pareti "Ho imparato presto la sconfitta e la fatica anche in montagna, e questo mi ha fatto crescere in fretta. Lassù non c'era niente da conquistare. Ho imparato che non ero né invincibile né immortale, e che gli ostacoli in parete, come nella vita, sarebbero stati sempre più difficili. Quando sei convinto di essere arrivato non sei arrivato da nessuna parte: il più difficile è sempre davanti, finché non ci cadiamo dentro."

Squilla il telefono, è il segnale: Manolo deve andare all'appuntamento per il consueto giro di corsa. Guardo la sua bella casa, con la terrazza fiorita e una lunga fila di biancheria stesa, molti sono capi d'arrampicata. Mi volto e faccio appena in tempo a cogliere il suo sorriso. Mi saluta, e sotto il berretto da Manu Chao gli occhi hanno un guizzo, da vecchio lupo.

di Vinicio Stefanello (Intervista a Maurizio Manolo Zanolla pubblicata su ALP GM 20 Pale di San Martino - 2004)


Manolo a Bologna - la serata Eravamo immortali per Sportfund

Mercoledì 7 novembre 2018 ore 21.00
Cinema Teatro Antoniano
Via Guinizelli, 3, Bologna
www.antoniano.it
Ingresso 8,00 euro (gratuito per ragazzi fini a 14 anni). Conduce la serata Vinicio Stefanello di PlanetMountain.com




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