Intervista con Riccardo Cassin
La montagna è ed è stata la mia vita. Ho vissuto per essa, mi sono dedicato ad essa, l’ho sempre rispettata e mi ha dato tutte le soddisfazioni che potevo avere...
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Al ritorno dalle Grandes Jorasses.
arch Riccardo Cassin
Riccardo Cassin, se dovesse descrivere cos’è stata per lei la montagna, la definirebbe una moglie oppure un’amante?
E’ un’amante, perché l’ho sempre amata e la amo ancora. La montagna è ed è stata la mia vita. Ho vissuto per essa, mi sono dedicato ad essa, l’ho sempre rispettata e mi ha dato tutte le soddisfazioni che potevo avere.
L’ha mai delusa la montagna?
Mai, anzi mi ha sempre assecondato in tutto. Ho avuto soltanto una delusione, quando sono stato escluso dal K2. Quella è stata la delusione più grossa che ho avuto nella mia vita. Dopo aver preparato tutta la spedizione, il “grande capo” decise di lasciarmi a casa...
Era la spedizione italiana del K2, per la quale lei aveva compiuto la ricognizione. Poi Ardito Desio la escluse dalla spedizione. Le fa ancora male ripensare a quel fatto?
Lo vivo come fosse allora, non mi passerà fino alla morte.
C’è chi dice che Ardito Desio la escluse perché voleva essere lui la figura principale della spedizione e perché lei avrebbe inevitabilmente oscurato la figura di Desio. 'Legge' così anche lei questa vicenda?
Può darsi che sia così, non lo so. So soltanto che io rimasi a casa. Dopo aver preparato tutto e avere dato loro tutte le nozioni necessarie per la spedizione. Il “grande capo” ha approfittato della mia esperienza, delle mie capacità nella fase di preparazione e poi ignominiosamente mi ha lasciato a casa.
Ne avevate discusso dopo l’esclusione oppure non ne avete più parlato?
Non l’ho più incontrato e preferisco non trovarlo davanti ai miei occhi. ndr: l’esclusione fu decisa in base a certificati medici attestanti un vizio cardiaco poi rivelatosi inesistente.
Lei fa parte dei Ragni di Lecco un gruppo di arrampicatori molto conosciuto. Quanto è importante l’amicizia in cordata e l’amicizia all’interno del gruppo?
L’amicizia vuol dire tutto. Credo che l’amicizia sia la fratellanza di due, di tre, di quattro, di cinque o di dieci individui.
Eravate tutti alpinisti fortissimi. Nonostante questo però il senso dell’amicizia rimaneva inalterato?
Sempre. C’è sempre stato un po’ di sano antagonismo tra di noi: ognuno cercava di fare più dell’altro, ognuno cercava di mettersi in evidenza più dell’altro... ma alla fine prevaleva sempre il migliore.
Lei ha sempre portato a termine tutti i suoi progetti. Se decideva di salire una montagna arrivava sempre in cima, cosa aveva Riccardo Cassin in più degli altri alpinisti?
Niente. Avevo la preparazione. Quando desideravo salire una montagna, mi preparavo per quell’avventura e non sono mai stato sconfitto. Ho sempre avuto le soddisfazioni che cercavo perché mi preparavo adeguatamente per il mio obiettivo. Non bisogna andare con la testa nel sacco, bisogna prepararsi per quello che si vuole fare.
Il 2001 coincide con il 40° della sua ascensione al McKinley in Alaska. Un’avventura incredibile che fu un grandissimo successo. Siete arrivati tutti in cima...
E' stata un’avventura meravigliosa, la ricordo con molto piacere e la rivivo in continuazione come fosse allora.
Cosa era successo?
Niente, è successo che siamo arrivati in cima, malgrado le difficoltà, malgrado l’asperità della montagna (il ghiaccio comincia al livello del mare)... abbiamo avuto fortuna, la montagna ci ha aiutato e siamo arrivati tutti in cima.
La leggenda narra che quando affrontò le Grandes Jorasses, andò dal guardiano del rifugio, mostrò una cartolina e si fece indicare lo Sperone. E' vero?
E' vero. Non ero mai stato al Monte Bianco, non sapevo dov’era. Ho mostrato al guardiano la cartolina e gli ho chiesto di indicarmi pressapoco dov’era la montagna...
E fu un altro successo.
Non sono mai stato sconfitto, la montagna mi ha sempre aiutato e mi ha sempre beneficiato di quello che volevo fare.
Lei a 78 anni ha ripetuto la sua via sulla nord del Pizzo Badile. Cosa ha significato per lei quel ritorno?
E’ stata un’avventura. L’ho ripetuta due volte in 15 giorni, perché una spedizione svizzera - ndr: di cineasti - mi ha detto: "Perché non ce l’hai detto? Ti avremmo seguito!” ho risposto loro: “Andiamo!”... 10 giorni dopo sono ritornato in parete e ho ripetuto la via un’altra volta.
Lei si è interessato a tutte le pareti nord più famose delle Alpi. Sulla parete Nord dell’Eiger partecipò al salvataggio di Claudio Corti durante la tragica spedizione del 1957 che costò la vita a Stefano Longhi. Come mai non ha mai salito la parete nord dell’Eiger?
Non mi ha mai voluto. Non ho mai trovato condizioni atmosferiche ideali. Io sono un arrampicatore della domenica, ho sempre lavorato durante la settimana e il sabato e la domenica erano gli unici giorni che dedicavo all’alpinismo – salvo evidentemente quando si partiva in spedizione. Purtroppo tutte le volte che sono partito per affrontare la parete Nord dell’Eiger, l’ho sempre trovata in pessime condizioni, non sono mai riuscito a salirla.
Le dispiace?
Beh, insomma, si vede che doveva andare così. Io sono un po’ fatalista... Mi sono sempre detto: “Se non mi vuole... pazienza!”
Dicevamo all’inizio di questa intervista del dolore che le ha provocato l’esclusione dalla spedizione del K2. C’è un’altra montagna che lei avrebbe voluto ma che non è riuscito a salire?
L’alpinista è un egoista, vorrebbe salire tutto. Tuttavia nella vita bisogna sapersi accontentare e non bisogna rimpiangere nulla. A 92 anni io mi accontento di quello che ho fatto nella mia vita.
Come valuta l’evoluzione conosciuta dall’alpinismo nel Novecento?
Come in tutte le cose del mondo c’è un progresso, e l’alpinismo ha avuto il suo. Ed è giusto che sia così.
Si è trattato di una evoluzione giusta, secondo lei?
Giusta o sbagliata è avvenuta così. Non si può andare contro alla natura… bisogna accettare quello che viene.
E qual è invece il messaggio di Riccardo Cassin ai giovani?
Di andare in montagna con prudenza e di rispettarla... assumendo questo atteggiamento la montagna ti ripetterà sempre.
Delle generazioni di alpinisti qual’è quello che l’ha maggiormente impressionata?
Tutti gli alpinisti mi piacciono e li ammiro per quello che hanno fatto.
Non c’è un nome in particolare?
Ognuno nella vita fa quello che si sente di fare. Io li rispetto e rispetto quello che hanno fatto.
Si parla molto negli ultimi anni di una grande commercializzazione, specialmente nell’Himalaya. Cosa ne pensa?.
Non faccio commenti. Ognuno nella vita fa quello che crede.
Loretan diceva che sarebbe bello poter ritornare a salire le pareti delle Alpi come si faceva all’inizio. Qual è secondo lei il futuro dell’alpinismo.
Sono domande balorde alle quali non riesco a dare una risposta...
Scheda a cura di Daniele Redaelli
Riccardo Cassin è nato a Savorgnano di San Vito al Tagliamento (PN) il 2/01/1909. Orfano di padre a 4 anni (Valentino Cassin, emigrato in Canada, morì nel 1913 in un incidente di lavoro in una cava del British Columbia). Nel 1926 si trasferisce a Lecco dove fa il fabbro per mantenere la madre Emilia e la sorella minore Gina.
Dopo una breve esperienza come pugile, conosce la montagna. Da allora non ha mai smesso di frequentarla, ancora oggi va a camminare sui sentieri della sua Grigna, le montagne sopra la sua casa a Lecco, o a caccia.
Nella sua carriera ha compiuto, senza calcolare gli allenamenti, circa 2500 ascensioni di cui 100 prime assolute. Ha scalato in Italia, Svizzera, Francia, Austria, Spagna, Jugoslavia, Scozia, Caucaso, Alaska, Peru, Pakistan, Nepal e Giappone.
A 78 anni ha ripetuto due volte in una settimana la sua ascensione al Pizzo Badile nel 50° anniversario. Nel 1997 si è recato in Patagonia per inaugurare un rifugio intitolato all'amico Carlo Mauri. Nel novembre 1998 è stato membro della giuria del festival internazionale del film di montagna a Banff (Canada), nel novembre del 2000 è stato fra i relatori, sempre a Banff, al summit mondiale dell'alpinismo cui hanno partecipato praticamente tutti i più forti alpinisti del mondo.
Sposato con Irma dal 1940, ha 3 figli (Valentino, Pierantonio e Guido), 7 nipoti e 3 bisnipoti. Ha scritto 10 libri di montagna. E' Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana, decorato con la Croce al Valore Militare per le azioni intraprese (fu anche ferito) durante la guerra partigiana (1943-45) nella quale guidò la Brigata Rocciatori. Insignito di 4 medaglie d'oro al valore atletico dal Comitato Olimpico Italiano.
Fa parte del Gruppo Ragni della Grignetta, è membro onorario del Club Alpino Accademico Internazionale, del Groupe Haute Montaigne e dei club alpini di Italia, Stati Uniti, Spagna, Svizzera e Francia. Reinhold Messner lo ha definito: "Una pietra miliare nella storia dell'alpinismo".
E’ un’amante, perché l’ho sempre amata e la amo ancora. La montagna è ed è stata la mia vita. Ho vissuto per essa, mi sono dedicato ad essa, l’ho sempre rispettata e mi ha dato tutte le soddisfazioni che potevo avere.
L’ha mai delusa la montagna?
Mai, anzi mi ha sempre assecondato in tutto. Ho avuto soltanto una delusione, quando sono stato escluso dal K2. Quella è stata la delusione più grossa che ho avuto nella mia vita. Dopo aver preparato tutta la spedizione, il “grande capo” decise di lasciarmi a casa...
Era la spedizione italiana del K2, per la quale lei aveva compiuto la ricognizione. Poi Ardito Desio la escluse dalla spedizione. Le fa ancora male ripensare a quel fatto?
Lo vivo come fosse allora, non mi passerà fino alla morte.
C’è chi dice che Ardito Desio la escluse perché voleva essere lui la figura principale della spedizione e perché lei avrebbe inevitabilmente oscurato la figura di Desio. 'Legge' così anche lei questa vicenda?
Può darsi che sia così, non lo so. So soltanto che io rimasi a casa. Dopo aver preparato tutto e avere dato loro tutte le nozioni necessarie per la spedizione. Il “grande capo” ha approfittato della mia esperienza, delle mie capacità nella fase di preparazione e poi ignominiosamente mi ha lasciato a casa.
Ne avevate discusso dopo l’esclusione oppure non ne avete più parlato?
Non l’ho più incontrato e preferisco non trovarlo davanti ai miei occhi. ndr: l’esclusione fu decisa in base a certificati medici attestanti un vizio cardiaco poi rivelatosi inesistente.
Lei fa parte dei Ragni di Lecco un gruppo di arrampicatori molto conosciuto. Quanto è importante l’amicizia in cordata e l’amicizia all’interno del gruppo?
L’amicizia vuol dire tutto. Credo che l’amicizia sia la fratellanza di due, di tre, di quattro, di cinque o di dieci individui.
Eravate tutti alpinisti fortissimi. Nonostante questo però il senso dell’amicizia rimaneva inalterato?
Sempre. C’è sempre stato un po’ di sano antagonismo tra di noi: ognuno cercava di fare più dell’altro, ognuno cercava di mettersi in evidenza più dell’altro... ma alla fine prevaleva sempre il migliore.
Lei ha sempre portato a termine tutti i suoi progetti. Se decideva di salire una montagna arrivava sempre in cima, cosa aveva Riccardo Cassin in più degli altri alpinisti?
Niente. Avevo la preparazione. Quando desideravo salire una montagna, mi preparavo per quell’avventura e non sono mai stato sconfitto. Ho sempre avuto le soddisfazioni che cercavo perché mi preparavo adeguatamente per il mio obiettivo. Non bisogna andare con la testa nel sacco, bisogna prepararsi per quello che si vuole fare.
Il 2001 coincide con il 40° della sua ascensione al McKinley in Alaska. Un’avventura incredibile che fu un grandissimo successo. Siete arrivati tutti in cima...
E' stata un’avventura meravigliosa, la ricordo con molto piacere e la rivivo in continuazione come fosse allora.
Cosa era successo?
Niente, è successo che siamo arrivati in cima, malgrado le difficoltà, malgrado l’asperità della montagna (il ghiaccio comincia al livello del mare)... abbiamo avuto fortuna, la montagna ci ha aiutato e siamo arrivati tutti in cima.
La leggenda narra che quando affrontò le Grandes Jorasses, andò dal guardiano del rifugio, mostrò una cartolina e si fece indicare lo Sperone. E' vero?
E' vero. Non ero mai stato al Monte Bianco, non sapevo dov’era. Ho mostrato al guardiano la cartolina e gli ho chiesto di indicarmi pressapoco dov’era la montagna...
E fu un altro successo.
Non sono mai stato sconfitto, la montagna mi ha sempre aiutato e mi ha sempre beneficiato di quello che volevo fare.
Lei a 78 anni ha ripetuto la sua via sulla nord del Pizzo Badile. Cosa ha significato per lei quel ritorno?
E’ stata un’avventura. L’ho ripetuta due volte in 15 giorni, perché una spedizione svizzera - ndr: di cineasti - mi ha detto: "Perché non ce l’hai detto? Ti avremmo seguito!” ho risposto loro: “Andiamo!”... 10 giorni dopo sono ritornato in parete e ho ripetuto la via un’altra volta.
Lei si è interessato a tutte le pareti nord più famose delle Alpi. Sulla parete Nord dell’Eiger partecipò al salvataggio di Claudio Corti durante la tragica spedizione del 1957 che costò la vita a Stefano Longhi. Come mai non ha mai salito la parete nord dell’Eiger?
Non mi ha mai voluto. Non ho mai trovato condizioni atmosferiche ideali. Io sono un arrampicatore della domenica, ho sempre lavorato durante la settimana e il sabato e la domenica erano gli unici giorni che dedicavo all’alpinismo – salvo evidentemente quando si partiva in spedizione. Purtroppo tutte le volte che sono partito per affrontare la parete Nord dell’Eiger, l’ho sempre trovata in pessime condizioni, non sono mai riuscito a salirla.
Le dispiace?
Beh, insomma, si vede che doveva andare così. Io sono un po’ fatalista... Mi sono sempre detto: “Se non mi vuole... pazienza!”
Dicevamo all’inizio di questa intervista del dolore che le ha provocato l’esclusione dalla spedizione del K2. C’è un’altra montagna che lei avrebbe voluto ma che non è riuscito a salire?
L’alpinista è un egoista, vorrebbe salire tutto. Tuttavia nella vita bisogna sapersi accontentare e non bisogna rimpiangere nulla. A 92 anni io mi accontento di quello che ho fatto nella mia vita.
Come valuta l’evoluzione conosciuta dall’alpinismo nel Novecento?
Come in tutte le cose del mondo c’è un progresso, e l’alpinismo ha avuto il suo. Ed è giusto che sia così.
Si è trattato di una evoluzione giusta, secondo lei?
Giusta o sbagliata è avvenuta così. Non si può andare contro alla natura… bisogna accettare quello che viene.
E qual è invece il messaggio di Riccardo Cassin ai giovani?
Di andare in montagna con prudenza e di rispettarla... assumendo questo atteggiamento la montagna ti ripetterà sempre.
Delle generazioni di alpinisti qual’è quello che l’ha maggiormente impressionata?
Tutti gli alpinisti mi piacciono e li ammiro per quello che hanno fatto.
Non c’è un nome in particolare?
Ognuno nella vita fa quello che si sente di fare. Io li rispetto e rispetto quello che hanno fatto.
Si parla molto negli ultimi anni di una grande commercializzazione, specialmente nell’Himalaya. Cosa ne pensa?.
Non faccio commenti. Ognuno nella vita fa quello che crede.
Loretan diceva che sarebbe bello poter ritornare a salire le pareti delle Alpi come si faceva all’inizio. Qual è secondo lei il futuro dell’alpinismo.
Sono domande balorde alle quali non riesco a dare una risposta...
Scheda a cura di Daniele Redaelli
Riccardo Cassin è nato a Savorgnano di San Vito al Tagliamento (PN) il 2/01/1909. Orfano di padre a 4 anni (Valentino Cassin, emigrato in Canada, morì nel 1913 in un incidente di lavoro in una cava del British Columbia). Nel 1926 si trasferisce a Lecco dove fa il fabbro per mantenere la madre Emilia e la sorella minore Gina.
Dopo una breve esperienza come pugile, conosce la montagna. Da allora non ha mai smesso di frequentarla, ancora oggi va a camminare sui sentieri della sua Grigna, le montagne sopra la sua casa a Lecco, o a caccia.
Nella sua carriera ha compiuto, senza calcolare gli allenamenti, circa 2500 ascensioni di cui 100 prime assolute. Ha scalato in Italia, Svizzera, Francia, Austria, Spagna, Jugoslavia, Scozia, Caucaso, Alaska, Peru, Pakistan, Nepal e Giappone.
A 78 anni ha ripetuto due volte in una settimana la sua ascensione al Pizzo Badile nel 50° anniversario. Nel 1997 si è recato in Patagonia per inaugurare un rifugio intitolato all'amico Carlo Mauri. Nel novembre 1998 è stato membro della giuria del festival internazionale del film di montagna a Banff (Canada), nel novembre del 2000 è stato fra i relatori, sempre a Banff, al summit mondiale dell'alpinismo cui hanno partecipato praticamente tutti i più forti alpinisti del mondo.
Sposato con Irma dal 1940, ha 3 figli (Valentino, Pierantonio e Guido), 7 nipoti e 3 bisnipoti. Ha scritto 10 libri di montagna. E' Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana, decorato con la Croce al Valore Militare per le azioni intraprese (fu anche ferito) durante la guerra partigiana (1943-45) nella quale guidò la Brigata Rocciatori. Insignito di 4 medaglie d'oro al valore atletico dal Comitato Olimpico Italiano.
Fa parte del Gruppo Ragni della Grignetta, è membro onorario del Club Alpino Accademico Internazionale, del Groupe Haute Montaigne e dei club alpini di Italia, Stati Uniti, Spagna, Svizzera e Francia. Reinhold Messner lo ha definito: "Una pietra miliare nella storia dell'alpinismo".
Note:
PRINCIPALI ASCENSIONI
1934 Parete Sud-Est Piccolissima di Lavaredo
1935 Spigolo Sud-Est Torre Trieste e Parete Nord della Cima Ovest di Lavaredo (quest'ultima aveva respinto 27 tentativi di tutti i più forti alpinisti europei dell'epoca)
1937 Parete Nord Est del Pizzo Badile (una delle più lunghe e difficili pareti delle Alpi Centrali)
1938 Sperone Walker sulla Parete Nord delle Grandes Jorasses (1a ascensione assoluta su una delle tre grandi Nord con Cervino e Eiger)
1939 Spigolo Est del Golem e Parete Nord dell'Aiguille de Leschaux
1947 Parete Nord-Ovest della Prima Sorella del Sorapis e Spigolo Sud-Est della Torre del Diavolo
1955 Parete Nord del Piz Roseg
1957 Parete Nord del Disgrazia
1958 Capospedizione al Gasherbrum IV, 7980m (Walter Bonatti e Carlo Mauri raggiungono per primi la vetta)
1959 Parete Nord del Ligoncio
1961 Parete Sud del Mount McKinley (m 6178, prima ascensione sulla parete ritenuta più difficile del Nord America)
1969 Parete Ovest dell'Jirishanca (m 6126, prima ascensione, a 60 anni)
1975 Capospedizione al Lhotse
PRINCIPALI ASCENSIONI
1934 Parete Sud-Est Piccolissima di Lavaredo
1935 Spigolo Sud-Est Torre Trieste e Parete Nord della Cima Ovest di Lavaredo (quest'ultima aveva respinto 27 tentativi di tutti i più forti alpinisti europei dell'epoca)
1937 Parete Nord Est del Pizzo Badile (una delle più lunghe e difficili pareti delle Alpi Centrali)
1938 Sperone Walker sulla Parete Nord delle Grandes Jorasses (1a ascensione assoluta su una delle tre grandi Nord con Cervino e Eiger)
1939 Spigolo Est del Golem e Parete Nord dell'Aiguille de Leschaux
1947 Parete Nord-Ovest della Prima Sorella del Sorapis e Spigolo Sud-Est della Torre del Diavolo
1955 Parete Nord del Piz Roseg
1957 Parete Nord del Disgrazia
1958 Capospedizione al Gasherbrum IV, 7980m (Walter Bonatti e Carlo Mauri raggiungono per primi la vetta)
1959 Parete Nord del Ligoncio
1961 Parete Sud del Mount McKinley (m 6178, prima ascensione sulla parete ritenuta più difficile del Nord America)
1969 Parete Ovest dell'Jirishanca (m 6126, prima ascensione, a 60 anni)
1975 Capospedizione al Lhotse
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