Andrea Lanfri e l'obiettivo Everest
Sette anni dopo essere stato costretto a rivedere completamente da zero la sua vita, in seguito ad una meningite con sepsi meningococcica che gli ha portato via entrambe le gambe e sette dita delle mani, Andrea Lanfri sta ora puntando all'obiettivo più alto in assoluto, gli 8849 metri dell'Everest.
Il 35 enne alpinista lucchese non ha mai nascosto il suo sogno di salire in cima alla montagna più alta del mondo e in questi anni ogni salita, ogni allenamento, ogni tappa del suo estenuante progetto From 0 to 0 come il Gran Sasso, l’Etna e il Monte Rosa, è stato indirizzato verso questo punto.
Le salite del Monte Bianco nel 2020 insieme al paraclimber Massimo Coda e, soprattutto, i 7246 metri del Putha Hiunchuli in Nepal nel 2019 sono servite come "collaudo" importante per capire come reagisce il corpo in quota e il funzionamento delle protesi.
Lanfri aveva condiviso l'esperienza himalayana insieme a Luca Montanari, e sarà la guida alpina ad accompagnare Lanfri anche in questo ambizioso progetto che prende il via il prossimo 23 marzo per Kathmandu. I due avranno quasi tre mesi a disposizione per l'ambizioso progetto. Viste le difficili premesse di sette anni fa, solo attraversare la valle del Khumbu e mettere gli occhi sull'Everest sarà una grande conquista.
Andrea, l'Everest, la montagna più alta di tutte... Ma tu hai sempre sognato così in grande?
No, non proprio sempre, diciamo dopo la malattia ho iniziato a pensare in grande! Da quell'importante giorno ho visto tutto come una sfida e ovviamente piano piano sono sempre diventate più ardue, ho iniziato a mettermi costantemente alla prova, e posso letteralmente dire di essere andato sempre più in alto.
Sei già stato in Himalaya, infatti nel 2019 sei salito a 7246 metri in cima al Hiunchiuli sulla catena del Daulaghiri, con Luca Montanari. Com’è stata quella esperienza e cosa ti aspetti adesso?
Quella del 2019 fu la mia prima esperienza in Himalaya, in quell'occasione avevamo scelto una zona non molto conosciuta del Nepal, e il mio obiettivo era quello di capire se riuscivo a gestire le protesi per un periodo così lungo, sempre in tenda e per lunghe percorrenze. È stato un po' un esame di laurea concluso molto positivamente sotto tutti gli aspetti, sia miei personali ma anche quelli tecnici perché in quell'occasione avevo sperimentato alcune soluzioni di protesi. Adesso, credo e spero di essere molto migliorato da allora, e mi aspetto senz'altro un'esperienza indimenticabile come fu allora.
Domanda banale: come ti sei preparato per questo obiettivo?
Basta dire: "from 0 to 0", il progetto/allenamento che ho intrapreso in questi anni proprio per allenarmi al meglio, sotto tutti i punti di vista, fisici ma anche mentali. Chi conosce il progetto sa di cosa parlo, bici, corsa e montagna, no stop. È stato un progetto indubbiamente che mi ha spinto a superare molti dei miei limiti, ma anche a gestire le protesi al meglio.
Se hai voglia, ci racconti un po' della tua attrezzatura? Come sono queste protesi?
La mia attrezzatura è quella normale che tutti gli alpinisti hanno. Ovviamente le protesi sono del tutto personali e con me sostanzialmente ne avrò 2 paia a seguito. Non voglio dire che sono protesi "speciali", ma meglio dire che in questi anni ho maturato dei piccoli accorgimenti a mio favore. In sostanza, un paio sarà per il trekking e un altro paio per la parte alpinistica. All'apparenza uguali ma con differenze molto importanti. Ovviamente avrò anche un paio di "piedi" di scorta... non si sa mai!
Altra domanda stupida, scusaci... con solo tre dita, riesci a tenere bene gli attrezzi? Le piccozze, le jumar?
Ormai ho due pollici "d'acciaio". Arrampicando solo con quelli e praticamente utilizzandoli per tutto, ovviamente con il tempo sono diventati molto forti. Sì, riesco a tenere bene la picca e le jumar, come ad esempio quando arrampico su ghiaccio. Nei casi di utilizzo prolungato e soprattutto su inclinazioni forti ricorro al trucchetto dei cordini girati al polo e sulla picca. Un po' la stessa soluzione che ho utilizzato per tenere i canaponi della cresta del Leone del Cervino! Insomma, con un po' di fantasia riesco ad utilizzare tutto al meglio.
Dici ironicamente che non puoi congelarti le dita, ma immaginiamo che avrai ben altri problemi a cui pensare.
Né dita né piedi! Penso sia l'unico grande vantaggio che ho! I problemi ovviamente sono altri, i classici problemi che le amputazioni portano. Infiammazioni, lesioni, lividi e stress dei monconi sono fattori da non sottovalutare e aguzzare così il mio sesto senso nel prevenirli. Ad oggi li conosco bene i segnali da non sottovalutare e cerco sempre di prevenire queste problematiche, ma alla fine dell'avventura qualche taglio o "bolla" ci sarà senza dubbio..
Allora come pensi di salire? Con che stile? Ossigeno supplementare? Portatori?
Proverò a salire il più possibile senza ossigeno, con me avrò uno sherpa che principalmente si occuperà di foto e video!
C'è qualcosa sulla via di salita che ti preoccupa? Qualche criticità?
Il meteo! Indubbiamente il meteo!
Cosa sarà importante?
Le protesi! L'ottima gestione sarà importantissima.
Ti auguriamo ovviamente che tu raggiunga la cima. Ma se per qualche motivo non dovessi arrivare su quel punto più alto della terra, cosa rappresenta in ogni caso questa spedizione per te?
Il primo tentativo. Perché in quel caso ci sarà il secondo. E come dico sempre ai miei amici: "È tutto allenamento!"
Cosa rappresenterebbe la cima raggiunta?
Il coronamento di un sogno e la dimostrazione tangibile e pratica di quello che ho sempre pensato. Dimostrare a me stesso e a tutti che alla fine si può sempre ripartire seguendo i propri sogni.
In bocca al lupo Andrea!
Link: andrealanfri.com, IG Andrea Lanfri, FB Andrea Lanfri, Ferrino, La Sportiva
Andrea Lanfri
Classe 1986, nel 2015 in seguito ad una meningite fulminante con sepsi meningococcica ha perso entrambe le gambe e sette dita delle mani. Ex membro della Nazionale Paralimpica Italiana di atletica, è vincitore di un argento mondiale a Londra nel 2017.