La Rocca di Baiedo in Valsassina, sulle orme di Don Agostino e del Gruppo Condor Lecco
"La Rocca di Baiedo è una collina boscosa proprio di fronte al Sasso, dove sulla cima pare ci siano le rovine di una antica fortezza abitata da un signorotto poco raccomandabile. Verso sud la parete è ripida, e tra le piante si insinuano interessanti strisce di roccia bianca. In centro un vago pilastro sparisce in un bosco pensile, per poi riapparire aprendosi in un ventaglio di pietra: l’obbiettivo della prima via sulla struttura." tratto da La storia dei Condor di Lecco di Pietro Corti
Mio figlio Dario mi chiede di accompagnarlo lungo una via di più lunghezze, la scelta è facile, quasi scontata, si va alla Rocca di Baiedo, arrampicata sicura, mai verticale (a volte sì!), protezioni ottime e quel sole che tanto piace ad entrambi. Alla cordata si aggiunge anche Federica, lei mi assicurerà ed io sarò più tranquillo!
Per rendere la salita omogenea nelle difficolta decido di iniziare su Folletto, cosicché godermi la meravigliosa placca della Solitudine già caldo e meno ansioso. Portare il proprio figlio mi crea molta più ansia di quando gironzolo da solo slegato, ma è più che normale… credo!
Siamo i primi questa mattina, la parete è illuminata da un sole ancora addormentato, pochi passi e raggiungiamo il comodissimo attacco, l’inizio della salita. Imbragarsi e prepararsi è divenuto meccanico, normale, caschetto, due mezze corde e dopo un sorriso parto. Appigli generosi e soste super sicure, Dario, che arrampica nel mezzo tra padre e madre non smette un minuto di parlare e commentare il "momento". Sotto di noi alla base sono arrivate altre cordate, ma chi prima arriva meglio alloggia e noi non abbiamo fretta. Quanta storia su queste rocce, quante giornate ad imparare, ad osare… Amici rimasti e Amici che non ci sono più.
Lunghezza dopo lunghezza mi ritrovo a "passeggiare" nel mezzo della placca più bella, capolavoro di logica e intuito, bravura e passione del Don e dei suoi Condor. Mi piace arrampicare alla Rocca, è come se ad ogni stagione che passa ed inizia, un qualcosa mi "obblighi" a fare un salto alla Rocca, sono contento di farlo con Dario e Federica, un po’ la mia cordata "perfetta".
Se non avete mai arrampicato sulla Solitudine, Tuono, Folletto e le altre vie della Rocca, mi permetto di consigliarvele, il piacere del gesto non si trova qua nell’alta difficoltà ma come appena scritto... nel piacere del gesto! E non è poco! Buone arrampicate.
Di Ivo Ferrari
Link: FB Ivo Ferrari
Trailer di "Condor, Don Agostino e i suoi ragazzi" di Elia Balloni, musiche di Flavio Mattioli e Giovanni Pennati. Clicca qui per vedere tutto il documentario
CONDOR…E' BELLO Aprile 78
"… La Rocca di Baiedo si alza dai prati come un corpulento castello del quattrocento. Non è mai stata scalata e si capisce perché… Roccia e giungla si sposano insieme e si distendono in alto in una enorme placca di 80 metri. La gamba non va bene ma non voglio deludere i ragazzi. Il camino iniziale è già stato da me attrezzato in precedenza, ma oggi è una buccia di banana.
I quattro in basso si raccontano facezie e io mi sto dannando… spero solo che guardino il "mezzo barcaiolo" assicurandomi a dovere. Traverso nella foresta e mi ricordo di aver promesso a Microbo questa salita… ma da qui ora non si scende più. Spero che Microbo mi capisca.
La placca, finalmente! Dopo pochi metri mi accorgo di essere solo… La solitudine del primo di cordata su un terreno vergine. Ebbrezza nel toccare questa bianca roccia incontaminata e rabbia perché nessuno ti "segue" in questo tuo gioco pericoloso. Dopo 35 metri annuncio il sesto grado e Paolo scatta come un cobra. Era ora.
Porco cane, piove! Sotto di me c’è aria di rinuncia, mi sposto più a sinistra e pianto un cuneo alto. Beh! In caso di volo faccio un pendolo di quindici metri anziché una verticale di venti.
Solitudine! A tu per tu con una roccia glabra e sorda. Per loro, sotto, è scontato che passi, ma tu, Don, sei proprio sicuro? Non è incantevole la poltrona e quel disco di Rubinstein? Che ci stai a fare qui?
E’ andata. Danilo e Michele si affilano le unghie, Paolo e Giovanni mi raggiungono! E adesso? Prendo una fessura, ma sul più bello mi muore davanti a quaranta metri di roccia inchiodabile. Passo a sinistra con un semituffo in rovi antichi come i patriarchi e dopo una larga fessura in Dulfer eccomi di nuovo sul "liscio": devo passare di lì. E’ un traverso delicatissimo di dieci metri, mentre sento i ragazzi che ridono e parlottano di tutt’altro… Ora mi son fatto l’abitudine ad essere solo. E’ tutto facile, dopo. L’ultimo tiro, una rampa d’erba, la faccio condurre ai miei due secondi. Io mi slego e arrivo in cima…
Nessuno! Mi vengono incontro dopo due minuti. Ci stringiamo la mano felici…"
Il Don
tratto da La storia dei Condor di Lecco di Pietro Corti