Federica Mingolla completa il magico tris d’eccellenza in Sardegna con 'Mezzogiorno di Fuoco' e 'Umbras'

In autunno in Sardegna Federica Mingolla accompagnata da Federico Orlandini ha ripetuto 'Mezzogiorno di Fuoco' alla Punta Giradili e 'Umbras' alla Punta Cusidore, completando quello che è stato descritto da Rolando Larcher, uno degli apritori, come un ‘magico tris d’eccellenza’. Nella prima delle due puntate dedicate a queste salite, il report di Mingolla.
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Federica Mingolla sale 'Mezzogiorno di Fuoco' alla Punta Giradili in Sardegna con Federico Orlandini, autunno 2023
archivio Federica Mingolla

Dopo la ripetizione di Hotel Supramonte a marzo, quest'autunno Federica Mingolla insieme a Federico Orlandini ha ripetuto Mezzogiorno di Fuoco alla Punta Giradili e Umbras alla Punta Cusidore. Queste tre difficili vie lunghe sono state descritte da Rolando Larcher, uno dei apritori insieme a Maurizio Oviglia e Roberto Vigiani, come “un magico tris d’eccellenza che si distingue, vie molto simili per la notevole estetica e l’impegno, ma diversissime nella particolarità della pietra.” In altre parole: vie di gran classe, salite dal basso seguendo un’etica di apertura severa. Ecco nella prima puntata le interessanti riflessioni della 29enne alpinista torinese, mentre domani pubblicheremo il bellissimo resoconto della salita di Umbras scritto da Orlandini.

MEZZOGIORNO DI FUOCO di Federica Mingolla
Moschetto l’ultimo spit prima dell’agognata catena e guardo verso l’alto in cerca della sua presenza, i miei occhi corrono da una parte all’altra di quel muro strapiombante e arancione/grigio nella speranza di vedere due spit vicini, la mia “sosta” per l’appunto. Dopo un lasso di tempo che mi sembra un’eternità la vedo nascosta timidamente dietro un bombè grigio che si trova a circa 5 metri sopra di me e 3 metri in traverso verso destra.

I pensieri nella mia testa iniziano a correre veloci, troppo veloci, una parte di me vorrebbe ammutinare e tornare giù in sosta, in un luogo sicuro, e porre fine a quello strazio psicologico. L’ altra invece grida “all’arrembaggio!” e punta senza troppi indugi a scalare quegli ultimi metri con il baratro sotto il più rapidamente possibile per poter gridare una volta in catena: “Siiii”

Sto scalando bene penso, sono pulita fino a qui, non posso farmi spaventare da un chiodo lontano. E mentre lo dico a me stessa e me lo ripeto come un mantra, continuo a fissare il vuoto che mi separa dal mio punto di sosta. Dai Fede! Ce la puoi fare! Sono soli pochi metri di arrampicata, non troppo difficile in fondo. E mentre lo sto pensando inizio a muovermi verso gli appigli successivi in cerca della giusta sequenza.

Lancio uno sguardo di disperazione a Federico che da sotto tace e probabilmente prega che questa situazione si risolva il più velocemente possibile. Ogni tanto gli esce di bocca un: “Alè Fede!” e in quel momento mi sento ancora più sola, perché è come se tutta la responsabilità di porre fine a quel momento che ormai mi pare eterno mi si riversasse addosso.

Mentre salgo e ridiscendo almeno 4 o 5 volte al punto in cui ho messo l’ultima protezione, sempre più convinta del fatto che ormai il mio cervello è in pappa, mi viene in mente una cosa: probabilmente riesco a trovare una clessidra in quel mare di buchi di calcare! Salgo quindi due metri e tasto uno ad uno i buchi generosi che si trovano poco prima della sequenza “delicata” che dovrebbe portarmi in sosta con altri 4 metri di arrampicata. Il mio occhio cade su un buchetto passante proprio dove ho la mano sinistra e nel giro di pochi secondi infilo il mio cordino all’interno di quel buchetto. Con la bocca mi aiuto a fare un nodo per poterci passare il rinvio e la corda. Click! Pace. Scalo. Urlo, Sosta!

Questo che ho appena descritto è un momento che ho vissuto su Punta Giradili, insieme a Federico Orlandini, mentre scalavamo Mezzogiorno di Fuoco, una delle vie più impegnative della parete, aperta dai mitici Rolando Larcher, Roberto Vigiani e Maurizio Oviglia nel 2006 e liberata dallo stesso Rolly nel 2007.

Questa via ha sempre fatto parte di un sogno che avevo fin da quando ho iniziato a praticare questo gioco delle vie lunghe, e fa parte della “triade” di capolavori che Rolando, Maurizio e Roberto (ad eccezione di Umbras) hanno aperto in Sardegna in quegli anni lì, inizio 2000.

Senza troppi pensieri e soprattutto senza prenderci troppo sul serio, siamo partiti per la Sardegna il 9 novembre con l’idea di farci una scorpacciata di queste vie. E senza farlo apposta, il 10 novembre alle 20:00 eravamo già in cima a punta Giradili, sotto un cielo stellato e stanchi morti dopo che ho ripetuto in libera e quasi completamente in stile “flash” Mezzogiorno di Fuoco (Fede, guerriero, è stato d’ispirazione per me e di grande aiuto in quanto su alcuni tiri mi ha preceduta montando i ganci e spiegandomi dopo come superare certe sezioni).

La nostra cordata si era formata quasi per caso a maggio, quando insieme siamo andati a fare Hotel Supramonte, la prima via della triade per l’appunto. Pensare che l’idea era nata dietro qualche cocktail di troppo il giorno di Capodanno a Cornudella de Montsant. E da una casualità sono nate tante belle idee, tante risate e molti spaventi!

Sì, perché il denominatore comune di queste tre vie è proprio il loro stile di apertura, ovvero rigorosamente dal basso e obbligatorio. Oltre al fatto che sono tutte su roccia bellissima e in luoghi mozzafiato. Gli apritori, per chi non li conoscesse, sono degli arrampicatori con un livello altissimo e una tecnica raffinatissima nell’apertura con il trapano dal basso. Vale a dire che tutte le loro vie hanno un obbligatorio che non scende mai sotto il 7b+.

Perché vi sto dicendo tutte queste cose? Non è per tessere una lode a loro e tantomeno a me e Federico che siamo andati a ripeterle, ma è per ricordare che esiste anche un’etica di apertura. E l’etica non è qualcosa che si decide la mattina quando ci si sveglia: oggi il chiodo lo metto in A0 e domani faccio un runout di 10 metri... No. L’etica è scritta nella roccia, quella roccia che fa parte di una montagna sulla quale ci sono già altre vie che portano un determinato stile di apertura. Quella montagna che ha una storia, scritta dal sudore di alpinisti che si sono fatti in quattro per far valere i propri ideali. Questo per dire che non è che non ci si può evolvere e bisogna lasciare tutto com’era all’epoca e quindi non permettere alle difficoltà di alzarsi. La triade di Rolly, Maurizio e Roberto ne è l’esempio: vie estremamente difficili che rispettano un’etica.

Mi ha fatto piacere andare lunga sui chiodi quel giorno alla Punta Giradili oppure qualche giorno dopo a Punta Cusidore? La verità è che sì, mi sono spaventata, ma proprio per questo sono immensamente felice di esserci riuscita. E il fatto di essermi spaventata è per me un punto sul quale lavorare, in particolare dopo il mio incidente. La paura di volare sui chiodi ce l’abbiamo tutti, non è un tabù! Ma questo non deve giustificare uno scorretto utilizzo del trapano, in particolare su quelle pareti che hanno già una storia lunga anni.

Ho letto proprio di recente un articolo sull’etica di chiodatura in Val Salarno nel quale c’è una poesia, e di questa poesia di Mario Roversi del 1996 mi hanno colpito queste parole in particolare:


Il filo teso degli ancoraggi eternamente distanti, la serena forzatura di limiti mai valicati, il calcolo freddo del giusto rischio hanno portato molto più in là di dove si possa immaginare
Per una strada ormai abbandonata.
E il tempo di respirare.
Di tutte le vie
Tutti i passaggi, tutte le crepe
Ci si ricorderà poi soltanto di quei lucidi attimi
Di respiro
Ne basterà per una vita.

Per concludere: queste parole non le ho scritte per aprire un dibattito, ma solo per esprimere i miei pensieri e i miei più sinceri complimenti a Larcher, Vigiani e Oviglia per le loro vie, per il loro stile, l’etica e la bellezza delle linee. È stato un onore poterle ripetere, salire in libera e infine urlare contro il cielo dopo ogni passaggio psicologico affrontato su ognuna di esse. Grazie davvero.

Federica Mingolla
P.S. le prossime potrebbero essere quelle del grande Pietro dal Prà ;) Chissà.

Mingolla ringrazia: La Sportiva, Petzl, Salewa, Alba Optics, Sherpa Mountain Shop

Link: www.federicaguidaalpina.com

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