Arrampicatori, regole e Coronavirus
Leggo di un’altra guida alpina che sarebbe stata sanzionata per non aver rispettato le norme contro il Coronavirus. In questo caso sarebbe stata trovata a chiodare una via in falesia. E, devo dire, che con rammarico ancora una volta non riesco proprio a capire. Così penso alla stragrande maggioranza che invece è restata a casa. A quelli che non scalano da più di un mese. Alle decine di milioni di italiani che rispettano le norme.
Ma penso anche, e soprattutto, alle più di 20.000 vittime del Covid-19, un tragico primato e un bilancio purtroppo destinato ad aggravarsi ancora. Penso ai medici, agli infermieri, agli operatori sanitari. Vedo le loro facce sfatte. Mi pare di sentire la loro disperazione. La loro paura, anche. “Non chiamateci eroi, aiutateci restando a casa” hanno ripetuto all’infinito. Mi immagino i tanti di loro che invece, per giorni e giorni, non hanno potuto tornare nella loro casa per timore di infettare i figli, i mariti, le mogli, i genitori. Penso ancora ai medici e agli infermieri che hanno perso la vita per curare i loro pazienti.
Penso anche ai moltissimi volontari, ai commessi dei supermercati, ai farmacisti, ai tanti che per forza hanno dovuto continuare a lavorare. Mi inchino al loro coraggio, al loro senso del dovere. Impreco perché per molto tempo hanno dovuto farlo in situazioni impossibili, e a volte anche con protezioni inadeguate. Anche per questo sono convinto che meritino tutto il nostro incondizionato appoggio. Oltre alla promessa che non dimenticheremo. E anche per questo, ancora, non mi capacito.
Riguardo un’altra volta le stramaledette statistiche: ieri ci sono state ancora 566 vittime, i ricoverati per Covid sono 28.023, di questi 3.260 in terapia intensiva. E’ vero, pare che lentamente, molto lentamente, le cose stiano migliorando. Ma ci dicono che occorre stare molto attenti perché una nuova “ondata” di contagi sarebbe assolutamente insostenibile. Dobbiamo stare a casa, ripetono. E, in effetti, non ci vuol molto a crederci: chi può immaginare come ne uscirebbero città già letteralmente martoriate come Bergamo e la sua Val Seriana, piuttosto che Brescia o la Lombardia tutta? Per non parlare dell’Emilia Romagna, del Piemonte e del Veneto e tutto il resto. Dunque, non sembra difficile agire di conseguenza visto che l’unica possibilità - per ora - è quella di stare a casa.
Ma non è così… c’è chi (non solo gli arrampicatori evidentemente) continua ad uscire di casa per qualsiasi cosa. In barba alle norme. E in barba a tutti quelli (evidentemente dei cretini secondo loro) che in casa invece ci stanno, e che ad arrampicare, in montagna, o al mare non ci vanno. Sì, davvero non ci arrivo, non riesco a farmene una ragione. Così penso ai tantissimi che hanno perso i loro cari. Penso che non hanno potuto nemmeno salutarli per l’ultima volta. Penso che difficilmente si possa immaginare qualcosa di peggio.
E, a fronte di tutto questo, leggo anche che c’è chi invoca la “libertà” di uscire di casa, di andare ad arrampicare o chissà dove. Chi si inventa deroghe personali o per qualsivoglia attività “all’aria aperta”. Non pensando, tra l’altro, che qualsiasi incidente dovesse succedergli sarebbe un aggravio per i già stremati soccorritori e ospedali. Ma anche che a forza di moltiplicare le eccezioni in giro si troverebbero delle folle (anche in montagna).
Sono persone, in definitiva, che sembrano non aver neanche minimamente compreso che ciò che stiamo vivendo è una cosa non solo tragicamente seria, ma epocale. Una cosa di cui non ci potremo più scordare. E allora non mi sforzo più di capire, né tantomeno di giustificare, chi non resta a casa quando dovrebbe. Dunque non avevo e non ho dubbi: qui ci si salva tutti insieme perché siamo tutti sulla stessa barca o, se volete, perché siamo tutti legati alla stessa corda. Dobbiamo ricostruire e pensare il futuro assieme. Per questo ognuno deve fare la sua parte, piccola o grande che sia. Solo così, quando sarà passata (perché prima o poi passerà!), ciascuno di noi potrà dire di aver fatto tutto ciò che poteva fare, con dignità!
Vinicio Stefanello